L’uomo che sussurra ai camosci

Tanti lo ricordano come il “professore buono” che per trentadue anni ha insegnato storia dell’arte alla scuola media Virgilio, ma a Sona tutti lo conoscono anche come “l’uomo che sussurra ai camosci”: è Bruno Leoni, quasi settant’anni, ma lo spirito è quello di un ragazzo.

 

Alpinista per passione, è anche un grande esperto della flora e della fauna del Baldo, che frequenta da trent’anni almeno due volte a settimana. L’esperienza, la tenacia e l’entusiasmo gli hanno permesso di diventare familiare a camosci e marmotte, a caprioli e galli forcelli, che gli consentono non solo di avvicinarsi, ma anche di scattare qualche foto, da mostrare ai ragazzi nelle scuole e ai tanti adulti che seguono i suoi corsi nelle università popolari della zona. In pensione da tre anni, Leoni ha infatti potuto fare della propria passione un’occasione educativa, organizzando, in collaborazione con gli istituti della provincia, uscite didattiche mattutine e notturne alla scoperta dei fiori e degli animali del Baldo, precedute da lezioni tematiche sulla conformazione del territorio e sulle peculiarità dei suoi curiosi abitanti.

 

Curiosi, proprio perché ognuno ha la sua storia, come racconta il professore: «C’è il camoscio adulto che passa il testimone a quello più giovane e va a morire lontano dalla vallata su cui ha sempre dominato; c’è la marmotta prudente che, mentre le compagne giocano, preferisce stare immobile a guardare, divenendo però facile preda dell’aquila che la sorprende alle spalle; c’è poi il falco pellegrino, che sfiora in picchiata i trecento chilometri orari, a cui nessuna preda può sfuggire».

 

Sono storie che lasciano emergere la crudeltà della legge naturale, ma anche il fascino di un mondo in cui giorno dopo giorno si lotta per la sopravvivenza e la perpetuazione della specie. Si è soliti pensare che questi concetti siano applicabili solo agli animali, invece, come Leoni sottolinea, anche in relazione alla flora si può ammirare qualcosa di simile: «Ci sono fiori che assumono la forma di piante velenose per sopravvivere, si vedono foglie che “lottano” per la luce, e radici che si accavallano l’una con l’altra per allargarsi sulla superficie». Ma il Baldo accoglie anche i più piccini, a cui il professore insegna a non avere paura del buio e a mettersi in ascolto dei suoni della notte: sono gli «elfi» che lavorano, che «strigliano il pelo alle marmotte», che «disegnano le gobbe della luna» e che «lucidano le stelle ad una ad una».

 

Leoni si definisce un «amico della montagna»: quando, da giovane, visitava il Trentino alla scoperta delle sue meraviglie era ancora, come ogni uomo, ospite inatteso per gli animali del luogo; ora, dopo anni di esperienza, e dopo aver spostato il proprio interesse sulle cime veronesi, si è fatto accettare come se fosse uno di loro. Rifà il verso al gallo forcello, chiama le marmotte con un fischio acuto e prolungato, comunica con i camosci imitando il loro soffio. Secondo lui, la montagna può essere goduta da soli, in quei momenti in cui si ha bisogno di fuggire dalla quotidianità per mettersi in ascolto del proprio cuore, o in compagnia, per sentire la gioia di un’emozione condivisa. Ma ogni volta, per lui, il Baldo è esperienza straordinaria, che lo ringiovanisce e lo rinvigorisce, e che gli «riempie il cuore d’amore».

 

Federica Valbusa

Da “L’Arena” del 28 luglio 2010

 

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