Ci sono storie che escono dall’ordinario, che marchiano a fuoco l’esperienza di chi le vive. Dalla penna zampilla inchiostro di parole vere e frutto di esperienze straordinarie e incredibili, distanti dalla nostra quotidianità ma già percepibili da chi viaggia e visita Paesi e culture diverse dalla nostra.
Sulle colonne del nostro sito raccontiamo una storia terribile e incredibile, una disavventura capitata a Teheran a inizio ottobre scorso a Francesco Bastiani, che i nostri lettori hanno già conosciuto in un’intervista sul numero del Baco in edicola.
La peripezia di Francesco è iniziata il 7 ottobre, il secondo giorno del viaggio che, come è consuetudine nel suo lavoro in un’agenzia di viaggi, ha intrapreso con un gruppo di turisti.
“Durante l’ultima visita al museo della capitale iraniana – racconta Francesco –, una moto è passata accanto a me ad alta velocità, e il conducente mi ha strappato il borsello che avevo a tracolla, in cui tenevo poche centinaia di euro, il passaporto, il cellulare e le medicine”.
Francesco ha fatto comunque proseguire le tappe del viaggio del gruppo, che è partito con un volo per Shiraz presso il Museo Nazionale insieme alla guida locale. “Nel frattempo io mi sono fermato per fare la denuncia del furto subito e ottenere un documento sostitutivo del passaporto, necessario per rientrare in Italia. Ma non è stato affatto semplice – asserisce Francesco. – Sono stato obbligato a girare per tre caserme della polizia, presso cui ho ricevuto sempre le medesime domande in merito all’accaduto. Non notavo sviluppi a livello burocratico. Per ultimo – il tono della voce assume una nota di rammarico e accoramento – vengo portato anche in tribunale. ‘Perché viene accompagnato qui il derubato e non il ladro?’ chiesi”.
La risposta fu sbrigativa e molto pragmatica: occorreva fornire le autorità dei codici di sblocco dell’i-Phone al fine di autorizzarli alle ricerche. Il giorno successivo, viaggiando sempre in taxi accompagnato da un poliziotto e dalla sua corrispondente e traduttrice, Francesco è riuscito a ottenere il documento di permesso provvisorio, e al terzo giorno dal furto ha noleggiato una macchina e raggiunto il resto del gruppo a 150 km di distanza.
Il viaggio proseguì senza novità eclatanti fino al giorno previsto per il rientro in Italia: “Superato il primo controllo all’aeroporto e imbarcate le valigie senza problemi, ci dirigiamo all’ultimo controllo prima dell’imbarco. Consegno il mio documento al poliziotto di turno, ma mi dice che è necessario il visto d’uscita”. Nonostante Francesco avesse spiegato la sua disavventura e specificato che possedeva tutti i documenti fornitogli dalla polizia iraniana, non ci sono stati sviluppi positivi per lui.
“Dopo che ebbi salutato il gruppo che nel frattempo superò i controlli, recuperai la mia valigia, grazie anche al prezioso aiuto che mi diede un gentilissimo signore iraniano, e prenotai un albergo”. Da quel momento per Francesco è iniziato un vero e proprio rimbalzo tra uffici, firme, timbri istituzionali e procedimenti burocratici: “Al Ministero dell’Emigrazione in Iran mi hanno riferito di non aver ricevuto alcuna denuncia, tradotta in persiano, da parte del Consolato italiano. Così dovetti rifarmi un nuovo documento di soggiorno temporaneo, che nel frattempo era scaduto. Una vera e propria odissea, mi sono sentito in ostaggio della burocrazia. Più volte in camera in albergo ho pianto”.
La luce in fondo al tunnel è trapelata il 16 ottobre, quando a Francesco hanno preso le impronte digitali e consegnato il documento con il visto. Quattro giorni dopo. “Il 17 ottobre alle ore 1.30 sono riuscito a prendere il volo e rientrare a casa”.
Ma la storia non finisce qui: “Alla vigilia di Natale mi hanno chiamato dall’Iran per dirmi che hanno preso il ladro e il mio i-Phone. La presenza in tribunale, quindi, non è stata vana”.
Alla luce di quanto raccontato, è evidente che viaggiare è una passione costituente del dna di Francesco: “Sono stato in Iran sette volte, e l’intenzione di tornarci c’è. Il popolo iraniano è meraviglioso: con diversi mantengo una certa corrispondenza e molti sono stati sensibili e altruisti nei miei momenti di maggiore difficoltà”.