La versione di Erik. La mancanza è desiderio: analisi (di un batterista) di come la privazione ci faccia crescere

Paper airplane in children hands on yellow background and blue sky in coudy day

Ero un ragazzo pieno di brufoli e sogni quando ho iniziato a sfogare le mie insicurezze adolescenziali dietro ad una batteria.

Sono passati quasi trent’anni da quegli esordi ma il loro ricordo è vivo dentro di me e non posso dimenticare l’odore di muffa che aveva quella sala prove dove, una volta la settimana, andavo a suonare con una band di parenti e amici. Era un posto veramente poco salutare anche se ai miei occhi appariva come una specie di santuario magico, una mecca.

Così, durante la settimana, suonavo con dei cucchiai su una sedia di pelle, cercando di accompagnare i dischi dei miei idoli, mentre aspettavo il sabato pomeriggio per poter suonare una vera batteria acustica. Quel negozio musicale ha ormai chiuso da molti anni per lasciare spazio a un ben più serio studio di architettura e con il tempo ho avuto a disposizione sempre più spesso una batteria tutta per me.

Sapete cosa ha avuto il potere di accendere la mia passione? Se dovessi rispondere con una sola parola direi che per me è stata proprio la “mancanza di mezzi”. Come possiamo guardare le cose con desiderio se non sentiamo mai lo stimolo di una mancanza?

Non capivo all’epoca cosa mi stesse succedendo e che valore avrebbe avuto per me in futuro quel periodo ricco di privazioni. Mi capita oggi di sorridere quando sento qualcuno lamentarsi, perché all’insufficienza di strumenti non so più dare solo un valore negativo.

La mancanza ha suscitato in me un desiderio profondo da cui attingo ancora oggi e questa, ripensandoci bene, è stata proprio la prima grande lezione che mi ha dato la musica. Il desiderio per me è un atto di fede, perché aspiriamo a qualcosa che non c’è ed è una delle cose più importanti della vita. Come possiamo vivere senza desiderio?

Osservo spesso persone che non sanno più sognare, annoiate ed emotivamente stanche. La causa principale per me è proprio da attribuire al fatto che oggi non ci facciamo mai mancare niente e siamo diventati tutti profondamente viziati. Abbiamo tutto e diamo tutto per scontato.

Siamo sicuri che il benessere concepito da noi occidentali in termini commerciali faccia bene alla nostra vita interiore? E’ chiaro quasi a tutti ormai che non è così.

Vorrei offrirvi qualche spunto di riflessione su questo tema che trovo importante consigliandovi del materiale: una canzone, un libro ed un film.

C’è una canzone del grande Gaber che si intitola “Desiderio”. E’ contenuta nel lavoro discografico “La mia generazione ha perso”. In realtà tutto il lavoro discografico è molto bello e parla di questi temi.

Poi vorrei consigliarvi un bel libro poco noto di Fabio Ciaramelli “La distruzione del desiderio. Il narcisismo nell’epoca del consumo di massa”.

Il film che, infine, vorrei consigliarvi è Seraphine”, dedicato a Séraphine de Senlis, la pittrice francese che dalla mancanza di mezzi attingeva la forza creativa che le ha permesso di creare dei veri capolavori senza tempo.

Bene, è giunto il momento di salutarci, ma in questa rubrica continuerò a raccontarvi di cosa mi ha insegnato la musica e di come mi sia servito nella vita di tutti i giorni.

La prossima volta vi parlerò degli errori e di come il significato negativo che siamo soliti attribuirgli andrebbe rivisto.

Batterista veronese classe 1976, suono e insegno musica con passione da molti anni. Amo la filosofia e la bellezza che sta in tutte le cose semplici.