In occasione della Giornata del ricordo delle vittime della Shoa un amico ha postato su Facebook questo problema, tratto da un libro di matematica del ’36 della Germania Nazionalsocialista: “Problema: Il mantenimento di un ammalato mentale costa circa 4 marchi al giorno, quello di uno storpio 5,5 marchi, quello di un criminale 3,50. Molti dipendenti statali ricevono solo 4 marchi al giorno, gli impiegati appena 3.5, i lavoratori manuali nemmeno 2 marchi al giorno. Illustrate queste cifre con un diagramma. Secondo stime prudenti sono 300mila i malati mentali, epilettici, ecc. di cui si prende cura lo Stato. Quanto costano in tutto queste persone a 4 marchi a testa? Quanti prestiti matrimoniali a 1000 marchi l’uno potrebbero venir concessi sfruttando questo denaro?”.
Durante la seconda guerra mondiale il regime nazista ha poi dato vita alla famigerata Aktion T4 ben spiegata da Marco Paolini nel suo monologo “Ausmerzen, vite indegne di essere vissute” che consiglio di vedere (si trova anche su Youtube) nel quale si viene accompagnati a capire come da semplici idee e studi sull’eugenetica e le malattie ereditarie si sia poi arrivati allo sterminio di centinaia di migliaia di disabili fisici e soprattutto mentali.
Possiamo, comunque, leggere anche la definizione che ne dà Wikipedia per farci un’idea di cosa si tratta: “L’Aktion T4 è il nome convenzionale con cui viene designato il Programma nazista di eutanasia che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali (ma non fisici, se non per casi gravi), cioè delle cosiddette “vite indegne di essere vissute”. Si stima che l’attuazione del programma T4 abbia portato all’uccisione di un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.000. Per quanto concerne la sola terza fase dell’Aktion T4, i medici incaricati di portare avanti l’operazione decisero di uccidere il 20% dei pazienti presenti negli istituti di cura, per un totale di circa 70.000 vittime. Ad ogni modo l’uccisione di tali individui proseguì anche oltre la fine ufficiale dell’operazione, portando quindi il totale delle vittime ad una cifra che si stima intorno ai 200.000 individui.”.
Cosa vuol dire Ausmerzen? La traduzione letterale è estirpare. Era una pratica, legata alla pastorizia, per la quale, prima della transumanza, venivano eliminati i cuccioli che non sarebbero stati in grado di sopportarla. Credo non serva spiegare altro. Da tutto questo, però, mi è scaturita una riflessione sull’attualità.
Da madre di un ragazzo con la Sindrome di Down una domanda che mi sono sentita porre più volte è “ma lo sapevi?”, poi guardandomi mi dicono “ma eri giovane…”. Cosa si sottintende con “eri giovane”? Già, perché avevo 27 anni quando è nato Matteo. La fatidica soglia per accedere alla amniocentesi gratuita è di 35 anni… Allora? Mi è venuta spontanea una domanda. Visto che i ginecologici, superati i 35 anni, di routine inviano le pazienti a fare la amniocentesi, non è che sotto sotto si spinga perché non nascano bambini con alterazioni genetiche?
Perché alla fin fine, non si dice ad alta voce, ma il pensiero è che sono un costo sociale (e torniamo al problema del libro nazista…). In una società che insegue la perfezione e l’efficienza avere un figlio diverso è una vergogna, quindi la scelta di non farli nascere è più che giustificata, anzi, direi incoraggiata facendoti pensare che dopotutto lo fai per il suo bene… Già, c’è chi ti guarda pensando che tutto sommato lo potevi evitare, specialmente se hai superato i 35. Sotto i 35 anni sei “scusata”. Grazie.
Con queste idee in testa ho provato a fare una ricerca su internet per trovare dati statistici sull’incidenza di aborti terapeutici oggi e 20/30 anni fa e sulla percentuale di nascite di bambini con sindrome di Down (la più nota e diffusa). Ho trovato un’indagine, svolta dal Comune di Roma nel 2006, denominata LISU–Limiti Superabili promossa da un comitato di diverse associazioni interessate al tema della disabilità tra cui l’A.I.P.D. sez. Roma (Associazione Italiana Persone Down). Nelle premesse viene riportato che in Italia 1 persona su 1.000 nasce con la Sindrome di Down.
Al concepimento l’incidenza della Trisomia 21 risulta identica in tutte le popolazioni del mondo e si comporta come una costante biologica naturale: in tutti i paesi dove le tecniche anticoncezionali, la diagnosi prenatale e l’interruzione di gravidanza non sono ancora attuate, nasce circa un bambino Down ogni 650 nati vivi, come succedeva anche in Italia fino agli anni Settanta.
Mi sono, poi, anche imbattuta in un articolo del 2005 della Tribuna di Treviso dal titolo “Le statistiche sugli aborti terapeutici”.
VENEZIA. I consiglieri dell’Udc Iles Braghetto e Flavio Silvestrin chiedono che la giunta regionale verifichi i motivi dell’anomalia veneta nel tasso di interruzione volontaria della gravidanza. «Secondo i dati resi noti dal ministro Girolamo Sirchia nella relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 194 – spiega Braghetto, che è anche presidente della commissione bilancio – gli aborti effettuati in Italia nel 2002 a gravidanza avanzata, cioè dopo la dodicesima settimana, rappresentano il 2,3% del totale; nel Veneto invece tale percentuale è del 7,7%, cioè tre volte superiore alla media nazionale». «Chiediamo pertanto – scrivono Braghetto e Silvestrin nell’interrogazione urgente – alla giunta regionale di verificare perché nel Veneto si verifichi una percentuale così alta di interruzione volontaria di gravidanza dopo il terzo mese, quando cioè il ricorso all’aborto volontario è consentito solo in caso di grave pericolo per la vita e la salute fisica e psichica della donna o di malformazioni del nascituro. E’ possibile che nel Veneto si concentri una così alta percentuale di nascituri con malformazioni?». I due consiglieri dell’Udc ipotizzano che il diffuso ricorso alla diagnosi prenatale «diventi un vero e proprio strumento di selezione eugenetica» e suggeriscono di indagare sul trend del fenomeno negli ultimi 5 anni e sulle ragioni che portano agli aborti in gravidanze avanzate.
Il dubbio non è venuto solo a me, quindi. Ma dove stiamo andando? A parole tutti si schierano contro le pratiche naziste di selezione della razza, ma nel quotidiano non sono forse giustificate le donne che scelgono di abortire se il feto presenta anomalie?
Proviamo a guardare un’ecografia di un feto di più di 12 settimane. Cosa vediamo, solo un grumo di cellule o un bambino? Nel momento in cui pensiamo di concepire un figlio facciamo una riflessione. Abbiamo il diritto di decidere quale vita è degna di essere vissuta? Secondo me no e penso di non dovermi vergognare di nulla e tantomeno di dovermi scusare per non aver evitato la nascita di mio figlio. E a chi lo vede solo come un peso sociale dico “vieni a conoscerlo, scoprirai una Persona”.
Non dico che sia sempre tutto facile, ma chi ha tutto facile e bello nella vita? Purtroppo nella vita non possiamo eliminare (estirpare) tutto quello che va male o non ci piace. Un dolore, una malattia, un incidente possono capitare a chiunque. La cultura del non-dolore, anzi del diritto al non-dolore che non è sinonimo di felicità non ci porterà da nessuna parte.
Rispetto la libertà di ognuno di fare scelte diverse, ci sono leggi che lo permettono, ma le scelte devono essere veramente libere e consapevoli, non manovrate con parti omesse o dette a metà per sopire le coscienze. Si deve avere il coraggio di prendere delle decisioni chiamando le cose con il proprio nome ed assumendosene la responsabilità.
Le scelte (consapevoli) possono essere dolorose, ma le coscienze addormentate sono pericolose.