Trama e Recensione
Pennsylvania, anni ’50. Frank Sheeran, veterano della seconda guerra mondiale, è un camionista e trasporta imballaggi di carne. Dopo aver avuto occasione di conoscere Russell Bufalino, boss mafioso di origine siciliane, Frank diventa un sicario della rete criminale italoamericana.
L’affidabilità e il rispetto sono i due pilastri che permettono a Frank e Russell di instaurare sia un forte rapporto professionale (negli affari della malavita) sia una solida amicizia, che non si sovrappone al lavoro, ma ne diventa componente tangibile e determinante.
La fiducia che Russell nutre per Frank è così grande che lo presenta al celebre leader sindacalista Jimmy Hoffa, colluso con la mafia e invischiato in trame politiche. Frank diventa braccio destro e amico di Jimmy; e quest’ultimo instaura un ottimo rapporto con la famiglia Sheeran, in particolare con la figlia di Frank, Peggy. Tuttavia, l’intreccio di relazioni, affari e politica non rendono scontato il susseguirsi degli eventi.

Il regista Martin Scorsese pone lo spettatore di fronte a un’opera sontuosa e titanica: in tre ore e ventinove minuti di durata viene raccontato tantissimo sia nella forma sia nella sostanza. La narrazione si sviluppa nell’arco di circa quarant’anni di storia americana, in un continuo gioco di flashback e voce narrante fuori campo, che descrive e talvolta anticipa gli eventi.
The Irishman chiude la tetralogia di Scorsese sulla vita criminale, iniziata con Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno, e continuata con gli indimenticabili Quei bravi ragazzi e Casinò. Tutte perle di enorme spessore artistico all’interno della filmografia di Scorsese e della letteratura cinematografica. Pellicole che insieme alla trilogia Il Padrino, Scarface e C’era una volta in America, per fare qualche esempio, si integrano e si richiamano vicendevolmente, vuoi per i volti degli attori, vuoi per il genere, vuoi per gli argomenti o le caratteristiche dei personaggi.
In The Irishman la tematica prevalente è quella del potere, declinato sia in senso attivo (il potere di scegliere quale piega far prendere agli eventi e di fare in modo che le proprie decisioni possano influenzare le condizioni altrui) sia in senso passivo (eseguire gli ordini è potere imbevuto di senso di sopravvivenza e accettazione di una volontà altrui per un fine superiore). Ogni personaggio anela al potere in forme e modi diversi, nonostante il logoramento e la solitudine che questo lentamente provoca.
I personaggi maschili mettono in pratica solamente l’etica propria della malavita: il rispetto e la fiducia sono caratteristiche imprescindibili per chi si vuole muovere nel tessuto degli affari, a cui segue una puntuale e brutale sopraffazione qualora vengono disattese le regole o la buona condotta. L’unica àncora di moralità è rappresentata dai personaggi femminili, in particolare dallo sguardo della piccola Peggy Sheeran, apparentemente apatico, ma profondamente avverso al lavoro del padre.
Il montaggio e la bellissima colonna sonora hanno un ruolo interessantissimo nel film: nonostante il ritmo narrativo sia dilatato, gli stacchi tra la successione delle scene sono stretti, e la musica funge sia da collegamento tra le varie scene sia come valvola di espressione (al contrario), lasciando spazio al silenzio o al sonoro nei momenti di pàthos e riattivandosi quando la situazione si ristabilizza. Le inquadrature scelte da Scorsese possiedono un ruolo fondamentale all’interno di dialoghi e vicende e rappresentano il sofisticato perimetro d’azione dei vari personaggi.
Scorsese rinuncia al protagonismo di guizzi artistici – anche se comunque non mancano (bellissimo il labirintico piano sequenza iniziale) – al fine di soffermarsi maggiormente sugli attori protagonisti: Robert De Niro, Joe Pesci e Al Pacino sono tre icone sacre del cinema, qui in splendida forma attoriale. Ammiriamo De Niro, intramontabile, sfoggiare il suo indimenticabile sorriso sospeso, da cui possono seguire battute bonarie o affermazioni taglienti come cesoie; ammiriamo Pesci, immenso, per il suo sguardo perennemente brillante in un viso solcato da rughe e l’accento siciliano applicato alla recitazione; ammiriamo Al Pacino strabuzzare gli occhi, gesticolare e muoversi con una tempra sempre vivida ed elegante.
Nelle sequenze di flashback non sono state utilizzate controfigure per gli attori, ma è stata applicata una tecnologia digitale in grado di ringiovanire i volti dei protagonisti. Nonostante andatura e movenze appartengano a uomini di altra età, il risultato visivo è strabiliante.
The Irishman, visibile sulla piattaforma di streaming Netflix, è un film che richiede predisposizione e concentrazione da parte dello spettatore: le tre ore e mezza di durata sono necessarie non solo per fini narrativi, ma anche per assaporare un’altra grande e straordinaria lezione di cinema.
La Scheda
“The Irishman”, regia di Martin Scorsese, 2019
La Valutazione
5 stelle di 5
Il trailer