Il sindaco di Sona Mazzi sulle molestie all’adunata degli Alpini di Rimini: “Comportamenti da condannare, ma non generalizziamo”

Gli autori delle molestie vanno condannati come uomini non come alpini”. Questa, in sintesi, è la posizione del sindaco di Sona Gianluigi Mazzi sulla bufera esplosa a seguito delle molestie che molte donne hanno affermato di aver subito durante l’ultima adunata degli Alpini che si è svolta a Rimini dal 5 all’8 maggio.

Sono centinaia le segnalazioni raccolte dalla sezione riminese di “Non una di meno”: fischi, commenti volgari e anche palpeggiamenti sono i fatti riportati dalle donne, soprattutto bariste e cameriere che erano al lavoro nei locali della riviera romagnola, in quei giorni frequentatissimi.

Nel weekend del 7 e 8 maggio, a Rimini con gli Alpini del nostro Comune c’era anche il primo cittadino di Sona, che racconta. “Ero lì insieme al vicesindaco Dalla Valentina e ad altri primi cittadini della provincia. Siamo stati invitati dal presidente provinciale delle penne nere Bertagnoli a presenziare e a sfilare con loro. Anche io sono un alpino, e per me è stato un onore partecipare. Ho visto una comunità che ha accolto e ringraziato gli alpini”.

E riguardo agli episodi oggetto della polemica afferma: “Io non ho visto nulla di quanto emerso sulle testate giornalistiche e in televisione. Abbiamo camminato parecchio, in lungo e in largo attraverso Rimini, e non ho percepito alcun problema. In ogni caso, se qualcuno si è comportato male, va criticato come persona, non come alpino. E va condannato anche come non capace di rappresentare il genere maschile, visto che, va detto, pure noi uomini non siamo tutti uguali”.

Le foto del servizio sono di Giorgio Carli.

Per Mazzi, quindi, i comportamenti segnalati vanno indubbiamente condannati, ma bisogna evitare generalizzazioni: “Non bisogna attaccare tutta la comunità alpina, intaccandone l’immagine: si tratta di volontari che per noi amministratori sono fondamentali, soprattutto per il loro impegno gratuito nelle situazioni di emergenza. Fra tanta gente, qualche mela marcia può senza dubbio esserci stata, ma non bisogna generalizzare. E penso anche che dovrebbe essere dato il giusto risalto alle azioni positive di tanti, e non solo agli atti negativi di pochi”.

E conclude: “Va pure detto che chiunque può comprarsi un cappello da alpino e spacciarsi come tale. In ogni caso, sono certo che, se qualche mela marcia nella comunità alpina c’era, sia già stata allontanata. E spero non solo che gli alpini continuino a portare avanti il loro prezioso impegno di volontariato, ma anche che le adunate proseguano”.

Nata nel 1988, coltiva la passione per la scrittura da quando era bambina. Da ottobre 2020 è Vicedirettore del Baco, per cui scrive da quando aveva 17 anni. Laureata in Scienze filosofiche all’Università San Raffaele di Milano, ha poi conseguito il dottorato di ricerca in Scienze dell’educazione e della formazione continua all’Università di Verona, dove ora insegna. È giornalista pubblicista, iscritta all’Ordine dei giornalisti del Veneto, e ha collaborato per dieci anni con il quotidiano L’Arena, come corrispondente per il territorio sonese.