Il cielo plumbeo di martedì 19 novembre scaraventa lacrime su Verona, la città piange uno dei suoi figli prediletti, Roberto Puliero ci saluta dopo aver combattuto contro una breve quanto aggressiva malattia. Se ne va la voce di Verona e del Verona, voce astuta e dissacrante che ha raccontato il periodo d’oro dell’Hellas tricolore, così come le gesta di onesti mestieranti pedatori che hanno indossato la casacca gialloblù negli abissi della serie C e della Lega Pro. Lo faceva con radiocronache argute e competenti, mai banali o scontate, talvolta sciorinando termini desueti che davano al racconto un’eleganza inarrivabile.
Roberto era personaggio di sport ma soprattutto di cultura, professore d’Italiano, grande attore e regista teatrale che con satira pungente non lesinava frecciate ai poteri forti della società e della politica.
Nel territorio comunale di Sona, in particolar modo nella Corte Messedaglia di Lugagnano, Roberto dai primi anni Ottanta e per oltre un decennio segnò un’epoca, l’epopea di “Reteeee” e de la “Gran torcolada”, programmi televisivi in cui interpretando vari personaggi sportivi, politici e d’attualità si dilettava a raccontare a modo suo Verona e i suoi abitanti.
Fu un imbianchino di Lugagnano a portarlo in corte Messedaglia per la prima volta e Roberto si innamorò immediatamente del luogo perché trovò a sua disposizione un “set televisivo” congeniale alle sue esigenze: paesaggio agricolo fuori dai rumori e dal caos, abitanti cordiali disposti a manovalanza di bassa lega pur di fugaci apparizioni televisive, leccornie di ogni genere (non vegane) alla fine di ogni registrazione.
Le nostre stalle erano per lui camerini per il trucco e parrucco, i fienili spogliatoi dove camaleonticamente assumere le sembianze di questo o quell’altro personaggio da interpretare. Con lui si sono alternate negli anni le troupe di reti private differenti, all’inizio Canale 65, poi Telearena infine Telenuovo.
Conservo ricordi indelebili di quel periodo: le registrazioni di “Torcola” e “Smorza e impissa”, sigle che davano inizio al programma settimanale e le puntate natalizie frutto di intere giornate di registrazione in cui Roberto metteva in scena presepi viventi nostrani torcolando i personaggi più in vista in quei periodi: il Sindaco Gabriele Sboarina, gli Assessori Rugiadi e Savorelli, uomini dell’Hellas come Chiampan, Bagnoli, Polato, e poi Uzzo e Mirzakhanian, Eros Mazzi, “radecio” Raducioiu, Dragan Stojkovic, Dino Coltro, Claudio Capitini, Piero Centomo, “Michelina” Sironi e tanti altri.
Ma erano i personaggi della sua fantasia che trovavano il maggior riscontro del pubblico al punto da travasare buona parte dell’incuriosita popolazione della frazione nella piccola corte alla periferia del paese: Gustavo la Peará cavaliere della Brá, Elvis Ciurla tifoso della curva, Gedeone tifoso di Bovolone, Scajola Pasquale murador municipale, Gennaro Caputon veronese teron e l’edicolante Marchesini Gigiotto reduce del ‘68.
Chi in quel momento, come il sottoscritto, viveva la propria adolescenza, non può scordare le infinite benedizioni ricevute da Don Bortolon parroco de Cavaion nella dissestata chiesetta della corte (allora riconvertita a campo di pallavolo) dove, nelle pause tra uno sketch e l’altro, Roberto esprimeva la sua viva preoccupazione con la celeberrima frase “qua prima o dopo ne casca un copo in testa”!
Il suo arrivo in corte con l’Alfa Trentatre rossa era sempre salutato da tutti noi con grande gioia, a modo suo faceva rivivere ai nostri vecchi il tempo ormai lontano dei filò.
Ci fu un periodo in cui portò corte Messedaglia all’attenzione dell’opinione pubblica cittadina perchè sede di alcune puntate di una fiction che a quel tempo era seconda solamente a Dallas e Uccelli di rovo; la miniserie, dal titolo “Veronico”, metteva in scena le esilaranti peripezie di un padre e marito scapestrato, poco propenso al lavoro (oggi lo chiameremmo scoraggiato) che dopo mille improperi di padre, moglie e figlio si inventò una sciagurata ed improduttiva attività autonoma come venditore ambulante di rattini gialloblu. Le scene interne erano girate proprio in una casa di corte Messedaglia e molti di noi abitanti fummo scritturati da Roberto, dopo un casting puntiglioso durato una quindicina di secondi, come comparse, gettati là, tra le fauci della celebrità!
Buon viaggio Roberto, avrai sempre un posto d’onore nella nostra storia e nel nostro ricordo.
Nel momento del commiato mi piace ricordare il versetto conclusivo della poesia L’Adese di Tolo da Re che tu meravigliosamente interpretavi: “El sospira, el capisse, el lassa un testamento: ‘Le me aque a la gente vèneta, a Verona l’anima mia’. Dèsso l’è in agonia: el rantola, el se sbianca, el se tàca a la tera, el spalanca la boca come par saludar. Ormai l’è quasi mar. Eco, dèsso l’è mar”.
Tu invece ora sei cielo, a te si spalanchino i palcoscenici celesti, e ricorda, se ancora avrai bisogno di manovalanza molti dei tuoi amici di corte Messedaglia sono nuovamente assieme a te.
Nella foto sopra, anni Ottanta, Roberto Puliero con Massimo e Sabrina Adamoli in Corte Messedaglia a Lugagnano durante una fase delle registrazioni. Qui sotto, la pagina de L’Arena del 26 gennaio 1985 che racconta le gesta di Puliero a Lugagnano, con tanto di dedica di Roberto.