Quanto conta la formazione scolastica oggi? Una riflessione anche su Sona (ma non solo)

Venerdì scorso 13 dicembre l’amministrazione comunale ha premiato le eccellenze scolastiche del nostro territorio. Un motivo di orgoglio per le famiglie dei ragazzi e anche per tutti i nostri concittadini del Comune di Sona.

Cogliamo la notizia per riflettere sul valore del percorso scolastico, cercando di rispondere alla seguente domanda: quanto conta la formazione oggi? Partiamo dai numeri.

Innanzitutto i valori dei risultati scolastici non cambiano solo dal punto di vista regionale, ma anche in base alla scuola frequentata: alla luce delle prove Invalsi dello scorso anno punteggi più elevati sono stati meritati dagli studenti dei licei, mentre i risultati più bassi appartengono ai ragazzi che frequentano gli istituti professionali; quelli degli istituti tecnici si collocano a metà via.

Una chiara evidenza è mostrata nel grafico qui sotto riportato, elaborato da Infodata del Sole 24 Ore.

Tuttavia, come viene espresso nel rapporto di Invalsi: «la ricerca nel campo dell’educazione ha più volte dimostrato che l’ambiente di provenienza influisce in modo determinante sulla motivazione a imparare, sulle aspettative future, sui risultati delle prove di apprendimento, sulla scelta degli studi, e, in generale, sul profitto e sulla carriera scolastica e professionale degli studenti. Di questo fattore occorre tenere conto quando si confrontano classi e scuole diverse».

Pertanto, un contesto sociale più favorevole contribuisce (in media) a punteggi scolastici più elevati. Le conclusioni a cui sono giunte varie ricerche condotte dall’OCSE sono che «la mobilità intergenerazionale rispetto al livello d’istruzione raggiunto è relativamente bassa: in base ai dati del 2012, l’81% degli adulti nella fascia d’età 25-64 i cui genitori non hanno un titolo di studio d’istruzione secondaria superiore ha terminato gli studi allo stesso livello dei genitori (media OCSE: 37%), mentre solo il 19% è riuscito a raggiungere un livello più alto». Ciò si evince dal seguente grafico elaborato da Infodata:

Il tenore di vita familiare, il contesto sociale e la formazione scolastica sono tre fattori che contribuiscono alla definizione dell’identità e dell’orientamento delle scelte di adolescenti e giovani relativamente a carriera universitaria e mondo del lavoro.

I numeri dell’ultima edizione di Education at a Glance confermano la risposta alla nostra domanda iniziale: sì, la formazione conta.

Nel rapporto dell’OCSE si legge che in merito all’istruzione terziaria in tutti i Paesi europei conseguire una laurea aumenta la probabilità di trovare un lavoro (nel 2018 il tasso di occupazione dei laureati è stato in tutta l’area OCSE di 9 punti superiore a quello dei diplomati, e in Italia di 10 punti superiore); garantisce redditi più alti (in media in Europa lo stipendio di un laureato è il 57% più alto di quello di un diplomato, in Italia il 39%); ed è associata a una miglior capacità di ritrovare un lavoro nell’eventualità in cui venga perso.

Nonostante le prospettive lavorative post università in Italia non siano eguali per tutti gli studenti, vuoi per tutti gli indirizzi dei corsi di laurea, vuoi per la collocazione regionale, vi è chiara evidenza che studiare sia tutt’altro che inutile e che la formazione è indubbiamente un prezioso investimento per le prossime generazioni da parte sia delle famiglie sia dello Stato.

Un investimento per una formazione sia orizzontale, che coinvolga tutti gli studenti del nostro Paese, sia verticale, per formare la classe dirigente del futuro.

Nato nel 1994 e residente a Lugagnano, scrive per il Baco dal 2013. Con l'impronta del liceo classico e due lauree in economia, ora lavora con numeri e bilanci presso una società di revisione. Nel (poco) tempo libero segue con passione la politica e la finanza e non manca al suo inderogabile appuntamento con i nuovi film al cinema (almeno) due volte a settimana. E' giornalista pubblicista iscritto all'ordine dei giornalisti del Veneto.