La Recensione
Rispondere a quanti si chiedono come sia potuto succedere è lungo e complesso. Tuttavia non è necessario oggi giudicare, ribadire le colpe di quanti hanno voluto e di quanti hanno accettato le leggi razziali, le deportazioni e lo sterminio di milioni di ebrei; semmai è più urgente raccontare i fatti e ricordare per conoscere, capire e quindi evitare che l’intolleranza e l’odio si impadroniscano nuovamente dell’Europa. I sopravvissuti all’Olocausto lo hanno testimoniato coi loro agghiaccianti racconti e continuano a farlo per evitare che la mancanza di memoria storica diventi terreno fertile per una nuova e pericolosissima ignoranza, ma anche indifferenza, da cui possono nascere solo intolleranza ed orrore.
Ecco perché bisogna rallegrarsi della notizia di pochi giorni fa, che annuncia la nomina a senatrice a vita di Liliana Segre. Ebrea deportata all’età di tredici anni e sopravvissuta ai campi di sterminio, non si è mai stancata di raccontare la sua storia. Liliana Segre ricopre anche il ruolo di presidente della Fondazione “Figli della Shoah”, che ha creato una rete e dà voce ai sopravvissuti ai campi di sterminio, ma anche ai loro familiari. Se esiste in Italia una Giornata della Memoria, che per una legge del 2001 è stata fissata il 27 gennaio, è anche grazie alle battaglie di questa associazione.
La Segre ha lasciato Milano nel 1944, diretta verso il lager, dove è riuscita a resistere per un anno intero. Anni prima, quando era praticamente una bambina, aveva subito le conseguenze delle leggi razziali, tra cui l’espulsione dalla scuola. Dopo la liberazione, è riuscita a crearsi una vita normale, cosa che non è toccata a tutti i sopravvissuti, basti pensare a Primo Levi, autore di “Se questo è un uomo”, “La tregua”, “I sommersi ed i salvati”. Solo dopo quarant’anni Liliana Segre ha trovato la forza di parlare degli orrori vissuti tra l’infanzia e l’adolescenza, dei lutti, delle ferite profonde. Niente è più efficace dell’esperienza diretta, del dialogo con “chi c’era”. Lei lo ha fatto fin dagli anni Novanta, entrando nelle aule scolastiche, parlando ai giovani, e non ha intenzione di smettere neanche ora, perchè « sono una donna di pace, una donna libera: la prima libertà è quella dall’odio».
Per chi volesse approfondire la figura e l’esperienza di deportata di Liliana Segre, un testo molto valido è “Come una rana d’inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz: Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi”. L’aspetto più interessante e originale di questo libro è il racconto della Shoah dal punto di vista femminile. Si tratta di tre dialoghi, che vedono al centro Goti Bauer, Giuliana Tedeschi e Liliana Segre, tutte italiane che hanno condiviso nello stesso anno e nello stesso campo femminile un identico e tragico destino.
“Considerate se questa è una donna,/ senza capelli e senza nome/ senza più forza di ricordare/ vuoti gli occhi e freddo il grembo/ come una rana d’ inverno,” ( Primo Levi )
La scheda
“Come una rana d’inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz: Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi” di Daniela Padoan, Bompiani, 2004, pp.224.