Qualche giorno fa il Sindaco di Alzano, uno dei Comuni più duramente colpiti dal coronavirus con 108 morti nel solo mese di marzo, ha rilasciato un’intensa intervista al Corriere della Sera nella quale, tra le tante cose, parlando della sua gente, spiega di sentire “soprattutto la voglia di stare uniti. Certo, c’è voglia di ripartire ma con la consapevolezza che non è facile. Se tutto questo ci ha insegnato qualcosa, sulla nostra pelle, è la necessità di essere comunità e di essere uniti: questo è stato il nostro principale elemento di forza, senza il quale non saremmo stati in grado di uscirne”.
Parole pesanti, che testimoniano la tragedia ma anche la forza di un tessuto sociale.
Se ha senso una contabilità di questo tipo (e non ne ha), a Sona, che pure conta più del doppio dei cittadini, le cose dal punto di vista sanitario sono andate, fortunatamente, molto meglio. Ma anche a Sona abbiamo pagato un pesante tributo al virus, con nove deceduti e novanta positivi. E con tantissime storie di sofferenza e di fatica, come raccontiamo nello speciale del Baco dedicato proprio ai mesi di Covid-19 sul nostro territorio, che trovate in edicola e nei punti di distribuzione.
Quello che veramente ci discosta da Azzano, almeno stando a quanto ha dichiarato il primo cittadino del paese bergamasco, è però questo ritrovato senso di comunità.
E dire che gli inizi erano stati incoraggianti, con concreti segnali di partecipazione alle difficoltà degli altri. Come i tantissimi che hanno contribuito in maniera generosa ed anonima al progetto di donare una spesa solidale a famiglie in difficoltà.
Ed invece, appena le nebbie della pandemia si sono sollevate permettendoci di riprendere le nostre vite in una quasi normalità, sono evaporati anche tanti buoni propositi. E siamo tornati a limitare la nostra visione della comunità allo stretto perimetro dei nostri piedi. Più in là non sappiamo andare.
Tutto è tornato a declinarsi nell’eterno scaricabarile per il quale la colpa di qualsiasi cosa è sempre di qualcun altro. Del vicino di casa, dell’addetto alla raccolta differenziata, di chi ha un cane o di chi un cane non ce l’ha, del negoziante, di chi ha figli o di chi non ne ha, della scuola, della parrocchia, del Comune, della Regione, del Governo. Via via in un crescendo rossiniano che però dimentica sempre le nostre, di responsabilità.
Nel pieno della pandemia il Sindaco di Sona aveva chiesto ai cittadini – non potendo provvedere all’ordinaria manutenzione con il personale comunale – di prendersi cura del metro di marciapiede davanti a casa. Ed in tanti, li abbiamo visti, erano usciti dalla porta per contribuire, per essere e sentirsi parte attiva. Quei fazzoletti di marciapiede tenuti puliti dalle erbacce rappresentavano plasticamente più di mille propositi e di mille post su Facebook.
Peccato che poi quelle porte siano tornare a chiudersi, e di quello spirito sia rimasta poca traccia.