Violenza e sesso sui social, anche a Sona. Proviamo ad insegnare la diseguaglianza

Da qualche mese anche nel nostro territorio, anche a Sona, sentiamo sempre più parlare di pagine Facebook o Instagram che istigano alla violenza in rete, che condividono video e filmati in cui questa viene sponsorizzata, appoggiata e diffusa.

E’ quello che troviamo se apriamo i social e ci colleghiamo a pagine come “Worldstar Verona”. In un recente articolo uscito su L’Arena si fa riferimento proprio a questa cyberviolenza, ad atti di pestaggio o sessuali che vengono diffusi in rete e perpetrati anche in luoghi a noi cari e familiari, come Piazza Bra, la Stazione o l’interno di alcune scuole. Le pagine hanno raggiunto subito moltissimi followers ed i video migliaia di visualizzazioni, nonché svariati commenti e condivisioni soprattutto da parte dei più giovani.

Nonostante queste siano state chiuse il problema purtroppo non si risolve totalmente poiché basta crearne una nuova, con la stessa logica, per ritrovarsi al punto di partenza. Il problema alla base di tutto questo non è uno solo, ma possiamo pensare che, in fondo, sia una questione di mera educazione.

Sappiamo che il bullismo è sempre esistito tra i ragazzini, a scuola, nelle associazioni sportive e nelle strade di paese, ed è sempre stata una piaga spiacevole che nasce e perisce nel giro di quei critici anni di crescita.

Tuttavia, l’avvento dei social, di internet, dei cellulari e della libertà (troppa) che ci garantisce un profilo online hanno mutato profondamente la natura e la genesi stessa del fenomeno. Bullizzare online, diffondere video in cui si istiga alla violenza, commentare e condividere in così pochi attimi permette a chiunque di poter essere complice indiretto di questi atti, senza grandi responsabilità.

Non ci sono più i bulli che accerchiano il bambino fuori da scuola, lo minacciano e fanno gruppo per escluderlo o deriderlo; non c’è più il “coraggio” di farsi vedere fare il bullo. Il bullo è ora nascosto dietro a un nome fasullo su Instagram, dietro ad un numero di cellulare nascosto e dietro ad una falsa identità su Facebook. Chiunque può essere chiunque, e chiunque si può nascondere.

Non ci si assume più la responsabilità diretta di compiere un atto di violenza; o meglio, qualcuno ancora lo fa, ma tutti gli altri si limitano a condividere, diffondere, deridere dietro ad una tastiera o uno schermo.

Mettere un like non costa niente, non richiede tempo, non necessita di chissà quali sforzi. Guardare un video su YouTube è così facile che accedere ai contenuti più disparati è più veloce di quanto sembri. Basta poco per mandare il link dei video ad un amico, commentare, condividere, trasmettere.

E l’appoggio del pubblico dei social anche solo ad un commento cattivo e falsamente divertente alimenta la voglia di essere ancora più cattivi, di esagerare, di eliminare i freni e di dar sfogo alle peggiori azioni pur di sentire quella sensazione di essere appoggiati, acclamati da chi è là fuori, ma non si sa nemmeno chi sia.

Certo, chiudere queste pagine è la prima cosa sensata da fare per evitare che possano continuare a diffondersi contenuti del genere, e mettere in guardia i genitori sull’uso che i loro figli fanno dei social è un accorgimento altrettanto sensato e legittimo. Tuttavia queste modalità sono utili, purtroppo, solo nel breve termine.

Quello su cui ormai non si può lavorare più è questo punto di non ritorno a cui siamo arrivati, ovvero che chiunque può farsi un profilo Facebook o Instagram, un account su YouTube, avere uno smartphone alle elementari e poterci fare quello che si vuole. Tutti possono fare tutto, ma la troppa libertà non è mai facilmente gestibile.

Ciò che è mancato in questo exploit di fenomeni è l’educazione e la sensibilità per tutto ciò che è la rete. Non è una colpa dei genitori, degli insegnanti, delle istituzioni; è semplicemente accaduto tutto troppo velocemente e nessuno pensava che si sarebbe arrivati a questo punto.

L’idea bellissima e rivoluzionaria che ha permesso di creare i social ha tutti questi lati negativi, che sono ancora più negativi se messi in mano a ragazzini che, alla loro età, non hanno né il controllo né l’idea delle conseguenze che possono avere le loro azioni rispetto a noi “grandi”.

Quello che bisogna fare, ma davvero con grande impegno e forza di volontà, da parte di chiunque abbia a che fare con un ragazzino in questo periodo storico, è premere ancora di più verso il rispetto, la tolleranza e la disuguaglianza. Disuguaglianza come allontanamento da chi diffonde questi contenuti, disuguaglianza come autonomia e indipendenza da questa negatività. Bisogna insegnare ai ragazzi a saper usare bene la miriade di strumenti che hanno davanti, non vietando senza spiegazioni, ma parlando con loro, ragionando con loro e dandogli la possibilità di capire da soli che in queste modalità è solo peggio.

Non potremo mai evitare che insorgano fenomeni di bullismo o violenza, perchè ci sono sempre stati e sempre ci saranno, ma possiamo cambiare come chi li vede partecipa e vi reagisce.

Dobbiamo insegnare ai più giovani a non avere paura, a parlare ai più grandi quando c’è qualcosa che non va; dobbiamo capire quando un ragazzino prova del disagio e preoccuparci il giusto per lui, senza esagerare e senza sminuire. Bisogna educare, ormai, in un modo diverso, ricordando che tutte queste possibilità che abbiamo, sì, sono bellissime, ma vanno usate con cautela.

Se educhiamo, aiutiamo a capire e a cambiare.

Nata nel 94 sotto il segno del Toro con ascendente Leone, ho lo stesso cognome del Comune dove risiedo. Sembra una barzelletta. Penso che si possa scrivere e parlare di tutto, basta non prendersi troppo sul serio.