Quel patto formativo saltato tra insegnanti, studenti e famiglie. Anche a Sona

A fine gennaio tutti i media hanno riportato la notizia della maestra che è stata (giustamente) licenziata perché non conosceva l’ortografia e scriveva “scuola” con la q.

Molto meno risalto hanno avuto altri fatti di cronaca che, negli stessi giorni, raccontavano di una docente di un istituto superiore sfregiata da un alunno che rifiutava di farsi interrogare, e di un vicepreside, a cui è stato rotto il setto nasale da un padre irato perché l’insegnante il giorno prima a scuola aveva osato rimproverare il figlio. Altro caso recentissimo riguarda il ricorso (perso) al Tar da parte di una coppia, che non accettava il voto dell’esame di terza media del loro pargolo: solo 9, invece del 10 a cui puntavano.

Purtroppo queste notizie, che si ripetono con troppa preoccupante frequenza, dimostrano come la comunicazione tra genitori e insegnanti si sia recentemente deteriorata e come manchi totalmente il rispetto per la professione docente e per l’istituzione scolastica in generale. Tali situazioni evidenziano però anche un rapporto tra genitori e figli assolutamente inadeguato, dal momento che molte mamme e papà troppo protettivi, ansiosi, competitivi, stressati, incapaci di dire no, finiscono per mettere i bastoni tra le ruote a insegnanti e dirigenti, impedendo loro di fare il proprio lavoro per spianare completamente il percorso scolastico dei figli.

Molti sono convinti che essere stati sui banchi di scuola dia loro il diritto di sapere come funzionano le cose e poter decidere di conseguenza se un insegnante fa bene il suo lavoro oppure no. Soprattutto credono che un voto o un rimprovero possa in qualche modo sminuire il proprio figlio e, di rimando, loro stessi.

Purtroppo tanti, di fronte alle criticità e ai problemi, non si mettono in discussione ma preferiscono scaricare la colpa, trovare scusanti e scorciatoie, perché è obiettivamente più facile che rivedere i propri metodi educativi e la qualità della relazione coi propri figli. Per trovare alleanze, inoltre, alimentano polemiche sterili sui gruppi di WhatsApp.

I ragazzi, però, non hanno bisogno di avvocati o di sindacalisti, ma di genitori presenti davvero quando serve, capaci di lasciarli cadere, di farli faticare un po’ e sudare un traguardo, anche se è difficile stare a guardare e poter solo fare il tifo, mettendo in conto anche qualche sconfitta. Sebbene a volte non sia facile ammettere che nostro figlio non è e non sarà mai un piccolo Einstein o accettare che debba soffrire per ottenere un risultato, quella è l’unica via che lo farà crescere e lo renderà un adulto responsabile e autonomo, possibilmente sereno. Non basta mettergli in mano un telefonino per farne un essere indipendente.

Bisogna, e non è facile, fare un passo indietro a volte, fidarsi degli insegnanti, pensare a loro come alleati, non come a minacce, credere nel ruolo educativo della scuola.

Anche se gli stereotipi sono duri a morire, i docenti hanno scelto questo mestiere perché amano la loro disciplina e il ruolo di educatori che rivestono. Sono dei professionisti e sanno di avere una grande responsabilità. Solo che fa più notizia parlare di chi il proprio lavoro lo fa male, (ma vale per tutte le categorie, questo). In giro e anche nelle scuole del nostro territorio, negli istituti comprensivi di Lugagnano e di Sona, ci sono insegnanti eccezionali, che fanno fronte alle carenze della scuola pubblica e di tante famiglie assenti senza battere ciglio e stringendo i denti perché hanno davvero a cuore la crescita dei bambini e dei ragazzi con cui vivono tante ore ogni giorno. Ci si affezionano, dialogano con loro, soffrono per i loro piccoli insuccessi e per i traguardi raggiunti a fianco della famiglia, anche quando i genitori si fanno vedere solo per polemizzare e criticare.

Perché una scuola funzioni non basta che cambino gli arredi e che si introducano pc e Lim. Se all’interno la relazione tra docenti e studenti non è buona, se non vi è un solido patto formativo condiviso anche dalle famiglie, a niente serve la tecnologia o la mensa nuova di zecca.

Non si smette mai di imparare: a fare i genitori, a fare gli insegnanti. Collaborando, sicuramente è possibile raggiungere lo scopo comune, che è la crescita serena dei giovani. Questo però deve avvenire rispettando i limiti, riconoscendo l’autorevolezza e la dignità dei docenti e, soprattutto, non deresponsabilizzando gli studenti.

Nata a Verona nel 1977, si è diplomata al liceo classico e ha conseguito la laurea in Lettere presso l'Università di Verona. Sposata, con due figli, insegna Lettere presso il Liceo Medi di Villafranca. Lettrice appassionata, coordina il Gruppo Lettura della Biblioteca di Sona.