L’estate (musicale) dei pazzi furiosi

Capita spesso che, soprattutto durante l’estate, ci siano mode, tormentoni, oggetti e costumi che diventano poi una sorta di collocamento socio-culturale che ne alimenta il ricordo.

Che so, cito proprio a random: negli anni ’60 le gonne mini, abiti a trapezio, stampe geometriche, stoffe sintetiche, nylon o color metallo; negli anni ’70 pantaloni a zampa d’elefante, maglie floreali, tute attillatissime e maniche larghe; negli anni ’80 collant strappati, t-shirt extra large, giacche di pelle cortissime, maxi gioielli e trucco esagerato.

Negli anni ’90 jeans a vita alta (in abbinamento alla giacca in denim), camicie a quadri di flanella, maglioni over,  felpe colorate, vestiti-sottoveste, maglie corte per mostrare l’ombelico. Gli anni 2000 lanciano i perizomi a vista, le canotte bianche, i pinocchietti, i cardigan, le cinture sottili.

Mi fermo qui, peraltro essendomi limitato a ricordare solo le mode nell’abbigliamento, allo scopo di introdurre il discorso sul cambiamento dei gusti e delle tendenze. Cerchiamo sempre, come è logico che sia nella nostra natura umana, di cambiare, inventare, innovare. A volte lo facciamo noi, spesso invece sono proprio gli influencer (termine abusato negli ultimi anni attraverso l’esposizione social, ma in realtà riferito a figure da sempre presenti nel world business) a indirizzarci.

In questa estate 2023 ci sono due “mode” imperanti del mondo della musica, che però davvero poco hanno a che fare con il desiderio di lanciare nuovi look o passioni.

La prima è quella del “dissing”, termine con il quale si intende la pubblicazione social di una critica di un personaggio famoso verso un altro. Salmo contro Luchè, J-Ax contro Meneguzzi, Samuele Bersani contro Sferra Ebbasta, giusto per citare i più noti.

Non prendo posizioni: primo perché non ci casco e non ci voglio cadere, secondo perché questo non è il punto. Il punto è la perversione mentale del concetto di fondo. Invece che confrontarsi tra di loro, farsi una telefonata, farsi un messaggio privato (manager e mezzi non mancano di certo) gli artisti si criticano a distanza non citando direttamente il destinatario del messaggio ma facendolo capire inequivocabilmente, in modo da utilizzare la leva della massa per creare critiche incrociate e far rimbalzare in rete quello che sostanzialmente è un nulla cosmico.

Posso dirlo chiaramente? Al di là della spasmodica ricerca di creare una alimentazione di marketing di immagine, siamo di fronte ad un giochino di basso livello con un livello di infantilismo davvero preoccupante.

Perché gettare fuoco per sviluppare un odio mediatico di questo tipo? Ma siamo certi che ne valga la pena? Secondo me gli attori di questa buffonata fanno solo una pessima figura.

Ho parlato però di “due mode”. Ce n’é un’altra, sempre legata alla musica, ancor peggiore di questa. La moda mondiale 2023 è quella di lanciare violentemente oggetti contro i cantanti durante i concerti.

Tutto in luglio e agosto: a New York Bebe Rexha è stata colpita da un telefonino lanciato dal pubblico e ne è uscita con ricovero ospedaliero e occhio nero. Lil Masti a Stoccolma è stata ferita a un ginocchio dal lancio di un sex toy, Pink a Londra si è vista lanciare sul palco (caso meno violento ma macabro) le ceneri della mamma di una fan. Harry Styles l’otto luglio a Vienna è stato ferito ad un occhio, dopo che aveva già avuto episodi simili l’anno scorso.

In Italia Elettra Lamborghini è stata colpita da una bottiglia piena (peraltro nelle perquisizioni all’entrata dei concerti di solito viene vietato di portarle con sé), mentre Baby K a contatto con una ressa di fan ha subito una aggressione che le ha procurato un trauma al seno che l’ha vista costretta a sospendere il tour.

Ma cosa sta bruciando nel camino di  queste menti perverse? Perché tanta violenza,  attuata in un ambiente in cui le persone vanno appositamente a vedere un cantante evidentemente di gradimento (altrimenti che andarci a fare?). Non me ne faccio una ragione, perché fare del male? Capisco che Elettra Lamborghini e Baby k siano due icone che di artistico hanno veramente poco (e sono buonista…), ma lanciare cose, ferire. No, non esiste: se un artista non piace non lo si segue, non lo si ascolta. Si critica, nei modi e luoghi consentiti, ma ripeto, la violenza no, proprio no. Non è tollerabile.

Ha fatto bene Adele, lo scorso 5 luglio a Las Vegas a presentarsi con uno sparamagliette sul pacchetto dicendo provocatoriamente al pubblico “se provate a tirare qualcosa vi uccido”.

Fermiamo questi pazzi, perché la musica è fatta di note, emozioni, sogni. Non c’è spazio per chi pensa di usarla per fini di un incomprensibile protagonismo becero. Tolleranza zero, sempre e comunque.

Massimo Bolzonella nasce a Verona il 13 maggio 1965 intorno alle ore 22. Giornalista pubblicista dal 1991, ha prestato la sua voce alla radiofonia veronese per quasi 40 anni. Scrive e vive di musica Italiana, ha curato la comunicazione web di Umberto Tozzi per 12 anni. Sposato, ha due figli, due gatti e un cane. La frase della sua vita è "Sai dove vado adesso? A farmi il mondo", pronunciata da John Travolta nel film "Stayin'alive" dopo il trionfo da primo ballerino a Broadway.