San Giorgio nell’800 e la TAV

Tutti conoscono le recenti polemiche suscitate dal progetto della TAV, la ferrovia ad alta velocità che dovrà passare anche nel nostro territorio, con previsione di sconvolgimento di alcuni tratti del paesaggio ed altri problemi che sempre accompagnano le grandi opere pubbliche. E’ interessante fare un raffronto su un evento simile che accadde nel 1851, allorquando l’Imperial Regia Direzione delle ferrovie austriache fece passare senza tanti complimenti la linea Brescia-Verona per San Giorgio in Salici, devastandone la collina.

 

Quello che riportiamo è lo stralcio di una causa intentata all’epoca contro il governo austriaco per i danni provocati ai terreni. A reclamare il risarcimento fu la nobile famiglia Ravignani che possedeva dei campi a San Giorgio (un suo esponente, Teodoro, diventerà amministratore del Comune di Sona all’indomani dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia). L’accostamento di quel fatto con ciò che accade – o sta accadendo – oggi, ci fa capire come da sempre gli stravolgimenti del territorio causati dalle grandi opere si accompagnano alle proteste di coloro che si sentono toccati in prima persona sui loro beni.

 

Ecco lo stralcio originale della causa intentata contro il Governo Austriaco.

 

Allorquando nel corso dell’anno 1851 l’I.R. Direzione delle Ferrovie Austriache procedette alla costruzione della linea ferroviaria da Verona a Brescia, si fece subito una sensibilissima alterazione al monte, sul quale giace San Giorgio in Salici, frazione del Comune di Sommacamapagna (sic) in Provincia di Verona. Questo monte infatti, che trovasi a cavalcioni della linea ferroviaria progettata, fu per tutta la sua larghezza in parte squarciato ed in parte forato: si aprirono cioè due trincee nei suoi fianchi orientale ed occidentale, le quali vennero riunite mediante un tunnel praticato sotto la parte più elevata del monte medesimo. Prima che tali lavori venissero eseguiti, le acque pioggiane cadenti sui versanti del monte, scorrevano e si smaltivano separatamente le une verso Est le altre verso Ovest per modo, che tra di esse né avveniva, né poteva mai avvenire, commistione di sorta; dopo i lavori medesimi ed in causa degli stessi accadde invece:

 

1) Che le acque provenienti dal versante orientale, defluendo lungo il piano inclinato da Est a Ovest della ferrovia, si riunirono a quelle del versante occidentale, ingrossato per di più da quelle nuove che filtrano dalla volta del tunnel, e, smaltendosi per un sottopassaggio appositamente eretto dalla I.R. Direzione, si scaricarono tutte nei fossi colatori dello stabile in quella località posseduto dalla nob. Isotta Orti-Ravignani.

 

2) Che queste acque nel loro corso incontravano i depositi di materia ghiajosa e terrosa, fatti dalla I.R. Direzione costruttrice ai lati della ferrovia sugli spazi a tal uopo occupati, e scendendo lungo i fianchi del monte squarciati dalle trincee e lasciati sprovvisti di qualsiasi zolla erbosa, arrivavano ai fossi colatori dello stabile Ravignani sature di terriccio e vi travolgevano ghiaja, causando continui e sempre nuovi sedimenti terrosi e ghiajosi nei fossi colatori medesimi.

 

Diminuitasi per tal modo ogni dì più la capacità dei fossi colatori, essi finirono col rendersi inofficiosi, massime poi di fronte al volume di tanto maggiore d’acqua che erano costretti a convogliare nel loro seno dopo la riunione delle acque dei due versanti del monte. Di qui ne vennero frequentissimi i traripamenti, dei quali rimasero vittime i fondi in gran parte prativi della nob. Isotta Orti-Ravigani, che furono allagati da queste acque torbide fangose e sature di materia non vegetale.

 

Siffatti allagamenti durarono ogni anno per lunghissimi periodi, mancando il modo di smaltire le acque, le quali, fatte stagnati e coprendo quei fondi per un’altezza di più che un metro, alterarono profondamente lo stato vegetabile dei medesimi coi depositi di materia non vegetale; causarono la mortalità di gran numero di piante; impedirono la possibilità di qualunque prodotto, rendendo sterile ed insalubre valle ciò che prima era prato di una fertilità più che soddisfacente, e rovinarono, coi sedimenti ivi accumulati, tutto un ben inteso sistema di fossi colatori, danneggiando così nella parte più vitale i beni suddetti… In presenza di una tanto deplorevole condizione di cose la nob. Isotta Orti-Ravignani presentò alla I.R. Direzione costruttrice le proprie istanze di indennizzo.

 

Nato a Verona nel 1956, lavora come medico di base. Dal 2003 è redattore del “Baco da seta”, su cui pubblica articoli che trattano quasi sempre di storia del nostro Comune. E’ presidente del “Gruppo di ricerca per lo studio della storia locale di Sona”, che fa parte della Biblioteca comunale di Sona.