Toto Cutugno: Un italiano da cento milioni di dischi

Diciamo la verità, ora che ci ha lasciati tutti tessono lodi e parlano (giustamente) di perdita di un grande artista. Ma non è sempre stato così. Perché Toto Cutugno ha rappresentato l’icona della musica nazional-popolare pesantemente denigrata dalla critica e mal sopportata dagli adolescenti del tempo che, affascinati dai suoni provenienti fuori dai confini nazionali, mal sopportavano i testi politically correct di pezzi come Le mamme , Serenata, Figli, Gli amori.

Lui rappresentava quelli che andavano al Festival quando era il “Sanremo dei vecchi”, delle schedine del Totip. Era peraltro ricordato come una sorta di emblema dello sfigato che non vinceva mai, essendo arrivato ben sei volte secondo. Tutti ricordano questo: pochi che, nel 1980, l’anno in cui il Festival fu presentato da Roberto Benigni e Olimpia Carlisi, vinse con Solo noi.

Ma la verità è che Toto Cutugno è stato un protagonista assoluto della musica italiana. E’ chiaro che L’Italiano meriterebbe una esegesi a parte. Ma ricordiamoci anche solo la partenza professionale di Toto.

Anno 1976, voce degli Albatros, che al Festival portarono Volo AZ504. Un pezzo decisamente innovativo, sia come testo che musicalmente. Ma questo inizio è stato dimenticato presto.

Toto ha venduto oltre cento, sottolineo cento, milioni di dischi. Solo Mina, Celentano e Patty Pravo hanno fatto meglio. Al netto delle vendite italiane, nessuno all’estero come lui. Toto ha scritto per e con un mito quale Ray Charles, ha vinto l’Eurovision Song Contest nel 1992. Manifestazione che sembrava stregata dopo la vittoria di Gigliola Cinquetti del 1964.

Alla faccia di rappresentare “il vecchio tradizionale”, pochi sottolinearono che nel 1980 vinse come autore il Festivalbar scrivendo per Miguel Bosè Olympic Games (adoratissima dai giovani). E poi Io amo per Leali, addirittura un pezzo in francese per Iggy Pop, Il tempo se ne va per Celentano, e poi pezzi per Johnny Halliday, Dalida, Mirelle Mathieu, Luis Miguel (Noi ragazzi di oggi), Ricchi e Poveri, Peppino di Capri… ma sono certo di averne dimenticati molti altri.

Il punto focale è che la storia di musicista di Toto Cutugno dimostra inequivocabilmente la dimensione internazionale della sua scrittura musicale. Al contrario della percezione italiana: in Patria lui era quello del vestito gessato, dei testi pacchiani. Diciamolo chiaramente: a quei tempi i giornalisti italiani osannavano il cantautorato e la musica di nicchia.

Ponendo di conseguenza uno come Cutugno nel girone dei “demoni da evitare”. Peraltro Toto non è mai stato uno da sorrisi o piaggerie. Anzi, era considerato antipatico perché spesso creava contenzioso negli spazi di incontro-scontro con la stampa sanremese, essendo incapace di non dire quello che pensava.

Da ricordare anche la sua carriera televisiva, come conduttore ma anche come autore delle sigle dei programmi di Mike Bongiorno.

Il poco rispetto della stampa trovava invece opposto atteggiamento nei colleghi e negli addetti ai lavori, che ne hanno sempre apprezzato le doti artistiche ed umane perché in un mondo di invidie e lustrini, lui era una persona umile, timida e molto attenta agli altri.

Ricordo che anche Umberto Tozzi mi parlò di questo aspetto, oltre ai consigli che Toto gli diede prima di affrontare un tour in Unione Sovietica, di cui Cutugno era profondo conoscitore essendo un idolo assoluto in terra russa.

Insomma approfittiamo di questo momento per onorare un musicista autentico, vero.  Meritevole di essere ricordato per aver condiviso la sua arte con tutte le persone che hanno trovato nel canto e nella carezza delle note di un pianoforte, nel tocco pizzicato di una corda di chitarra, nel suadente suono di uno strumento a fiato un motivo in più per apprezzare questo gigantesco treno che si chiama vita, in cui tutti siamo a bordo guardando da un finestrino per stupirci del panorama offertoci ogni giorno. Buon viaggio a tutti!

Massimo Bolzonella nasce a Verona il 13 maggio 1965 intorno alle ore 22. Giornalista pubblicista dal 1991, ha prestato la sua voce alla radiofonia veronese per quasi 40 anni. Scrive e vive di musica Italiana, ha curato la comunicazione web di Umberto Tozzi per 12 anni. Sposato, ha due figli, due gatti e un cane. La frase della sua vita è "Sai dove vado adesso? A farmi il mondo", pronunciata da John Travolta nel film "Stayin'alive" dopo il trionfo da primo ballerino a Broadway.