La sala degli affreschi, il salotto buono di Sona. Che pochi conoscono

Nel centro storico di Sona si può ammirare, a metà strada tra le ville Trevisani e Donadelli, una storica residenza detta “Innominata”.

Una simile definizione evoca misteri e segreti. In effetti, nonostante su una sua facciata sia dipinto uno stemma araldico, nessuno è in grado di risalire all’antico casato dei proprietari, in quanto quell’effige è ormai illeggibile, nè sono stati trovati finora documenti in grado di fornire informazioni in proposito.

“Innominata”, pertanto, sta ad indicare un immobile sul cui passato non sappiamo nulla. A giudicare da alcuni aspetti architettonici, possiamo farlo risalire al XVI secolo circa: ce lo dicono, ad esempio, i contorni delle finestre affacciate su via Roma, che conservano presumibilmente l’originario apparato decorativo. La tipologia della casa è di aspetto signorile, anche se nel corso del tempo è stata probabilmente oggetto di vari interventi che ne hanno modificato la struttura sia esterna che interna. Originariamente era adibita a residenza privata, in seguito una parte è stata acquistata dal Comune di Sona.

Fra i molteplici ritocchi, l’ultimo del 1978 è quello che ha variato i principali caratteri tipologici e funzionali, in quanto la trasformazione dell’edificio ad uso pubblico ha comportato sostanziali interventi di ristrutturazione con mutamenti dell’impianto nella struttura e modifiche nelle aperture e nei portali esterni; ciò è vero soprattutto per il settore che si affaccia sul cortile interno, mentre la parete esterna che dà su via Roma è quella che ha subito minori cambiamenti nel tempo.

Al piano terra vi è un ampio vano, denominato “sala degli affreschi”, per la presenza di ampi resti di pitture murarie (per una superficie stimata di 40 mq) riferibili alla metà-fine del secolo XVI, che raffigurano scene paesaggistiche e personaggi mitologici, comuni negli apparati decorativi interni delle ville rinascimentali.

Esse sono inserite in finte architetture prospettiche, delimitate da colonne che terminano con capitelli ionici e da un soffitto a cassettoni. La figura femminile della parete sinistra in alto rappresenta forse Euterpe, la musa della musica e della poesia lirica, come si deduce dall’attributo iconografico del flauto che regge nella mano destra; una figura mitologica, questa, che con la sua presenza non avrà mancato di “ispirare” la Banda musicale di Sona, per molti anni ospitata al piano superiore.

I dipinti sono stati realizzati con la tecnica dell’affresco: in alcuni punti si osservano perfino i classici segni delle incisioni operate in fase di esecuzione per riportare il disegno preparatorio dal cartone all’intonaco non ancora asciutto. A causa della frammentazione dell’edificio, non è però possibile inserire il ricco apparato pittorico di questo vano in un contesto decorativo. Da ammirare (benché un po’ malandato) è anche il pavimento in cotto, che si direbbe originale e della stessa epoca dei dipinti: attira lo sguardo una decorazione centrale a forma di stella.

Gli affreschi, purtroppo, oltre che ridotti a frammenti non sono neppure in buone condizioni di conservazione. Ad una prima analisi visiva è evidente la poca trasparenza dei colori: la superficie pittorica appare offuscata da una sorta di velo scuro e oleoso, che ne appiattisce le qualità formali e cromatiche e ne impedisce una chiara lettura. I dipinti infatti hanno già subito in passato un intervento di restauro nel corso del quale essi sono stati puliti in maniera poco uniforme e ritoccati con stuccature inadeguate. Oltre alle abrasioni, numerose ed estese sono le lacune della pellicola pittorica, che mettono in luce la superficie sottostante, in prossimità delle quali si osservano inoltre alcuni sollevamenti in scaglie e distacchi di colore.

Le cause sono da attribuire all’umidità ambientale e alla presenza di sali all’interno delle murature. Infelice fu, in una delle ristrutturazioni passate, l’idea di stendere tra gli spazi non dipinti uno strato di cemento: questo è un materiale dannoso per gli affreschi a causa dell’elevato contenuto di sali solubili che possono migrare verso gli intonaci antichi e indebolirne le superfici dipinte.

Dato il notevole valore storico e architettonico della struttura, il Comune di Sona ha pensato bene di farne un luogo di prestigio, adatto per riunioni, mostre e matrimoni civili.

Constatate, tuttavia, le precarie condizioni di cui abbiamo detto, nel 2006 decise di avviare un serio progetto di restauro, da affidare a esperti del settore. Fu pertanto approvata una spesa preventiva di 77mila euro, il 30% della quale a carico del Comune, il resto sarebbe stato coperto da un contributo della Fondazione Cariverona. Purtroppo questo ente bancario non fu in grado di fornire la prevista sponsorizzazione, e il progetto rimase sulla carta.

In un’epoca di difficoltà economica come quella attuale, per l’Italia in genere e per Sona in particolare, si sa che iniziative come queste vengono talvolta messe in secondo piano, rispetto a altri interventi ritenuti prioritari. Il progetto di ristrutturazione della “sala degli affreschi”, tuttavia, non è stato abbandonato; verrà anzi riproposto non appena si riuscirà a trovare uno sponsor adeguato, così che Sona possa avere una sede civica di rappresentanza degna della sua storia.

Si ringrazia l’architetto Fabio Dal Barco per le informazioni fornite.
Nato a Verona nel 1956, lavora come medico di base. Dal 2003 è redattore del “Baco da seta”, su cui pubblica articoli che trattano quasi sempre di storia del nostro Comune. E’ presidente del “Gruppo di ricerca per lo studio della storia locale di Sona”, che fa parte della Biblioteca comunale di Sona.