Tutte le sere viaggio almeno mezz’oretta in macchina, naturalmente accendendo l’autoradio. Sì, perché so di non essere un individuo esattamente normale, tutte le volte che ho cambiato l’auto ho sempre scelto prima l’autoradio e poi gli altri allestimenti. Del resto se state leggendo questo articolo, non potete pensare di non trovare qualche testa “bacata” (spero si capisca senza troppi sforzi il tentativo di battuta…).
Ieri sera, riprendendo il racconto, mentre guidavo lentamente come ogni giorno, ho sentito partire il duetto “virtuale” di Cesare Cremonini e Lucio Dalla, inciso da poco dall’ex enfant prodige dei Lunapop. Intanto, che bello questo incontro artistico. Due cantautori di generazioni diverse che si incontrano magicamente, fondendo le loro voci nella meravigliosa Stella di Mare incisa da Lucio nella versione originale del 1979. Andate a cercarla e ascoltatela. Ne vale la pena.
Embè, dirà qualcuno, stiamo parlando di due grandi artisti della nostra musica. Vero. Però… c’è un però. Ho avuto il piacere di conoscere in occasione di più interviste il buon “Ce”, così viene confidenzialmente chiamato Cremonini. A mio modo di vedere, è apparsa sin da subito l’evidenza del suo grande talento, a prescindere dal successo immediato dei Lunapop. Eppure vi assicuro che nell’ambiente e nella critica musicale, soprattutto quando Cesare decise di intraprendere la carriera di solista, esisteva nei confronti delle sue doti una notevole diffidenza.
Sarà stata l’invidia per il fulmineo successo. Sarà stata l’età giovanile a cui magari non si era abituati. Dato di fatto era che a credere nel talento di Cremonini eravamo davvero in pochi. L’etichetta di leggerezza di “quello della Vespa che andava in giro per i colli bolognesi” condizionava non poco i critici, poi gradatamente smontati dalla continua evoluzione dell’artista.
Dunque, Squerez l’album dei Lunapop uscì nel 1999. Cremonini e Dalla calcarono lo stesso palco, l’Arena in occasione del Festivalbar. Lucio cantava un pezzo dal titolo Ciao per il quale aveva allestito il palco a mo’ di spiaggia. In occasione della messa in onda televisiva del Festivalbar fu rimontato l’audio perché la sua esibizione fu coperta dai fischi del pubblico.
Sapete come funziona questo nostro strano mondo. Oggi tutti a ricordare l’immortalità delle canzoni di Lucio datosi che non è più tra noi. Ma la situazione di allora è quella che vi ho raccontato, anche perché , diciamolo chiaramente, quel pezzo di Dalla era davvero bruttino e la rappresentazione della spiaggia sul palco onestamente piuttosto fuori dal contesto. Ma allora, cercando di ricostruire il filo centrale del discorso, perché questi cantautori godevano di scarsa considerazione rispetto ad oggi?
Semplice. In quegli anni le classifiche trovavano nei primi posti Madonna, Cher, Britney Spears, Christina Aguilera. Oggi le classifiche parlano solo italiano. E meno male. Sì, perché esiste una sorta di “retaggio esterofilo”, figlio dei grandi artisti internazionali del trentennio 60/70/80, che oggi sta decisamente scemando, ma che mantiene ancora uno zoccolo duro di proseliti, identificabili soprattutto all’interno delle piattaforme social.
Questo spiega, per esempio, la presenza dei detrattori seriali dei Maneskin, recentemente riconosciuti nelle vette di gradimento anche nell’ostica Francia.
“Italian is better” varrebbe la pena di dire. Oggi tutti vogliono andare a Sanremo mentre in quegli anni gli italiani in gara dovevano essere costretti a forza dalle case discografiche a partecipare.
Questione di tempi, tempi che portano un duetto tutto bolognese a ricordarci che la nostra musica ha ancora un patrimonio autorale da difendere e onorare. Soprattutto in tempi di rap e trap troppo spesso identificati con una disaffezione dei giovanissimi fruitori della “musica liquida” capace di penalizzare la percezione di valore di un’opera artistica svilita dalla dimensione di un file, in altri tempi rappresentato in uno strano formato materiale chiamato “disco”.
Come disse un altro famosissimo Lucio: “tu chiamale se vuoi… emozioni!”.