La tormentata e annosa vicenda della Sun Oil si complica in questi giorni con una novità di grande rilievo e del tutto inaspettata.
Dell’impianto Sun Oil posizionato a Lugagnano dietro la Grande Mela si era tornati a parlare lo scorso novembre a causa di un furto di rame, che aveva rischiato di determinare una vera catastrofe ambientale a Lugagnano.
Nella notte tra il 7 e l’8 novembre 2018, infatti, dei ladri erano entrati dal cancello di via Molinara e avevano asportato circa venti quintali di rame facenti parte dei collegamenti elettrici dell’impianto. La vera paura era nata dalla constatazione del fatto che a causa di quel furto l’impianto era rimasto senza energia elettrica. Questo significava che, se si fossero verificate delle perdite delle cisterne, non sarebbe stato possibile attivare il sistema di emergenza. In tal caso, come si diceva, si sarebbe rischiato il disastro ambientale, con rifiuti che sarebbero potuti penetrare nella falda acquifera che serve il nostro territorio e una fetta della zona a sud della provincia di Verona.
Successivamente, ad inizio anno, a prendere posizione sul tema era stata nuovamente la Prefettura di Verona. “Questa prefettura – scriveva infatti il Prefetto Mulas al Ministero dell’Ambiente – considerati in astratto i pericoli derivanti da possibili cedimenti di qualche contenitore e della conseguente dispersione in ambiente di rilevanti quantità di sostanze inquinanti, con nota del 4/12/18 ha ritenuto di interpellare il locale Dipartimento Provinciale ARPAV al fine di valutare l’opportunità di esperire verifiche in loco e di ponderare l’effettiva entità dei rischi derivanti da questa situazione”.
Il Prefetto si era concentrato sui riscontri ricevuti da ARPAV a seguito della sua richiesta. In quella relazione, scriveva Mulas, ARPAV “ha evidenziato che tutte le strutture edili, le linee di adduzione e i relativi organi di intercettazione e tenuta, le strutture e le parti metalliche presenti nell’area mostrano un avanzato stato di decadimento; in taluni punti, sulle cisterne, sono visibili trafilamenti dei liquidi contenuti che si disperdono sia all’interno delle vasche di contenimento realizzate sia in aree limitrofe alle strutture”.
“Sempre secondo tale documento – proseguiva il Prefetto di Verona, riferendosi a quanto segnalato da ARPAV – in alcuni pozzetti di carico di serbatoi interrati sono visibili iridescenze, indicative della presenza di sostanze oleose al loro interno; detti pozzetti risultano essere in un precario stato di conservazione che non ne garantisce la tenuta delle infiltrazioni in caso di precipitazioni meteoriche”.
Una situazione, quindi, gravissima e che chiede sempre più risposte immediate.
A fronte di tutto questo, arriva in questi giorni la notizia, certo non indifferente, che il Tribunale di Verona ha disposto con un’ordinanza del 27 dicembre scorso il dissequestro dell’impianto. Va infatti ricordato che in quelle cisterne sono presenti più di trentamila metri cubi di rifiuti, anche pericolosi, come oli esausti, acidi e policlorobifenili e che il custode giudiziario dell’impianto dal 2006, data del sequestro, era, fino a quanto deciso dal Tribunale di Verona lo scorso dicembre, il Sindaco di Sona. In questi anni Gianluigi Mazzi, come prima di lui erano stati i Sindaci Flavio Bonometti e Gualtiero Mazzi.
A dare comunicazione di questa novità al Ministero, alla Regione, alla Provincia, ai Carabinieri e ad ARPAV è proprio il Sindaco di Sona Gianluigi Mazzi che, con una sua nota del primo febbraio, scrive, infatti, che “come probabilmente a voi già noto”, “il Tribunale di Verona ha disposto il dissequestro dell’area di proprietà della Sun Oil Italiana Srl”.
Il Sindaco quindi riepiloga velocemente la storia giudiziaria dell’impianto, conclusasi in un nulla di fatto in Cassazione per l’intervenuta prescrizione. “Il sequestro era stato disposto nell’ambito del procedimento penale n. 5809/04 r.g .n.r., poi conclusosi con la sentenza n. 35568 della Terza Sezione della Corte di Cassazione che – scrive Mazzi – dopo due condanne nei gradi di merito, ha dichiarato estinto il reato per intervenuta prescrizione”.
“Preme sottolineare come la società Sun Oil Italiana Sri non sia stata dichiarata fallita, come indicato nella relazione di Servizio dell’Arpav, prot. 698 del 08/01 /2019, ed è allo stato in liquidazione. Il liquidatore nominato dalla società è il sig. Savoia Gianni Camillo – prosegue il Sindaco di Sona, esprimendo chiaramente il suo sconcerto -, proprio il soggetto imputato per aver gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti anche pericolosi nel procedimento penale conclusosi con la declaratoria della prescrizione”.
“Ricordo – sottolinea Mazzi – che il Sindaco pro tempere del Comune di Sona era stato nominato custode dell’area perché l’attuale liquidatore, all’epoca custode egli stesso, aveva sversato in fognatura ingenti quantitativi di rifiuti, così creando problemi al depuratore”.
Il Sindaco di Sona che quindi, a seguito del dissequestro, non è più custode del sito e che non può pertanto nemmeno entrarvi per procedere a controlli o verifiche, chiude la sua comunicazione rinnovando la richiesta di un incontro tra tutti i soggetti coinvolti “al fine di iniziare l’indagine preliminare e qualora confermato l’inquinamento le procedure di bonifica, troppo gravose per le casse del Comune di Sona”. Si parla, infatti, di un intervento che dovrebbe avere un costo di circa dieci milioni di euro.
Nel frattempo, il Comune di Sona, tramite il proprio legale, ha anche scritto alla Sun Oil Srl e al liquidatore Savoia una comunicazione perentoria, nella quale si indica che “alla luce del recente provvedimento di dissequestro dell’area di vostra proprietà”, “teniamo a ribadirvi come, ad oggi, nonostante numerose diffide ad adempiere, non sia stato da voi ancora dato ottemperamento all’ordinanza di rimozione rifiuti”. “Allo stato, quindi, sull’area in questione, permane una gravissima situazione di inquinamento accertata, tra l’altro, anche dalla vostra società a seguito di apposita analisi di ‘caratterizzazione’ dei rifiuti insistenti in loco”.
L’invito del Comune alla Sun Oil è, pertanto, quello di “procedere, entro e non oltre il termine di quindici giorni dal ricevimento della presente comunicazione, allo svuotamento delle cisterne ed alla rimozione di tutti i rifiuti presenti nell’immobile”, “nonché ad avviare tutte le attività necessarie a bonificare l’intera area”. “È infine ferma intenzione del Comune intraprendere ogni azione necessaria al fine di ottenere il ristoro di tutti i danni subiti a causa dell’incredibile comportamento della vostra società”. Un invito che, presumibilmente, cadrà nel vuoto ma che serve al Comune per mantenere attuale la questione anche nei confronti della proprietà del sito.