Come facevamo quando non esisteva WhatsApp? O meglio: come potevamo vivere, organizzare cose, amarci, odiarci, andare a scuola quando non c’erano i gruppi WhatsApp?
Eppure. Eppure abbiamo fatto le elementari, le medie, i regali alle maestre, abbiamo recuperato i compiti se eravamo ammalati, ci siamo detti grazie e prego.
Il fenomeno dilagante dei gruppi WhatsApp, che prevalentemente riguarda le mamme, è oramai fuori controllo: gruppi per ogni cosa, per ogni attività, fertile terreno per fare finta di fare i genitori interessati alla vita dei figli mentre si fa altro. Magari su altri gruppi WhatsApp.
Come sempre è la scorciatoia dei pigri. Troppa energia dire al figlio di chiamare (inteso come telefonare, andare con la bici, a piedi, in treno, con il tappeto volante) il compagno per chiedergli i compiti. Meglio un veloce smanettare sulla tastiera da mamma a mamma.
Non si può aspettare domani per vedere se la felpa è rimasta a scuola meglio tic tic tic. Così il figlio se ne rimane a sua volta sul divano a chattare con i suoi 300 altrettanto inutili gruppi WhatsApp invece di cogliere l’occasione per prendere, andare, rimanere male perché la felpa non c’è, vedere come è fatta la casa dell’amico, dire alla maestra che no, i compiti non li ha fatti e accettarne le conseguenze.
Se siete mamme, più o meno dipendenti dai gruppi, sapete già di cosa sto parlando. Se non lo siete, non sarete mai inondate di un milione di notifiche e faccette e caffè e grazie e prego e ciao da persone di cui non sapete nulla perché non le avete mai viste e mai le vedrete.
A cosa serve vedersi e conoscersi? Tanto ci sentiamo in chat.
Se va bene, nel profilo c’è la foto (anche se a volta si mette quella del proprio animale domestico così messaggiamo con un gatto); ma niente è più deleterio dell’Effetto Branco che ho visto con i miei occhi, nascere online. Tanto ci protegge un display.
Ho visto dei “tutti contro uno” da insospettabili mamme perbene che nemmeno al Costanzo Show. Le ho viste gioire per la bocciatura di un povero bambino di un’altra classe che altrimenti avrebbe contagiato una classe perfetta (la ruota gira per tutti non lo sapevate?) con tanto di emoticons di applausi, faccette, fiori e stelle.
Ho visto gruppi di persone adulte scagliarsi (on line, eh) contro una bambina colpevole di essere distratta e di appropriarsi di quadernoni di figli perfetti. Ho visto amplificare e strumentalizzare parole di insegnanti e allenatori di calcio. Il tutto senza guardarsi mai in faccia.
Mentre i ragazzi non decidono, non rimangono male, non rimangono bene, i ragazzi, i bambini rimangono passivi davanti a tanti inutili bip.
Benarrivata tecnologia, benarrivato qualsiasi mezzo ci aiuti a comunicare con qualcuno ma attenzione: stiamo andando sempre più verso il comunicare contro qualcuno. Gli uni contro gli altri pieni di bip, e vuoti d’altro.
Non mi sembra granché, ecco.