La vicenda è lunga, complessa e risale a più di dieci anni fa. Già alla fine del 2012 la società Agricola San Francesco e la società San Francesco Energy avevano ottenuto dalla Regione Veneto l’autorizzazione a realizzare un impianto fotovoltaico da 42 megawatt sul terreno posto tra la Grande Mela e la Statale 11, tra Lugagnano e Bussolengo, nella foto sopra.
Quello previsto nei pressi della corte San Francesco era veramente un impianto mastodontico: centottantamila pannelli solari posati su una superficie di 630mila metri quadrati, ovvero un rettangolo di circa 1100 metri di lunghezza e di circa 650 metri di larghezza, per un investimento di circa cento milioni di euro.
Contro quel provvedimento della Regione era stata proposta un’istanza di sospensiva dal Comune di Sona, che con l’allora sindaco Gualtiero Mazzi da subito si era dichiarato contrario a questo progetto per il fortissimo impatto che il Comune riteneva che avrebbe potuto avere sul territorio.
Nel marzo del 2014 era arrivata, però, l’ordinanza del TAR sulla richiesta di sospensiva del Comune, con la quale il sindaco di Sona aveva anche contestato la mancata partecipazione della Direzione per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto alla conferenza dei servizi nella quale si era trattato di questo impianto. I giudici amministrativi avevano respinto al mittente il ricorso del Comune di Sona azzerando, almeno così sembrava allora, ogni possibilità di impedire la costruzione di quel mega impianto.
A distanza di nove anni, invece, in questi giorni la parola fine viene messa proprio sulla realizzazione del campo fotovoltaico. Ma proviamo a ricostruire cosa è accaduto dal 2014 e come si è arrivati agli ultimi importanti sviluppi, con la problematica passata nel frattempo nelle mani dell’amministrazione del sindaco Gianluigi Mazzi e seguita dall’avvocato Stefania Cavallo dello studio Pasquini Cavallo Pasquali.
La contesa giuridica, dopo quell’ordinanza del TAR del 2014 di cui abbiamo accennato sopra, prosegue a causa del ricorso proposto dalle società Agricola San Francesco s.s. e San Francesco Energy A R.L. contro il Comune di Sona, il Ministero dei beni culturali, il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell’interno per la riforma della sentenza del TAR n. 649 del 2017 con il quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso delle due aziende. In particolare, il TAR aveva osservato che “L’autorizzazione conteneva la prescrizione che l’opera avrebbe dovuto essere iniziata entro un anno dall’11 ottobre 2012 e avrebbe dovuto essere completata entro 3 anni dall’inizio dei lavori, dunque al più tardi entro l’11 ottobre 2016. Dai documenti depositati in giudizio risulta che i lavori non sono stati iniziati né eseguiti (…). Ne consegue che alla data odierna i lavori non possono essere più eseguiti e che il ricorso è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse”.
Contro questa sentenza, come si diceva, le due società avevano proposto ricorso. Ed è da qui che arriviamo ai giorni nostri. Nella sentenza n. 8041 dello scorso 8 giugno il Consiglio di Stato, dopo aver dato in apertura formale ragione alle due ditte spiegando che erroneamente il TAR ha dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse, entra però nel merito della vicenda, indicando che nell’autorizzare il parco fotovoltaico “la Regione Veneto ha illegittimamente eluso la partecipazione della Soprintendenza dalla conferenza di servizi che ha approvato l’impianto fotovoltaico”.
“Tale estromissione – prosegue la sentenza – ha inficiato il procedimento privandolo degli apporti necessari dell’autorità preposta alla loro tutela”. Quindi nel processo autorizzativo del parco fotovoltaico “sono stati omessi i necessari approfondimenti e le opportune valutazioni in ordine alle caratteristiche dell’area, di rilevanza storicoculturale, territoriale e paesaggistica”.
In forza di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha respinto definitivamente l’appello delle due ditte e annullato la delibera della Giunta regionale del Veneto del 2012 che autorizzava la realizzazione del grande parco fotovoltaico.
Ma non è finita qui. Con un’altra sentenza dello stesso giorno, la n. 8040, sempre il Consiglio di Stato ha confermato il provvedimento del 2013 di vincolo indiretto della Sovrintendenza su quell’area. Con quel provvedimento la Sovrintendenza segnalava che la corte posizionata a nord della Grande Mela era già stata dichiarata di importante interesse culturale. La relazione a quel provvedimento dava, infatti, atto delle ricerche svolte, le quali hanno permesso “di accertare l’unitarietà della corte e del fondo agricolo di pertinenza, corrispondente all’area in esame, rimasta invariata dal 1745 fino al 1925. Il predetto contesto territoriale, il cui carattere agricolo si è conservato immutato nel tempo, è inciso da elementi funzionali e strutturali ancora leggibili, quali il viale di accesso alberato ed i percorsi collocati in asse con l’organismo architettonico ed è contraddistinto da un profilo uniforme ed omogeneo la cui natura pianeggiante, tipica dei fondi agricoli della pianura padano-veneta”.
La relazione prendeva poi in esame la zona circostante e osservava che a nord e a ovest essa è ancora agricola, occupata da colture tradizionali; sui lati rimanenti il suo aspetto originario è stato invece compromesso “dalla costruzione di vasti complessi commerciali, artigianali e industriali. A sud-ovest dell’area in questione sono stati realizzati impianti produttivi industriali, a sud-est sono stati edificati estesi centri commerciali dotati di ampi parcheggi, mentre in corrispondenza del lato est si collocano numerosi fabbricati commerciali e produttivi”; ritenendo quindi necessario contrastare “la compromissione già da tempo avviata”.
La relazione considerava, altresì, il progetto di impianto solare e riteneva di venire incontro all’esigenza di realizzarlo dividendo l’area in due zone, denominate A e B, la prima più prossima alla corte e sottoposta a tutela più intensa, la seconda più lontana e sottoposta a tutela meno intensa, con possibilità di installare i pannelli solari. Su queste basi, il provvedimento imponeva prescrizioni di tutela indiretta vere e proprie.
Per la zona A, il provvedimento prevedeva che fosse vietata “qualsiasi edificazione, seppure motivata da esigenze correlabili alla conduzione agricola”. Nella zona B, il provvedimento consentiva invece “la realizzazione di impianti solari fotovoltaici rimovibili, con moduli collocati a terra, purché non superiori all’altezza massima, misurata dalla quota attuale del piano di campagna, di ml 1,35. in tal caso dovranno essere previste opere di mitigazione con elementi arborei o con vegetazione che non dovranno superare l’altezza, dalla predetta quota, di ml 1,40”.
Le due società avevano impugnato anche questo provvedimento e, come si diceva, lo scorso 8 giugno il Consiglio di Stato, con la seconda sentenza, ha respinto pure questo ricorso, confermando i vincoli posti dalla Sovrintendenza. E mettendo forse definitivamente la parola fine sull’intera vicenda.