Ci sono vocazioni che, dopo aver bussato alle porte della vita, spesso in giovane età, iniziano a battere nel cuore delle persone sotto forma di passioni e, imponendosi nell’anima con un ritmo incessante, premono per essere coltivate. Nei casi più fortunati, queste vocazioni riescono a trovare, nei percorsi esistenziali, quelle condizioni favorevoli che permettono a chi le coltiva di vederle, prima o poi, trasformate in sogni realizzati. È stato così per il batterista Erik Spedicato, fondatore e presidente della Onemusic Academy di Lugagnano.
Oggi, quel bambino che si divertiva a tenere il tempo agli zii appassionati di musica, che suonavano – e ancora adesso suonano – tastiera e chitarra, è riuscito a fare del suo amore per la batteria un lavoro.
E, guardando al percorso che lo ha portato fino a qui, dice: “Non avevo premeditato che le cose andassero così, eppure se mi guardo indietro mi sembra che fosse tutto scritto. Mi sento molto fortunato, e confesso che a volte ho paura di svegliarmi e scoprire che finisce un sogno”.
E così, mentre in un’aula della scuola intervisto questo 42enne appassionato di quello che fa, mi interrogo sul meraviglioso miracolo che si realizza quando qualcuno riesce a portare a fioritura il seme di una vocazione, quando quello che inizialmente era soltanto un sogno in un cassetto trova poi il modo di trasformarsi in un progetto realizzato.
Le vocazioni, che ci sollecitano a far fiorire l’unicità delle persone che siamo, parlano dentro di noi, come un ritmo di sottofondo, anche quando la vita sembra imbrigliata in altre melodie, nelle quali però non ci riconosciamo: “La passione per qualcosa è un demone – dice Erik -, non ti lascia in pace mai. Io, che mi ero iscritto all’alberghiero, sentivo di aver sbagliato scuola, non riuscivo a vedere un futuro. Consideravo la scuola una grande perdita di tempo. La batteria mi è entrata nelle vene spontaneamente. La suono da quando ero in terza media e in terza superiore, quando ho cominciato a studiarla seriamente, mi ha letteralmente rapito”.
Una sera Erik vede alla televisione il grande batterista Tullio De Piscopo e decide che avrebbe voluto studiare con lui nella sua scuola di Milano. Si presenta per il provino: “Sono arrivato con una cassettina: volevo fargliela sentire per chiedergli se avrebbe potuto insegnarmi il famoso assolo di batteria contenuto in quel live. Lui la fece cadere per terra, si ruppe, uscì il nastro. Io allora mi arrabbiai, mi offesi tantissimo. Lui se ne accorse e, dopo il provino, mi prese da parte dicendomi che era dispiaciuto, che me l’avrebbe ricomprata. E che ero stato preso”.
Inizia quindi un periodo di studio durato tre anni. “Lavoravo quattro giorni a settimana in pizzeria per pagarmi la scuola, e ogni quindici giorni, il sabato pomeriggio, andavo a Milano”.

Erik si è poi diplomato all’Accademia di musica moderna di Franco Rossi. Negli anni ha studiato con alcuni grandi batteristi, come ad esempio gli americani Bruce Becker e Skip Hadden, e in futuro gli piacerebbe iscriversi al triennio di jazz al conservatorio: “Mi piacerebbe farlo perché non vorrei mai smettere di studiare”, spiega.
Erik parla anche di quanto sia stata importante la batteria nei momenti difficili della sua vita: “La musica, come tutte le cose che fanno breccia dentro di noi, ha un potere terapeutico. Con me è stato così, perché attraverso la musica io ho sentito di valere. Non mi sono buttato via in altre cose. La musica mi ha offerto un guscio che mi ha protetto e mi ha permesso di impegnarmi”.
Erik si racconta come un uomo timido e introverso, che si “carica nella solitudine” e si “scarica nel casino”. E forse è stato anche per questo che ha scelto la batteria, perché nei concerti il batterista è normalmente il musicista che “sta dietro”.
La sua passione per la musica è attraversata da una tensione riflessiva ed etica, che nasce da un’inclinazione al pensiero e all’approfondimento che lui, innamorato della filosofia e curioso lettore di libri, esprime nel suo modo, affascinante e mai scontato, di raccontare quello che fa: “Sono sempre stato incline a farmi domande, non mi bastano risposte aforistiche”, dice.
E così, quando ai tempi delle superiori la sua ragazza di allora gli ha prestato un manuale di storia della filosofia, lui si è innamorato: “Ho letto dalle 14 alle 19 di un pomeriggio di sole estivo, ed è successa una magia”.
Secondo lui, uno dei problemi di oggi è che si è persa la voglia di fare una musica fine a stessa: “In questa società la musica non riesce a sfuggire al consumismo – dice, – cioè al dover monetizzare a tutti i costi. Io penso invece che occorra avvicinarsi alla musica con etica, e ciò significa aver capito che la musica è un percorso meraviglioso per arrivare a conoscere in modo profondo chi siamo”. E ancora: “Un musicista non deve suonare per mostrare che è bravo, ma deve fare un servizio alla musica. Insomma, se usi un brano per far vedere la tua bravura, sei già uscito dal binario”.
Erik ha accompagnato dal vivo artisti e band, fra cui Ridillo, Ska-J, Maler, Omar Pedrini, Montefiori Cocktail, Mauro Ottolini e Titti Castrini, e ha arrangiato moltissimi brani. È attivo con i “Movie Project” in un progetto in cui l’amore per il cinema e per la musica si fondono in uno spettacolo che ha per protagoniste le colonne sonore dei film più famosi e indimenticabili.
Un progetto più recente, che nasce proprio da un’idea di Erik, è invece quello del Terramadre Ensemble, impegnato nel concerto “Banco… di Terra”, capolavoro di rock sinfonico del Banco, recentemente eseguito a Lugagnano presso il Club Il Giardino.
Nel 2006, Erik ha fondato la Onemusic Academy, e oggi condivide la sua passione per la batteria con diversi allievi, che si affidano a lui per imparare a suonare uno strumento che di primo acchito può sembrare semplice ma che invece non lo è affatto.
E una delle cose che Erik insegna è fare i conti con la frustrazione, un’emozione che il musicista si trova ad incontrare tutte le volte che qualcosa non gli riesce: “Il musicista deve misurarsi con una frustrazione continua, che rappresenta però anche un’opportunità di crescita. Si tratta di un’emozione che bisogna imparare ad accettare e che permane per più tempo se le si dà peso. Ciò che spesso fa sbagliare quando si cerca di fare qualcosa è pensare di non riuscirci”.
La vocazione alla musica è quindi diventata, negli anni, anche vocazione al suo insegnamento, missione che Erik porta avanti a Lugagnano con tanta cultura e tanto entusiasmo. Perché se è vero che la passione muove il mondo e fa fiorire la vita, è anche vero che c’è bisogno di maestri che si prendano cura delle passioni dei loro allievi, insegnando loro come coltivarle.