La notizia ha dell’incredibile: mercoledì scorso, quello del terremoto alle 9 del mattino, quando tutti fummo sopraffatti da ansie e paure, alle 13 la mensa sarebbe stata correttamente erogata e quindi, nonostante il terremoto, i buoni dei bambini sarebbero da considerarsi spesi.
Se è così, il terreno su cui ci si muove è macabro-ironico, dolce-amaro. Non sono i quattro euro che manderanno in malora le famiglie ma da un lato le modalità di comunicazione ufficiali e dall’altro l’evento in sé. Sulle modalità di comunicazione si è riscontrato che ci doveva essere un metodo diverso, come ho riferito agli assessori Vantini (protezione civile) e Pinotti (Scuole): il sito del comune ad esempio non riportava in tempo le notizie che tutti avremmo voluto leggere (andare e prendere i bambini alle scuola, che le scuole erano aperte giovedì, di non allarmarsi…).
Ma questo punto di criticità non è stato accolto. Ora però, alle mancate notizie ufficiali sul terremoto e su come le scuole o il comune avrebbero agito, si aggiunge pure che il buono mensa è stato speso quel giorno del terremoto perché i cibi erano stati ordinati.
Peccato che dalle 9 del mattino le scuole fossero in fibrillazione, i genitori chiamassero per sapere cosa fare (prendere o non prendere i bambini), gli assessori fossero usciti per verificare gli edifici, la gente pensasse che le scuole fossero chiuse anche il giorno dopo (come faceva San Massimo – Verona, a 5 km da noi).
L’ironia macabra è che nemmeno durante il terremoto si sospendono i servizi mensa, l’ironia macabra è che nessuno dice nulla se non le voci dei bambini che hanno sentito che il buono non vale più. C’è un sito del Comune a disposizione: si dica qualcosa di ufficiale. Non sono i quattro euro buttati che infastidiscono, sono gli atteggiamenti di chi crede che tutto funzioni come nel borgo medievale dove le notizie circolavano con il passaparola degli araldi. Terremoti permettendo.