Di solito, all’inizio del nuovo anno scolastico che parte oggi anche a Sona, si fanno le raccomandazioni agli studenti. Questa volta invece vogliamo farle ai genitori.
La scuola italiana è radicalmente cambiata negli ultimi decenni,almeno per quanto concerne i rapporti con le famiglie, che vengono coinvolte nella vita scolastica, partendo dalla convinzione che questo possa migliorare il processo di apprendimento degli studenti. Tale apertura ha indubbiamente aspetti molto positivi, ma la cosa ultimamente è un po’ sfuggita di mano, portando con sé risvolti negativi sia per i discenti che per i docenti.
Per maestri, professori e dirigenti il rapporto con i genitori dei loro alunni è diventato molto complesso ed è spesso fonte di ansia e disagio. Per tante ragioni in Italia è progressivamente mancato il rispetto per la figura del docente e basta un nonnulla perché il lavoro di un anno scolastico o la reputazione di un professionista della scuola venga messa in discussione. Il fatto di essere stati tutti sui banchi da piccoli fa credere a molti di poter giudicare facilmente l’operato degli insegnanti, di poter avere la soluzione in tasca riguardo alle riforme e alla gestione degli istituti, addirittura avere chiare le idee riguardo al metodo più efficace da adottare per insegnare la matematica, le lingue, le scienze, il latino. Ci sono quelli che si sostituiscono addirittura ai figli, fanno i compiti al posto loro, chiedono continuamente attraverso lo smartphone foto per recuperare quanto fatto in classe la mattina, senza pensare minimamente di rimproverare i figli per non essere stati abbastanza attenti da segnare correttamente le indicazioni dell’insegnante. Oppure, di fronte ad una sanzione disciplinare li difendono, trovano scuse, mettono in dubbio l’operato dei dirigenti, senza nemmeno verificare i fatti. E questo non accade una volta ogni tanto, ma troppo spesso.
Va anche peggio quando ci si imbatte in madri e padri assenti o distratti, che considerano l’istituto scolastico alla stregua di un parcheggio o di un centro ricreativo. Di solito non si presentano mai ai consigli di classe, ai ricevimenti, alle elezioni dei rappresentanti; non controllano il libretto o il registro elettronico, non si interessano di cosa il figlio fa effettivamente a scuola. Tuttavia, sono spesso i primi a lamentarsi sui famigerati gruppi WhatsApp di classe. Per controllare i compiti e gli avvisi dei figli non c’è tempo, per scrivere un messaggio polemico sì, sempre. Non sfogliano mai i quaderni e i libri dei loro pargoli ma, di fronte ad un voto negativo, credono subito che la colpa sia del metodo inadatto del professore o della sua presunta scarsa capacità di coinvolgere gli studenti.
Poi ci sono ovviamente anche genitori rispettosi del lavoro degli insegnanti, che hanno compreso qual è il loro ruolo, che sanno stare accanto e si rivelano preziosi per la vita dell’istituto scolastico. Si attivano per comprare il sapone e la carta per le fotocopie, organizzano vendite delle torte a Natale per raccogliere fondi, si mettono a disposizione per il Piedibus, vanno (addirittura!) a votare i rappresentanti di istituto o si propongono loro stessi di farlo. Queste persone a volte riescono persino a ringraziare i docenti, a stringere loro la mano, a riconoscere la fatica e l’impegno, l’affetto nei confronti dei loro figli, anche a comprendere uno sbaglio. Sì, perché i docenti e i dirigenti a volte sbagliano, come sbagliano a volte i medici, i commercialisti, gli avvocati, i ristoratori. Non tutti, ma la maggior parte di loro ha scelto questo lavoro perché ci crede davvero, perché animata da passione e amore per la materia che insegna. Molti vogliono addirittura bene ai loro studenti, sì. Li chiamano spesso “i miei ragazzi”, “i miei bambini” perché li sentono vicini, passano tanto tempo con loro e ci parlano, li ascoltano quando stanno male, ridono con loro, li rimproverano quando non si impegnano ma poi li consolano e li incoraggiano quando sono tristi, conoscono la loro musica preferita, la squadra del cuore e a volte sanno persino di quale ragazzina o ragazzino si sono innamorati.
Insomma, la partecipazione alla vita scolastica degli studenti da parte dei loro genitori è stata una conquista recente e importantissima, ma è sbagliato concepire la scuola come un servizio, al pari dell’ufficio postale o dell’anagrafe comunale. La scuola è una comunità educante, che ha bisogno anche delle famiglie per favorire il successo formativo dei suoi studenti, ma nel rispetto dei ruoli e dei tempi.
L’augurio per la ripresa della scuola è quindi questa volta rivolto ai genitori, nella speranza che quello che inizia oggi sia un anno scolastico positivo, fatto di dialogo, fiducia, collaborazione reciproca tra docenti, studenti e famiglie. Che sia un anno di genitori “con” la scuola, non “contro” la scuola, in cui ognuno possa essere messo nelle condizioni di svolgere al meglio il proprio compito. La scuola ha bisogno di fiducia, dialogo, confronto e supporto, ma non si può pensare che il genitore si sostituisca all’insegnante o, peggio, che l’insegnante si sostituisca al genitore. Fare i genitori è difficilissimo e spesso un lavoro ingrato. Anche fare gli insegnanti lo è, ma senza ingerenze negative o confusioni di ruoli è davvero possibile convogliare gli sforzi verso l’unico obiettivo che interessa entrambe le parti: crescere cittadini autonomi, liberi, equilibrati, sereni e, se possibile, istruiti. Insieme.