La versione di Erik: Un giorno qualsiasi, il destino di ciascuno (e la musica nello spazio)

I fatti della nostra vita, si susseguono senza sosta e osservandoli dalla prospettiva del presente sembrano solo un’accozzaglia di eventi. Friedrich Nietzsche sosteneva che la vita non ha un senso dato da entità superiori: è caos e l’uomo deve riuscire da solo, con la volontà, a dare un suo senso personale a questo caos.

C’è sempre un giorno in cui il nostro destino viene a prenderci; un giorno che apparentemente sembra uguale a tutti gli altri, ma poi scopriremo che non è così. Sarà solo molto tempo dopo, tornando indietro con la memoria, che ci apparirà il vero senso di quella giornata particolare.

Da uomo mi trovo sempre più spesso ad avere dei lampi di memoria. Mi succede mentre cammino, o la sera prima di dormire, che un ricordo sepolto dal tempo venga a trovarmi. E’ una cosa a cui inizialmente non davo peso, ma che col tempo ho imparato ad apprezzare. Un viso, la luce di un giorno, un odore, tutto può scaturire un ricordo.

Così eccolo lì davanti, un giorno dimenticato, e noi che finalmente, dopo tanto tempo, riusciamo a dargli un significato, a vedere il nostro cammino tra cause ed effetti.

Solo il nostro inconscio ha il potere di far emergere i messaggi più profondi, ci mostra le nostre inclinazioni, custodisce il nucleo soggettivo di ogni persona e la sua pulsione a individuarsi, la sua specifica caratteristica individuale.

L’idea di questo articolo nasce da qui, da un ricordo lontano, quando scoprii per la prima volta, senza saperlo, la mia vera natura di educatore.

Fu all’incirca a undici anni, una domenica come tante. Durante l’inverno avevo frequentato dei corsi di sci organizzati dal C.A.I. e avevo imparato a sciare abbastanza bene. Quel giorno andai in montagna con mio padre e una compagnia di persone tra cui una donna che non aveva mai sciato (la montagna può essere molto “cattiva” con chi non ha esperienza).

Salimmo in cima ad una pista non troppo facile, e la paura prese il sopravvento di questa persona. La situazione si fece difficile perché nessuno riusciva a convincerla a provare a scendere. Nessuno capiva il blocco emotivo di questa persona, dato dalla paura di non saper proprio come fare.

In quel momento apparve in me un istinto innato, una forma di saggezza calma e tranquilla. Ricordo di essermi avvicinato a lei e di aver cominciato a spiegarle cosa significasse scendere da li. Per me era un insieme di gesti da compiere con consapevolezza e calma, che io mi sentivo di poter spiegare, e iniziai a farlo. La donna inizialmente incerta e sfiduciata cominciò ad ascoltarmi, e così insieme abbiamo fatto una prima diagonale lenta verso il basso; poi la curva. Molto lentamente e non senza fatica siamo scesi da quella pista. Lei aspettava le mie indicazioni e più di una volta, cadendo si lasciò andare allo sconforto.

“E’ normale cadere, è la prima volta che provi, abbi pazienza”, le dicevo, era come se non fossi io a parlare, ma una voce fuori campo. Arrivati giù era parecchio arrabbiata con chi l’aveva convinta a venire, minimizzando le difficoltà o forse era arrabbiata con se stessa per essersi esposta alle sue fragilità.

La cosa decisiva per me fu l’esperienza del trasmettere, e nel farlo, di sentirmi competente. Era il mio destino che appariva e io non potevo sapere, ma quella sensazione è rimasta dentro di me.

Trovo questo tema affascinante e capace di dare valore anche ai giorni più normali.

C’è un filo che unisce i fatti della nostra vita, e il destino è spesso un disegno più grande del tempo della nostra esistenza. Per molti artisti nella storia, il destino si è compiuto anche molto tempo dopo la loro morte.

Vorrei farvi un esempio abbastanza curioso e credo sconosciuto ai più.

Nel 1977 la Nasa lanciò nello spazio i “Voyager Golden Record”, due dischi d’oro contenenti musica, immagini e discorsi significativi, con l’obiettivo di far conoscere ad altre forme di vita, tutto ciò che conta del nostro pianeta.

Non credo che Louis Armstrong, Chuck Berry, Bach e Beethoven, avrebbero mai potuto immaginare in vita che la loro musica sarebbe finita nello spazio, ma evidentemente era nel loro destino.

Come unica fonte di riflessione vi invito quindi a guardare e ascoltare qui sotto i “Voyager Golden Record”, con le sue immagini e le sue musiche, che oltre ad essere una meravigliosa opportunità per riflettere sul magico tema del nostro destino, è anche un’opera dal forte impatto simbolico e artistico. Per nostra fortuna oggi è alla portata di tutti.

Batterista veronese classe 1976, suono e insegno musica con passione da molti anni. Amo la filosofia e la bellezza che sta in tutte le cose semplici.