Sentendo la parola “missione” le immagini che possono emergere nella nostra mente sono due: una super spia, rassomigliante a Tom Cruise o a Daniel Craig (male che vada andrebbe comunque bene) o una persona di Chiesa, sandali ai piedi e savana sullo sfondo.
La verità però è che la parola missione va ben oltre questa semplice dicotomia rappresentativa. Avere una missione significa avere uno scopo, un obbiettivo, per il quale spendersi senza remore, sia esso rivolto a noi stessi o ad altri. Ed è proprio questo che la rende sfuggevole e così difficile da rappresentare con chiarezza.
Negli ultimi due anni e mezzo abbiamo vissuto momenti cupi e difficili, sia come singoli che come comunità, che ci hanno messo a dura prova e forse anche un po’ scoraggiato. Questi tempi bui ci hanno però anche permesso di riscoprire una semplice quanto grande verità: nulla va mai dato per scontato.
Il lockdown, la chiusura delle scuole, lo scoppio della guerra ci hanno ricordato che la fortuna e il benessere di cui godiamo non sono perpetui e immutabili, al contrario, vanno protetti e celebrati.
Per questo è importante che non permettiamo a noi stessi di adagiarci su diritti e progressi per cui altri prima di noi si sono battuti, dandoli oggi per scontati. Altrettanto importante è non aspettarsi che siano ancora altri a sporcarsi le mani per preservarli o conquistarne di nuovi al posto nostro.
Dobbiamo invece scendere in campo, metterci in prima linea, per ottenere ciò che vogliamo, per noi e per la nostra comunità. Attenzione: non ho la pretesa né tanto meno la presunzione di ritenermi nella posizione di dire ad altri di quali missioni farsi carico e di come ottemperare ad esse.
Vorrei semplicemente lanciare un invito (o una sfida, se preferite) a reagire, a non lasciarsi scoraggiare. In particolare, mi rivolgo a quei giovani che, come me, stanno cercando la loro strada e il loro posto in questo mondo che, diciamocelo, fa paura.
Se ciò che abbiamo intorno non ci piace, cambiamolo. Impegniamoci per fare la differenza. Allora rimbocchiamoci le maniche e mettiamoci a disposizione per dare inizio a questo cambiamento. E facciamolo qui scegliendo, di giorno in giorno, di dare il nostro contributo sul territorio. Perché sono le gocce a fare il mare.
Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio all’interno del quale iniziative e attività di volontariato trovano terreno molto fertile, si tratta solo di guardarsi intorno e individuare la proposta più attinente al proprio modo di essere.
Che sia decidere di mettersi a disposizione di un’associazione sportiva, che sia voler trascorrere una mattina al centro trasfusionale o che sia semplicemente scegliere di non essere indifferenti e non nascondersi nella zona grigia delle critiche fini a sé stesse. Ricordiamoci che il cambiamento passa attraverso le piccole scelte.
Quando da bambina andavo in montagna con la mia famiglia, durante le salite più dure mia mamma mi incoraggiava a fare “passetti da formichina” così da poter proseguire con costanza e senza sprecare fiato ed energie.
Forse alla fine quello che siamo tenuti a fare anche noi oggi, in questa società confusa e disillusa, sono “solo” dei passetti da formichina. E chissà che, una volta in cima, dalla vetta non potremo osservare un futuro migliore.