Le numerose associazioni del territorio costituiscono realmente la spina dorsale della socialità del Comune di Sona. Proprio per i tanti ambiti che coprono attraverso l’opera dei volontari, è infatti il mondo del terzo settore che anche a Sona realizza compiutamente sia il vero welfare a servizio dei cittadini che la vera forma di sussidiarietà necessaria per garantire tutta una serie di attività e di funzioni che l’ente pubblico faticherebbe molto a gestire in autonomia.
Fondamentale, quindi, che rimanga saldo e forte il rapporto che lega il Comune, attraverso chi lo amministra, con le associazioni, attraverso chi le presiede e coordina. Il Comune deve garantire supporto alto, anche economico nei limiti delle competenze e delle ristrettezze del bilancio, e le associazioni devono essere disposte a collaborare su progetti condivisi, sempre nel rispetto dell’autonomia di ciascuno.
Quello che registriamo in queste settimane è qualche difficoltà del sindaco Gianfranco Dalla Valentina e della sua giunta nel rapporto con alcune di queste associazioni. Si tratta di questioni che in alcuni casi sembrano trovare origine dalle ruggini di una campagna elettorale faticosa e spesso cattiva.
Sindaco e giunta però non devono fare l’errore di suddividere le associazioni tra quelle fedeli e quelle invece relegate in seconda fila per presunti (o veri) appoggi dati in occasione del voto dello scorso maggio ad altri candidati o ad altri schieramenti. O anche solo per posizioni ritenute troppo tiepide.
Fortunatamente le elezioni sono alle spalle ed il mandato che ha ricevuto Gianfranco Dalla Valentina è pieno. E’ chiamato a rappresentare tutti, anche chi (forse) non lo ha votato. Quello di cui abbiamo bisogno a Sona è uno sforzo collettivo verso gli stessi obbiettivi, non è certo tempo – se mai c’è stato – di ripicche e di sgambetti da operetta.
Tra l’altro un minimo di saggezza politica insegna che non è certo nel consenso sbandierato che si trovano la vera collaborazione ed il reale consenso. Anzi. Negli Annali si racconta che quando Augusto tornò a Roma vincitore di Antonio, un artigiano gli presentò una gazza a cui aveva insegnato a dire: “Ave, Augusto vincitore”. L’imperatore ne fu così lusingato che diede per quell’uccello mille Sesterzi. Un vicino geloso andò però a dire all’imperatore che quell’artigiano aveva un’altra gazza che parlava e diceva delle cose interessanti. Augusto volle vederla. La seconda gazza diceva: “Ave, Antonio vincitore”.
E’ nei compiti e nei doveri di un’amministrazione quello di creare un rapporto franco e corretto con tutte le diverse componenti del tessuto sociale e associativo, compreso con chi non porta le sue insegne. Anche perché è molto rischioso confidare solo su fedeltà ostentate che poi, come le gazze di Augusto, rischiano di crollare alla prova dei fatti.