Non hai più la folta chioma, grande pianta che adombravi il sagrato della vecchia chiesetta nella contrada di San Rocco; il forte vento e la tempesta di un rovinoso temporale, in una notte di mezza estate, te l’ha strappata ed è stramazzata sul prato e sulla vicina strada. E’ rimasto soltanto il tronco capitozzato.
Per almeno due secoli hai fatto da guardia, stagione dopo stagione, al tempio sacro, cambiando soltanto il vestito con il giusto tuo ciclo vegetativo. Alto e frondoso, sembravi eterno; eri l’emblema di questo luogo sacro, fotografato e ricordato, sempre in armonia con la tua vicina chiesetta.
Attorno al tuo robusto fusto generazioni di persone si sono fermate a raccontarsi le vicende belle e brutte della vita. In silenzio hai ascoltato il gioioso vocio dei ragazzini che giocavano ai tuoi piedi, i discorsi civettuoli delle comari, le tenere confidenze degli innamorati, i lunghi sussulti e sospiri delle persone addolorate.
Con la tua ombra hai dato ristoro al viandante accalorato nelle giornate assolate dell’estate, un momento di riposo a quello stanco durante la sua piacevole passeggiata. Fra i tuoi rami si annidavano gli uccelli che, allevando i loro piccoli, si cibavano delle tue pirle, dolci drupe a maturazione autunnale, e la brezza accarezzava le tue foglie creando una dolcissima melodia.
Ora chi ci sarà al tuo posto a raccontare le nostre gioie e i nostri dolori, oh albero sempre presente, muto e guardingo di questo borgo, cresciuto davanti alla chiesetta di San Rocco? Forse metteranno un lampione e una telecamera, mezzi moderni, ma non sarà la stessa verde, viva, romantica cosa.