“Quella volta che durante la tappa di Verona…“. Mario Zocca di Lugagnano, storia di un campione di casa nostra

Magari il tempo passato ci sembra sempre migliore o più semplice solo perché manca l’incertezza che sentiamo nel tempo presente o, a maggior ragione, rispetto al futuro. Nel passato tutto si è già compiuto e, in un modo o nell’altro, non c’è più nulla da temere… Ma il raccogliere i ricordi della vita sportiva di Mario Zocca, che se ne è andato lo scorso dicembre, poco dopo aver compiuto i suoi 84 anni, dà veramente il senso di un’epoca meno sofisticata, più genuina, più umana insomma.

Possiamo immaginarci un nostro ragazzo, appassionato di bicicletta, che punti (e arrivi!) al professionismo solo dopo aver passato i vent’anni, che approdi oltretutto alla mitica Legnano, la più forte squadra ciclistica del tempo e che, dopo un paio di stagioni, se ne torni tranquillamente al suo paese per vivere una lunga vita serena, facendo l’autista al neonato incubatoio dell’Agripol (che, per i meno giovani e per i nuovi residenti, si ampliò poi nel sito oggi occupato da ‘La Casa di Alice’)?

Niente esagerazioni, niente depressioni: il calmo scorrere della vita, con dentro però esperienze riservate a ben pochi. Certo, occorre anche incrociare le persone giuste.

Ma andiamo con ordine. Il giovane Mario nasce a Lugagnano nel 1933 e, come tutti i bambini ed i ragazzi dei suoi tempi, ha la rara possibilità di veder arrivare di tanto in tanto nel nostro – allora davvero piccolo – paese i grandi nomi del ciclismo. Quelli che si leggono sui giornali o si ascoltano trepidando di fianco alla radio.

Sì, perché il fornaio di Lugagnano di quei tempi fa “anche” il pane, ma la sua vita l’ha dedicata alla bici. Pioniere a inizio secolo di questo sport, allora popolare almeno quanto il calcio, allenatore ed amico di giganti delle due ruote, ricordato da tutti gli addetti ai lavori come il “Papà dei ciclisti veronesi”, Assuero Barlottini, questo il suo nome – cui da poco è dedicata la via degli impianti sportivi verso Mancalacqua – ospita di volta in volta Costante Girardengo (il primo Campionissimo), Learco Guerra (la Locomotiva Umana), Andrea Piubello (sette volte iridato su pista) e fermiamo l’elenco per non fare torto a tanti altri.

E quando arrivano le celebrità, la voce naturalmente corre veloce ed i bambini ed i giovanotti si assiepano fuori dal negozio del pane (che ancora oggi è aperto nei medesimi locali fin dal 1909, gestito dal nipote Papo Bendinelli), ansiosi di scorgere le stelle sportive che magari poi si spostano al vicino caffè sull’angolo, quello delle Pàtine (ormai invece chiuso), ma allora doverosamente denominato Bar Sport.

Così come si affollano e sbirciano quando, di anno in anno, arriva il macchinone nero dell’organizzazione del Giro d’Italia con lo storico patròn Vincenzo Torriani che passa a prendere l’amico Assuero e se lo porta a seguire le tappe dolomitiche. E allora, se nasci a quei tempi a Lugagnano, un pensiero alle corse in bici lo devi proprio fare, no?

E così anche il giovane Mario sogna, come i suoi coetanei. Ma in quei tempi – forse più semplici, ma certo non più facili – i piedi bisogna tenerli a terra: prima ci si deve cercare un lavoro. Che agli inizi degli Anni Cinquanta, con i disastri bellici appena alle spalle, ancora scarseggia: voglia di fare tantissima, fermento tanto, ma soldi pochi…

Così il giovane Mario pedala da appassionato, lo fa bene ma cerca prima di tutto una occupazione, che però resta precaria perché prima c’è ancora il servizio militare da svolgere. E sebbene la cartolina di chiamata non arrivi certo a sorpresa, Zocca si presenta al centro addestramento reclute di Merano con un giorno di ritardo. Eh sì, perché nella data giusta c’era una corsa e insomma, quella viene prima, no? A Mario dice bene che l’ufficiale degli Alpini che lo riceve gli lasci spiegare il motivo del ritardo: gli chiede poi come è andata questa corsa (“sono arrivato secondo, signor tenente”) e, da appassionato pure lui della bici, invece di mandarlo in prigione se lo prende sotto l’ala.

2013: Mario Zocca (a destra) con il suo grande amico Severino Andreoli, oro di ciclismo ai campionati mondiali di Albertville del 1964, in sala consigliare a Sona in occasione della premiazione delle eccellenze sportive. Sopra, Mario Zocca nel 1959 con la prestigiosa maglia della Legnano.

Ma i 18 mesi in caserma Zocca se li deve naturalmente fare tutti e, quando torna, il vitto militare ha inciso non poco sulla sua… shiluette, tanto che Barlottini lo apostrofa: “te sì come un porselèto pronto da copàr!”. Dopo di che lo mette in sella e lo sprona per tutto l’inverno, spesso accompagnandolo.

All’apertura della stagione ciclistica del 1957, gli infila la maglia dell’U.S. Borgo Trento, di cui è direttore sportivo e con quel sodalizio, già allora al top nel Veronese, Mario si rivela ottimo passista, inanellando piazzamenti ma beccandosi poi la temibile Asiatica, che lo costringe ad interrompere la corsa a tappe di San Pellegrino, dove era in classifica, per tornare da Bologna addirittura in ambulanza.

Prostrato nel fisico e nel morale, dato che l’autostima non è mai stato il suo punto forte, l’impulsivo Zocca decide di piantare tutto, ma apriti cielo: l’appassionatissimo papà si mette addirittura a piangere, Il focoso Assuero Barlottini gli rovescia addosso ogni genere di contumelie… Fatto sta che Mario rimonta in sella, ma con il proposito di passare professionista in fretta oppure di smettere.

E arrivano finalmente anche le vittorie, tante, fra le quali una Trento-Merano-Trento per distacco. Ormai il suo nome circola e non è più un sogno addirittura nemmeno la maglia azzurra, per la prossima corsa iridata per dilettanti che deve disputarsi in Francia, a Reims. Ma dopo le due prime gare premondiali, dove riesce a ben figurare, Zocca capisce che il c.t. Proietti ha già scelto i suoi uomini, si sente ingiustamente ignorato e va a dirglielo in faccia.

Dopo di che, il ragazzo di Lugagnano prende e se ne torna a casa, e per ingoiare la delusione va a vincere con un minuto di vantaggio l’Internazionale di Bergamo. Il 1958 si conclude dunque con 8 vittorie e 12 secondi posti ed il 1959 si apre con un secondo posto alla prestigiosa corsa di San Geo: il suo mèntore, Assuero Barlottini, non deve dire molto altro per convincere il fraterno amico Eberardo Pavesi ad ingaggiarlo alla Legnano. La Legnano, addirittura! La mitica squadra di Fausto Coppi, che solo l’anno precedente ha dominato il Giro con Ercole Baldini!

Assuero lo accompagna a Milano per firmare il contratto e al neo professionista Zocca sembra di toccare il cielo con un dito.  Ed è ben presto Giro d’Italia, con un quinto ed un ottavo posto nelle tappe di Teramo e di Rimini, e pure delle belle frazioni a cronometro, sul Vesuvio, a Ischia e in Val di Susa, ma anche momenti di sconforto.

Come quando confida a Bartali di voler mollare e Ginettaccio gli ribatte: “Se te ne vai tu, sai quanti altri dovrebbe tornarsene a casa?”. E poi la tappa di Verona: un sogno nel sogno, dentro la volata in cui Mario si infila alla ruota di un signore dello sprint come il campione del mondo Van Looy, sicuro di poter beneficiarne, e infatti il belga arriverà secondo. Ma un altro corridore ha la stessa idea e, nel tentativo di intromettersi lo tocca quando ormai il traguardo è a soli 200 metri “e nella strisciata sull’asfalto ci lascio un chilo di carne”, ricorderà sorridendo ancora molti anni dopo.

L’anno successivo Mario Zocca raccoglie bei piazzamenti, inseguendo la prima vittoria fra i professionisti, ma una grave caduta in discesa al Giro di Campania lo fa decidere di smettere, a soli 26 anni. Le sue vittorie si chiameranno Antonella, Stefania, Vanna: le tre figlie che allieteranno il suo matrimonio con Anna Tomelleri.

Nato in via 26 aprile a Lugagnano, il 21 maggio 1961. Da allora quasi ciecamente legato a Lugagnano. Felicemente sposato con Stefania Boscaini, è padre di Ester, Francesco, Diletta e Matilde. Partecipa da sempre a varie realtà di volontariato. E' autore di Fregole de Storia, monografia su Lugagnano, edita nel 1997 con la collaborazione di Gianluigi Mazzi.