Raccontare la comunità con la macchina fotografica e con il sorriso. Mario Pachera, molto più di un fotografo

Intervistare professionisti ed imprenditori che vivono e lavorano nel nostro territorio è una esperienza molto gratificante ed intensa. É bello ascoltare il fluire del loro racconto che è frutto della passione e della dedizione che scaturiscono dallo loro parte umana più intima.

Dietro aziende e attività commerciali di lunga vita ci sono persone che hanno saputo trasferire il meglio di sé nella loro attività professionale. Quando esco da molti di questi incontri e come se avessi fatto un pieno al cuore di umanità.

Il pieno, sicuramente, l’ho fatto intervistando Mario Pachera, volontario della prima ora e stimato fotografo ufficiale de Il Baco da Seta. È la sensazione netta che ho provato uscendo dal suo storico negozio di fronte alla Chiesa di Lugagnano. La piazza della chiesa, un luogo di incontro della vita di tutti i giorni in cui il tessuto di relazioni della comunità si è sempre intrecciato in una trama fitta di scambi interpersonali. Non credo sia solo questione di casualità o di circostanze favorevoli che hanno portato Mario a stabilire la sua attività proprio lì. Doveva arrivare li perché è nel posto giusto. Perché Mario è umanità applicata alla professione. E l’egregia qualità del suo stile professionale ne è lo specchio.

Sono un Lugagnanese ‘de sòca’ – ci racconta Mario –, nato in casa il 10 maggio 1953 in via Canova. Mi padre Attilio era nato a Sant’Ambrogio. Classe 1916, era reduce dalla Campagna di Russia nonché prigioniero in campo di concentramento in Germania. Mia madre, Maria Bonvicini, era nata a Sona. Suo fratello Mario è uno dei dispersi in Russia che è ricordato sul monumento dei caduti in piazza della chiesa. Avevo anche una sorella morta ahimè giovane per una grave malattia”.

“La mia passione per quello che poi diventò il mio lavoro parte dalle scuole professionali di grafica che ho frequentato presso gli Stimmatini in città. Durante la pausa delle vacanze estive la scuola ci trovava una collocazione in aziende del settore in modo da sperimentare, nella pratica, quanto apprendevano sui banchi. Una sorta di alternanza di scuola/lavoro così come avviene ai giorni nostri. A quei tempi – ricorda Mario – le aziende grafiche erano in piena espansione e c’era veramente la possibilità di scegliere dove andare a fare praticantato. La mia preferenza cadde su una azienda, la CDG, che aveva sede in fondo a via San Marco in Borgo Milano, per cui mi era anche comodo recarmi al lavoro in motorino. L’azienda era soddisfatta del mio lavoro e mi hanno fatto la proposta di assunzione mentre stavo frequentando il secondo anno di scuola. Il titolare convocò mio padre per parlare con lui”.

Papà Attilio però, con la lungimiranza di genitore, decise che Mario doveva finire prima la scuola, perché era importante conseguire il diploma. E così fu. “Già durante il terzo anno, ad alternanza scuola lavoro terminata, andavo il pomeriggio in azienda a lavorare ed imparare – ricorda e appena finita scuola mi assunsero con contratto di lavoro regolare. Era il settembre 1970. La mia posizione INPS ha iniziato ad essere alimentata già da allora”.

L’incombenza di ogni giovane italiano, finché c’è stata, si chiamava naja. Mario chiede l’anticipo della partenza proprio per poter tornare il prima possibile al posto di lavoro che l’azienda avrebbe riservato per lui. “Ero un giovincello di 18 anni che incontrava al CAR della Brigata Alpina Tridentina a Cuneo ragazzi con un anno in più. Tra questi – ricorda sorridendoanche il capogruppo degli alpini di Lugagnano Fausto Mazzi. Era una caserma immensa. Ospitava migliaia di reclute. Tra le molteplici attività di una caserma c’era anche il cinema. Un giorno mi scivolò l’occhio su un cartello davanti all’ingresso: cercasi operatore. È per me esclamai!”. Mario, infatti, aveva imparato il mestiere al cinema della parrocchia di Lugagnano ed era operatore ufficiale del cinema del paese alle dipendenze di Antonio Bianco. Il cinema della frazione si trovava allora nello stabile, ora ristrutturato a condominio, che si trova sulla destra andando verso Verona appena dopo la gelateria.

In caserma la sfida al posto di operatore era con un raccomandato di Torino – ride Marioma la mia esperienza maturata della sale cinematografiche di Lugagnano fece la differenza rispetto alla quasi totale inesperienza del mio antagonista. Il ruolo era mio! E lo mantenni fino al concedo. Cuneo quindi fu, per un anno della mia vitta, la mia seconda città. Confesso che, dall’alto del mio incarico, al contrario di tanti miei commilitoni di guardie ne ho fatte poche. Alle sei di sera il cinema apriva. Senza operatore… niente cinema! Ero un pezzo grosso della caserma!”, ricorda scoppiando ridere.

Finita la naja è ora di tornare alla natìa Lugagnano e riprendere da dove aveva interrotto. Ritorna a lavorare alla CDG e vi resta fino al 1980. Nel 1979 il vero salto professionale della sua carriera lavorativa: l’apertura della partiva IVA. Mario diventava imprenditore di sé stesso. Mi mostra con giusto orgoglio e un filo di emozione una recente visura camerale che reca proprio l’anno 1979. Prosegue ancora per un anno la collaborazione con la CDG pur avendo aperto la posizione da commerciante ed artigiano fotografo.

Erano anni molto buoni per la mia neonata professione. Ci fu una esplosione di richieste di servizi fotografici per matrimoni e cerimonie religiose. La rete di conoscenze che avevo nel paese mi permise di ricevere le richieste di tutti i miei amici che di volta in volta si sposavano. Le mie solide basi tecniche, acquisite alla CDG, mi permettevano di muovermi bene in ambito. Vero è che alla CDG – precisa – si era specializzati in fotografie industriali. Arrivavano le fotografie delle aziende di tutta Italia che poi venivano assemblate il laboratorio per creare book fotografici. Rullini e rullini di foto consumati e sviluppati per trovare lo scatto migliore. Il digitale era ben di là dal venire. Per chi è un po’ meno giovane: ricordate la pubblicità del televisore Grundig con un portiere di una squadra di calcio che usciva dal teleschermo? In quella fotocomposizione di maschere e contro-maschere c’è anche il mio lavoro. Adesso con Photoshop si fa rapidamente e con precisione al pixel, allora era tutta certosina attività manuale”.

Mario, per conto della CDG, ha avuto anche l’opportunità professionale di girare aziende di ogni tipo per immortalare gli scatti per le campagne promozionali. Pasticcerie, fabbriche di arredamenti, allestitori di macchine utensili, industrie alimentari e molto altro. Dove serviva lo scatto che cattura l’attenzione del consumatore arrivava il fotografo professionale. Attività che, negli anni a seguire e soprattutto con l’avvento del digitale, divenne meno richiesta perchè le aziende tendezialmente facevano in proprio. “Esperienza assolutamente gratificante e fondamentale per la mia professione di fotografo in proprio. Imparai l’arte della cura dei particolari e la misi da parte, applicandola al mio lavoro di fotografo di ogni giorno”. I risultati di questo apprendimento sono noti un po’ a tutti. Il lavoro di Mario è molto apprezzato anche al di fuori di Lugagnano e ha clienti un po’ da ovunque.

Fare il negoziante, la cui attività è regolata soprattutto dai tempi di apertura al pubblico del negozio, è complicata – ci racconta. Quello che con l’andare del tempo pesa è la limitatissima possibilità di disporre del proprio tempo per cose personali: una pratica all’anagrafe, il funerale di un amico, una commissione qualsiasi che sia legata ad orari di ufficio di altri. A meno che in negozio non ci sia un sostituto come un socio, un figlio, la moglie o un dipendente. E quando non sei al servizio del cliente che entra in negozio, negli orari di pausa durante la settimana o nei fine settimana ci si deve dedicare all’evasione delle richieste commissionate. Nel periodo delle cerimonie religiose, a cavallo tra aprile e maggio, non ci si annoia di certo. Il cliente deve respirare anche una certa dinamicità di proposta, per cui la vetrina del negozio va curata in certe occasioni speciali come il Natale, la festa di San Valentino o altro. Il mercato degli studi fotografici si è anche spostato, da tempo, sulla linea dei gadget”.

L’avvento del digitale ha comportato una drastica riduzione della richiesta dei servizi classici dello studio fotografico nell’immediato, a cui è seguita però una netta ripresa. “Il cliente – ci racconta Marioama ancora poter toccare e vedere la stampa cartacea della foto. Trasmette sempre una certa emozione. Qualcuno mi chiede: ma con il digitale voi avete perso mercato? La risposta è: assolutamente no! Prima del digitale un rullino di pellicola durava da Pasqua a Natale, cioè finché non era esaurito. E solo allora veniva dato alla stampa. Con il digitale una persona manda in stampa quante foto vuole quando vuole. Non deve attendere la fine di un rullino, quindi si stampa di più. Se le foto è il fotografo a farle ha meno costi legati all’uso del classico rullino, ne fa di più perché può fare valere la possibilità di scegliere poi le migliori e fornisce un prodotto qualitativamente migliore al cliente. La foto digitale la vedi istantaneamente e fai immediatamente gli aggiustamenti di luci e ombre che servono. Non devi stampare le foto che non vanno bene. Per un matrimonio il cliente non paga il costo a foto ma il servizio che io gli rendo per creare il miglior prodotto finale che in lui genera emozione”.    

Le relazioni nel paese, alle quali dedico sempre un po’ del mio tempo durante l’orario di apertura del negozio e anche oltre – ci racconta con un filo di emozione Mario e i sui occhi brillano nel farlosono il ricostituente naturale con cui lenisco la stanchezza che ogni tanto mi prende in questi quarantaquattro anni di ininterrotta attività. Sono il mio elisir di lunga vita professionale e personale. Non avrei mai potuto concepire la mia attività senza l’attenzione agli scambi umani. Può essere che alcuni lavori, per il fatto che bevo un caffè con tizio o mi fermo a chiacchierare in piazza della chiesa con caio, li debba concentrare poi nella sacrosanta pausa di pranzo. Ma il momento di scambio della relazione tra persone è parte della mia vita di uomo e di professionista. Ovvio che c’è anche un risultato economico che mi gratifica, ma non è la mia priorità. Sono in pensione, quindi i miei bisogni primari sono garantiti, la relazione con il mondo in cui sono nato e in cui vivo è la mia vita”.     

Alle associazioni di Lugagnano Mario si dona senza sosta. Ha un “si ci sono!” per tutti: Alpini, Centro Aiuto Vita, Emporio della Solidarietà, Il Dono tanto per citarne alcuni. Anche per il SOS Sona nutre grande affetto e stima incondizionata. E, naturalmente, Il Baco da Seta. Come si diceva, collabora con la nostra redazione da sempre, pronto in ogni momento, di giorno come di notte, nei giorni festivi come quelli feriali, a raccontare la storia del nostro territorio con la sua fida macchina fotografica.

Sono gesti concreti che fanno stare bene i cuori aperti alla solidarietà come quello di Mario. Mi fa vedere delle foto storiche che fanno parte della sua collezione privata. Sono foto splendide, che mi riportano alla mia fanciullezza a Lugagnano: il cartello di Mancalacqua all’inizio paese con il limite dei cinquanta e divieto di clacson con attorno campi ovunque pieni di fiori primaverili, il vecchio mulino Mazzi, la piazzetta Battaglione Alpini Verona con una 127 e una 128 parcheggiate, quella  dove una volta c’era il monumento ai caduti e di fronte la Cassa di Risparmio, la strettoia del ponte dei Salvi prima che venisse allargato, il mitico netturbino “Sparissi” che attraversa la strada davanti all’alimentari Bendinelli con la cariola e la fida scopa di saggina dentro (e che è diventata anche la copertina del numero 7 del Baco, del giugno 2001, qui sotto). Vere chicche! È molto orgoglioso Mario delle sue foto storiche e ne ha ben donde. Sono scattate da chi sente nel paese casa sua.

Mi faccio raccontare qualche aneddoto di commerciante storico di Lugagnano. “Ho alcuni bei aneddoti: la mitica Zita ‘Faiana’, quando non poteva andare personalmente ad un funerale, mi chiamava e mi diceva: Mario, per piacere, vai a firmare il registro delle condoglianze a nome mio, Zita Mazzi. Un’altra: una signora che conosceva mia madre veniva spesso in negozio a chiedermi di tenere le borse della spesa finché andava in chiesa a dire una preghiera e ad accendere un cero. Una signora di Sona aveva la necessità di sapere se il negozio di merceria a fianco era aperto e mi chiedeva di andare a verificare. Ogni tanto arriva l’anziano che ha problemi con l’apparecchio della pressione e mi chiede se gli do una mano a misurarla. Un altro che arriva con il cordless di casa e mi chiede se posso provare io perché non gli funziona… ma senza la basetta di ricarica rimasta a casa! A una signora che vive da sola e che ha superato gli ottant’anni gli si sono scaricate le batterie del tester della glicemia e non capiva perché non funzionasse più… e con l’occasione mi racconta la storia sua vita. Cose che normalmente accadono nei paesi!”.

Cose che possono ancora accadere certo, ma non così naturalmente trovano riscontro. Questa ricerca di calore e contatto umano trovano dall’altra parte un Mario Pachera sempre pronto a dare la sua disponibilità.      

Passate a trovare Mario nel suo negozio, teniamo vive le relazioni che fanno sì che non senta la stanchezza del lavoro, che non guardi il passare degli anni e che rimanga al suo posto di fronte alla piazza della chiesa. A regalare professionalità e tanta sana umanità a chi incrocia la sua strada.

Sono nato a Bussolengo l'8 ottobre 1966. Risiedo a Lugagnano sin dalla nascita, ho un figlio. Sono libero professionista nel settore della consulenza informatica. Il volontariato è la mia passione. Faccio parte da 30 anni nell'associazione Servizio Operativo Sanitario, di cui sono stato presidente e vicepresidente e attualmente responsabile delle pubbliche relazioni. Per 8 anni sono stato consigliere della Pro Loco di Sona. Ritengo che la solidarietà, insita nell’opera del volontario, sia un valore che vale la pena vivere ed agire. Si riceve più di quello che si dà. Sostengo la cooperazione tra le organizzazioni di volontariato di un territorio come strumento per amplificare il valore dei servizi, erogati da ognuna di esse, al cittadino.