Un caffè con Alessio Albertini, Segretario Provinciale del PD. “E sulle elezioni a Verona…”

Un’altra opportunità per il Baco di parlare di politica non solo di Sona: dopo l’intervista che ci ha rilasciato il Segretario della Lega Nord Paolo Paternoster, incontriamo Alessio Albertini, avvocato, Sindaco di Belfiore dall’inizio di giugno dello scorso anno, nonché Segretario provinciale del Partito Democratico.

Che idea si è fatto di Donald Trump?

La democrazia ha le sue regole: se la legge elettorale è rispettata e le elezioni non sono inquinate, ovvero senza brogli, chi vince ha il diritto di governare. Punto. Trump è stato democraticamente eletto dal popolo americano, quindi ha il diritto di governare.

Giudica Trump pericoloso?

Trump è pericoloso quanto proporzionalmente è libero. Cioè, quali sono i vincoli che ha in mano un Presidente come lui? Beh, una risposta può essere il debito pubblico americano in mano ai cinesi, che insieme al Giappone ne detengono il 37%. Non so se Trump sia effettivamente libero, staremo a vedere.

C’è qualcosa che la spaventa?

A me spaventa l’ondata cosiddetta “populista” e mi sto effettivamente interrogando su come disinnescarla. Su questa linea populista pongo Trump, Brexit e la vittoria del NO al referendum; e vedremo quest’anno i risultati delle elezioni in Germania, Francia e Olanda. Questo malessere della democrazia nasce da un duplice problema a priori: come la gente organizza la propria coesistenza e che cosa si aspetta dal soggetto pubblico.

Ci spieghi.

Un po’ per l’evoluzione tecnologica, un po’ per un benessere economico diffuso, un po’ per l’accessibilità a fonti informative in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, la discussione in sé viene portata dalla base, il popolo, ad un livello di organi intermedi, ovvero i partiti, i sindacati ecc. Oggi questo meccanismo di rappresentazione dei problemi è inceppato. Il secondo aspetto del problema è costituito un po’ dal consumismo, un po’ dall’individualismo e un po’ dalla spinta edonistica della società: l’individuo non pensa più in senso collettivo, ma individualistico.

Nella sua esperienza di primo cittadino trova il riscontro empirico di ciò?

Sì, ho già riscontrato questo problema. Ho la sensazione che il cittadino si ponga di fronte al Comune come se fosse un consumatore di fronte ad un erogatore di servizi, e non più come compartecipe di quella che è la decisione dell’ente pubblico. A questo punto mi piacerebbe citare Kennedy: “Prima di chiederti cosa può fare lo Stato per te, chiediti cosa puoi fare tu per lo Stato.”

In un’intervista al nostro sindaco Mazzi che abbiamo pubblicato a fine 2016, sono emersi il problema di quello del “conosco i miei diritti ma ho dimenticato i doveri” e il crescente disfattismo attraverso Facebook e i social in generale. Lei che idea si è fatto di questi strumenti?

Io penso che i meri strumenti non siano mai sbagliati, in generale. La vera domanda per la politica, ma anche per tutte le altre strutture sociali in cui la gente si trova e vive, tra le quali, ad esempio, la scuola, la famiglia e le confessioni religiose, è capire come fornire ai cittadini, in particolare ai più giovani, strumenti di discernimento critico. Questa è la sfida. Mi è capitato di assistere a diversi incontri su tematiche generali in cui la cittadinanza ha partecipato attivamente. Ecco, noto che il bisogno di avere delle direttrici generali non è scomparso: nel mare magnum della confusione, della post-verità, dell’immondizia sui social, la gente ha bisogno di punti di riferimento sicuri. Se uno non ha le chiavi di lettura, non ha studiato, non sa come cercare l’informazione, non sa – esempio concreto – come leggere un bilancio di un Comune, non può non avere delle direttrici.

E poi ci sono i 5 Stelle che vogliono tutto online.

Avere tutto on line è un’illusione.

Oggi le bufale sul web sono una moda – sempre di più, a quanto pare –, come bisogna affrontarle? È il prezzo della libertà per avere un web in cui si può leggere ciò che si vuole o occorre qualcuno che controlli l’informazione?

Alla base di tutto, a mio parere, c’è il grande equivoco di considerare Facebook come mero mezzo e non come aggregatore e diffusore di notizie. I quotidiani e le riviste devono essere iscritti al tribunale di una provincia, devono avere un direttore e, sotto una testata, si prendono la responsabilità verso chi legge; ecco, queste sono forme di controllo, non di censura. Le regole che ho poco fa citato non esistono nel caso di Facebook, o su internet in generale. Il controllo sulla rete è necessario: in generale, su internet c’è chi, sotto una falsa identità, spaccia per vere notizie false. E questo è inammissibile!

Voltiamo pagina e parliamo di Sona. Che idea ha della nostra Amministrazione?

In qualità di segretario provinciale del PD non ho avuto particolari confronti politici col Sindaco e l’Amministrazione. Penso che Sona, essendo un Comune piuttosto grosso, potrebbe aspirare ad un ruolo più significativo nel territorio veronese.

E sulle elezioni amministrative a Verona di domenica prossima?

Occorre dire le cose come stanno. Il centro-destra è diviso in due grossi tronconi: i tosiani e la Lega; quest’ultima è oggi ancora nel blocco del centro destra, domani non lo sappiamo. Sapendo che Verona non è una città di centro-sinistra e che il centro-destra unito è più forte, bisogna evitare l’errore di “prendere le scorciatoie”.

Cosa che avete riscontrato nell’amministrazione Tosi?

Esatto. Le mancate scelte e i diversi errori del sindaco ci hanno portato ad elaborare un giudizio sempre negativo su questa amministrazione.

Ok, ma Tosi è stato molto vicino a Renzi.

Le convergenze sul piano nazionale superano la nostra dimensione e non modificano il giudizio amministrativo che noi abbiamo. Detto ciò, sappiamo che dal punto di vista politico i nostri veri “avversari” sono la Lega e i 5 Stelle, perché propugnano un modello di società di condivisione e convivenza, di sviluppo e di rapporto tra il cittadino e le istituzioni che è il contrario di ciò che vogliamo fare noi.

Quindi cosa deve fare il PD per trasformare la città secondo i vostri propositi?

Il PD deve ovviamente arrivare alla maggioranza, ma senza scorciatoie. Abbiamo creato una grande coalizione in cui vi appartengono tutta quella sinistra che abbia l’ambizione di governare, il PD e più liste civiche di centro (del mondo cattolico, civico e associativo). Il nostro obiettivo è andare al ballottaggio, e ciò prova che ogni accordo con Tosi è impossibile. Una volta raggiunto il ballottaggio, e me lo auguro, la nostra candidata Orietta Salemi dovrà parlare a Verona, e ci sarà un confronto nel merito.

Anche se le primarie hanno favorito Renzi, nemmeno dentro il PD nazionale sembra scorrere buon sangue ovunque.

Credo occorra andare avanti. L’idea di Italia lanciata da Renzi a me piace: la nostra dev’essere un’Italia che sappia sognare, che abbia l’ambizione di essere un Paese all’avanguardia e che sappia dare risposte a chi sta peggio.

Se togliamo la “Renzi” la risposta è quasi salviniana: da sempre la Lega Nord di Salvini è vicina a quel ceto medio che sta scomparendo e, riprendendo la sua risposta, cerca di “dare risposte a chi sta peggio”.

Io non credo che la Lega stia dalla parte dei più poveri. La Lega vezzeggia i più poveri, li lambisce, dà loro una pacca sulle spalle, ma non ha nessun interesse ad optare soluzioni percorribili per migliorare le condizioni dei più poveri.

In realtà ci sarebbe la flat tax al 15%.

Ho detto “percorribili”, infatti.

Per Armando Siri, segretario economico della Lega Nord, è fattibilissima, invece.

Io la trovo ingiusta a priori. Come si può aiutare i più deboli eliminando il principio di progressività delle imposte, un baluardo dello Stato sociale e della conquista del principio di uguaglianza sostanziale tra i cittadini?

Libertà e uguaglianza, però, non sono princìpi che vanno a braccetto: l’una può escludere l’altra (economicamente parlando).

È troppo comodo chiedere la libertà e poi rivolgersi al Comune e chiedere un’erogazione di servizi perfetta.

Magari non quella di Siri, ma alcuni modelli economici propongono una flat tax sostenibile. Ultima domanda: come vede i giovani in politica?

I giovani sono fondamentali in politica, ma ce ne sono pochi. Mi permetto di aggiungere che non sono fondamentali solo in politica, ma anche nelle associazioni, nel volontariato, ecc. La nostra società potrà salvarsi solo se i giovani torneranno ad appropriarsi degli spazi pubblici e del destino collettivo della loro comunità e della loro società. Ripeto: i giovani sono fondamentali. La politica, diversamente dalle altre associazioni, è un’attività che ha delle regole molto rigide e talvolta feroci. I giovani che si avvicinano in politica sono una manna dal cielo ma, a mio avviso, debbono avere tutti l’umiltà e la pazienza di sottoporsi alle regole della politica, come se fosse una sfida quotidiana delle proprie idee insieme a quelle degli altri.

Nato nel 1994 e residente a Lugagnano, scrive per il Baco dal 2013. Con l'impronta del liceo classico e due lauree in economia, ora lavora con numeri e bilanci presso una società di revisione. Nel (poco) tempo libero segue con passione la politica e la finanza e non manca al suo inderogabile appuntamento con i nuovi film al cinema (almeno) due volte a settimana. E' giornalista pubblicista iscritto all'ordine dei giornalisti del Veneto.