Guido e Alberto Galassi classe 1958 e 1960. La famiglia, per parte di papà Fausto, è originaria di Modena mentre la mamma Giuseppina appartiene alla famiglia Mazzi del ramo dei Demetrio. Il papà di Giuseppina era appunto Demetrio e il fratello e le sorelle di lei erano Giovanni, Luisa e Maria Teresa.
L’abitazione di famiglia era proprio di fronte alla piazza della chiesa. Risaliamo alle radici genealogiche della comunità di Lugagnano, all’interno del dedalo infinito delle ramificazioni famigliari dei Mazzi. La loro mamma e il loro papà si sono conosciuti durante un pellegrinaggio fatto a San Giovanni Rotondo presso il santuario di Padre Pio.
“Mia mamma – ricorda con affetto Alberto – a 18/19 anni era già una donna molto intraprendente e autonoma e appena poteva viaggiava. A San Giovanni rotondo si era recata con l’amica di Lugagnano Fernanda Cordioli. Fu lì che incontrò papà”.
Guido e Alberto appartengono all’ordine dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, un’istituzione religiosa che ha sede nella diocesi di Roma. Il riferimento dell’ordine è la spiritualità legata alla comunità di Fatima in Portogallo ed in particolare al culto della Madonna. Li incontriamo in baita alpini a Lugagnano in una assolata e calda mattina di settembre, suggellata da una santa messa da loro officiata.

Alberto da diciassette anni si trova a Fatima in Portogallo. Guido da cinque anni presta i suoi servizi presso il santuario diocesano della Madonna del Frassine a Massa Marittima in provincia di Grosseto. “Essendoci una carenza di figure religiose nella zona – ci racconta Guido – il vescovo ha conferito al santuario l’incarico di cercare di ricreare un centro di aggregazione spirituale”.
Appartengono alla Lugagnano del boom post seconda guerra mondiale che stava crescendo sia dal punto di vista anagrafico che economico. L’adolescenza l’hanno vissuta condividendo con gli amici gli spazi delle corti paesane con una predilezione per la corte Demetrio che si trovava proprio dietro la loro abitazione. Tra i compagni di gioco Fausto Mazzi, capogruppo degli Alpini, ma anche tutti i numerosi componenti della famiglia Perina “con i quali – ricordano sorridendo entrambi – ci si misurava a suòn di sfide di qualsiasi genere e battaglie per stabilire il predominio territoriale!”.
Il loro incontro con la spiritualità nasce quando Guido era ventiduenne e Alberto ventenne. “A far scattare la scintilla – ci dice Alberto – fu l’incontro con un sacerdote carismatico e illuminato. Era Fratel Gino Burresi fondatore del Santuario di Nostra Signora di Fatima di San Vittorino vicino a Roma. Il suo insegnamento scosse profondamente le nostre coscienze”.
La casa della famiglia Galassi era luogo molto frequentato da religiosi per cui il capostipite Fausto aveva sviluppato una sorta di diffidenza verso la possibilità che qualcuno dei figli potesse intraprendere la via della consacrazione a Dio. “Non era un rifiuto – ricordano entrambi – solo che nella sua testa si immaginava una strada diversa per il futuro dei suoi figli. Nonostante lui conoscesse praticamente tutto il clero d’Italia. Ricordo una sera a tavola con ospite un religioso– ricorda sorridendo Alberto – nel corso della quale papà, che non le mandava certo a dire, espresse in pienezza in suo pensiero al riguardo. Tanto che, il religioso, ad un certo punto si alzò e scandalizzato se ne andò dicendo a papà: tu finirai all’inferno!”.

L’incontro causale con Fratel Gino avvenne in un periodo della loro vita in cui, la fine dell’adolescenza e l’inizio del percorso di uomini adulti nella società, era una strada in subbuglio. “Fu papà – ricorda con affetto Guido – che mi disse: vai a fare chiarezza nella tua mente. Incontra questo religioso, cerca di capire e fare chiarezza dentro di te. Coinvolsi anche Alberto ed andammo in visita a San Vittorino. Gino si presentò a noi non in maniera bacchettona. Una persona di una maestosità intellettuale e spirituale tale da abbassarsi, con grande umiltà, al nostro livello. Una volta calate le difese sferrò l’attacco giusto iniziando a parlare della vita del religioso, fornendomi già delle indicazioni precise: tu non sei fatto, mi disse, per la vita diocesana, sei più portato per una vita da religioso”.
Nel 1980 per Guido e Alberto iniziano il percorso di studi per diventare sacerdoti. Due anni di filosofia, altri due di contatto con la vita religiosa delle comunità, altri 4 di studi di teologia e poi, nel 1987, la consacrazione.
Entrambi ricordano con molto affetto le loro radici a Lugagnano. Hanno un ricordo molto intenso della nonna materna, Anna la moglie di Demetrio che, nonostante un ultimo periodo della sua vita contrassegnato dal morbo di Alzheimer, non si dimenticava mai di agire la carità e il sostegno verso le famiglie bisognose. “La nonna metteva in crisi il sacrestano” – ricordano entrambi sorridendo – “perchè si presentava sulla porta della chiesa almeno un quarto d’ora prima dell’inizio della messa per cui, il sacrestano stesso, dove essere li pure lui prima del tempo. Alla domanda: ‘Anna, ma perchè arrivi così presto?’ la nonna rispondeva: ‘perchè non voglio essere in ritardo’! Da notare che abitava di fronte alla chiesa!! Ma per lei quell’appuntamento con la sua fede era sacro e quindi doveva essere in orario!”.
La necessità di spostarsi temporaneamente in altre città d’Italia come Genova o Taranto per seguire il lavoro del papà Fausto, non fece venir meno il loro senso di appartenenza alla piccola comunità di Lugagnano. “Dove – spiega Guido – c’era il terreno fertile per sviluppare la nostra vocazione”.
“Nella spiritualità di Fatima – ci racconta Alberto – si trova il fondamento del nostro ordine. Era necessario avere lì un riferimento per il nostro neonato istituto nato una trentina di anni fa. Poiché avevo avuto esperienze nella creazione e costruzione di altri centri, il fondatore mi mandò lì per creare un luogo di incontro e formazione spirituale per confratelli ma anche per laici. Pensavo che poi sarei stato richiamato ma alla fine sono lì da diciassette anni. Non è stato facile per me all’inizio: un altro paese, un’altra lingua. Difficoltà superate, ora stiamo creando una nuova chiesa e un nuovo oratorio”.
Andrea, il fratello di Guido e Alberto presente all’incontro ricorda un aneddoto: “Una sera, a Genova, eravamo a tavola e arrivò una telefonata. La prese papà. Che rimase raggelato. Alberto e un amico, che erano andati da fratel Gino, avevano deciso di entrare in seminario. La reazione di Guido fu: papà, dammi la macchina che li vado a prendere e li riporto a casa. Ma alla fine anche Guido rispose alla chiamata spirituale e rimase con Alberto”. Guido, Alberto e Andrea hanno anche un altro fratello Luca e una sorella Laura, la più giovane.
“Viviamo tempi – ci dicono Alberto e Guido – in cui si è smarrita la ricerca del Signore. É come se l’avessimo cacciato dalle nostre vite perché ingombrante. Il nostro padre fondatore diceva: la chiesa ha perso il suo popolo. Si è un po’ secolarizzata, adattata, illanguidita nello spirito. Ieri siamo stati nella struttura di Don Calabria sulle Torricelle. A leggere gli scritti del Santo, si evince una forza straordinaria che ora non c’è più. Vanno benissimo le iniziative a favore degli emarginati, dei tossicodipendenti, dei disagiati, ma queste azioni singole le sanno compiere molto meglio dei religiosi i laici come voi. L’aspetto verticale, trascendente, metafisico si è perduto. Siamo di fronte ad un appiattimento spirituale. Padre Gino diceva: se volete andare a riconquistare il popolo forze trasversali materialiste vi contrasteranno. Per arrivarci dovete metaforicamente versare il sangue. Il lupo si è preso la preda, dovete combattere con il lupo”.
“Nel rapporto con il popolo – prosegue Alberto – serve coerenza e spontaneità in quello che si dice e si fa. Un po’ come è successo a noi con le parole di padre Gino: erano il riflesso della vita. Ti toccavano dentro, andavano in profondità. Questo la gente si aspetta dal buon pastore. Il grande valore di Fatima è dato proprio da questo suo messaggio spirituale verticale di cui parla Guido. Un grande impulso a questo messaggio lo diede, alla fine del secolo scorso, Papa Giovanni II identificando su di sé e sull’attentato da lui subito il messaggio che la Madonna lasciò sulla terra rivelandoli ai pastorelli di Fatima e immedesimandosi totalmente in quella realtà. La nostra chiesa è orizzontale sui bisogni dei più poveri, ma ha perso la capacità di essere trascendentale e verticale nella cura dell’anima e della spiritualità che ti elevano verso Dio. La spiritualità eleva le forme di pensiero che diventano il compimento della persona. L’Anima anela a qualcosa di più alto, qualcosa che non la sazierà mai”.
“Nei giovani – conclude Guido – c’è una ricerca di spiritualità che non viene colta dalle istituzioni. Il praticare discipline meditative, anche l’aggregarsi in sette, la ricerca delle religioni orientali o new age è sete di spiritualità. Magari non se ne rendono conto, ma è così. Dalla ricerca prima della spiritualità dentro di sé, che avvicina a Dio, San Giovanni Calabria ha creato poi opere sociali straordinarie”.
L’incontro con Alberto e Guido si chiude con una messa da loro concelebrata all’interno della baita, alla presenza di alpini e consorti. A chiudere la celebrazione l’immancabile preghiera dell’Alpino recitata dal Capogruppo Fausto.
Infine la benedizione di uno strumento, che è ora presente e attivo in baita, come presidio salvavita in caso di arresto cardiaco: un defibrillatore semiautomatico. È stato donato dall’amministrazione comunale di Sona al gruppo alpini e sabato 16 settembre scorso diciotto persone, tra alpini e amici degli alpini, hanno sostenuto il corso che li abilita all’uso in caso di bisogno.
La baita di Lugagnano è ora un luogo cardioprotetto. L’adoperarsi per salvare una vita è una azione che fa vivere e agire la dimensione verticale, che eleva il pensiero dell’uomo e lo avvicina a Dio. Le foto di questo servizio sono di Gaetano Fattori.