Lasciamo fuori gli Amministratori comunali dalla polemica sui 600 euro di bonus

Quando il 3 gennaio 1947 l’allora Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi dovette recarsi negli Stati Uniti per riuscire ad ottenere garanzie economiche per provare a risollevare il nostro Paese dalle drammatiche condizioni in cui versava dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, fu costretto per l’occasione a farsi prestare il cappotto dal Ministro Attilio Piccioni, perché non ne possedeva uno decoroso e non voleva sfigurare in visita alla Casa Bianca.

Altri tempi, sicuramente, ma sono immagini che tornano forte alla mente in questi giorni nei quali la classe politica italiana è nel ciclone per la vicenda della richiesta da parte di alcuni parlamentari e di amministratori locali del bonus 600 euro destinato dal Decreto Cura Italia alle partite Iva durante l’emergenza Covid.

Il coro unanime di protesta che si è alzato dal Paese è giustificato e fondato. Nel momento in cui la nostra Italia sta attraversando la congiuntura economica peggiore dal secondo dopoguerra, suona terribilmente stonato, pur se formalmente legittimo, che rappresentanti delle istituzioni che ricevono in alcuni casi anche 12mila euro di stipendio mensile accedano ad una forma di sovvenzione pensata per ben altre esigenze.

Eppure, in questa marea montate di giusta indignazione, vanno fatti dei distinguo importanti per evitare che quella che costituisce una sacrosanta protesta civica si trasformi in una assurda caccia alle streghe. Sarebbe, infatti, un errore e un’ingiustizia che questa polemica investisse anche gli amministratori comunali, e parlo soprattutto di quelli dei piccoli e medi Comuni, come Sona.

Il lavoro di Consigliere comunale, di Assessore e anche di Sindaco si avvicina parecchio al volontariato. Anche, e forse soprattutto, se ne consideriamo le responsabilità ed i pesi che ne derivano.

Mentre davanti agli occhi ci passano, infatti, quei dodicimila euro al mese di cui parlavamo sopra, è giusto ricordare che i Consiglieri Comunali, di maggioranza e di minoranza, vengono invece pagati a gettone di presenza. Per dare qualche numero, a Sona il loro compenso medio dei primi sei mesi di questo 2020 va dai 32 ai 75 euro netti al mese. Per un totale annuo che, per dire, rende loro addirittura improponibile sostenere un’assicurazione personale, in quanto il premio risulta superiore a quanto percepito.

Poco più a Sona, come altrove, percepiscono Vicesindaco, Assessori e Presidente del Consiglio comunale, che a seconda del ruolo e della tipologia di regime personale, se a partita IVA o dipendente, sommano un compenso che va dai 500 ai 1.100 euro netti al mese. Arrivando al Sindaco che mediamente percepisce un importo mensile di 1.900 euro. E tutti, soprattutto il Sindaco ma anche le altre figure citate, con responsabilità gravi ed importanti (basti pensare ai mesi della vicenda Covid) e con un impegno che è quotidiano e che spesso comprende anche i giorni festivi e quasi sempre pure le ore serali. Anche in questo caso, senza alcuna previdenza e senza assicurazioni di sorta, alle quali si deve provvedere di tasca propria.

Come si vede, non siamo nemmeno lontanamente vicini ai valori economici di quanto percepito da Consiglieri Regionali, Assessori, Governatori, Deputati e Senatori. A fronte però di un lavoro che, in alcuni casi, supera quello degli amministratori di rango superiore e con sacrifici che investono il proprio lavoro (nessuno a livello locale vive di politica) e, spesso, anche la serenità famigliare.

La vicenda dei 600 euro è brutta, e merita di essere stigmatizzata dall’opinione pubblica, anche con i toni duri di questi giorni. Ai nostri governanti e amministratori, infatti, diamo il nostro voto e la nostra fiducia e quindi da loro pretendiamo dedizione assoluta alla cosa pubblica e comportamenti consoni al prestigio e all’importanza dell’incarico che svolgono.

Ma evitiamo di buttare, come si diceva una volta, il bambino con l’acqua sporca. Questa storiaccia di mezza estate non ha nulla a che fare con il lavoro svolto dagli amministratori locali dei tanti Comuni della provincia veronese, anche se alcuni di loro avessero richiesto quel bonus per le loro attività professionali private.

Si tratta di donne e uomini che giorno su giorno incarnano il volto vero dello Stato, realmente e costantemente vicini ai cittadini e alle loro necessità quotidiane, e certo non per motivi economici.

Nato nel 1969, risiede da sempre a Lugagnano. Sposato con Stefania, ha due figli. Molti gli anni di volontariato sul territorio e con AIBI. Nella primavera del 2000 è tra i fondatori del Baco, di cui è Direttore Responsabile. E' giornalista pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Veneto. Nel tempo libero suona (male) la batteria.