La Recensione.
Simona Sparaco, che arrivò finalista nel 2014 al Premio Strega con “Nessuno sa di noi”, è tornata da poco in libreria con “Nel silenzio delle nostre parole”. Il romanzo si ispira a fatti realmente accaduti ovvero all’incendio della Grenfell Tower di Londra, nel 2017, che provocò quasi ottanta vittime.
L’autrice sostiene che il libro sia nato leggendo un articolo di giornale relativo a questo dramma, che la scioccò profondamente. Nel suo romanzo, ambientato non a Londra ma a Berlino, città altrettanto cosmopolita, si intrecciano le vicende di alcuni personaggi, che hanno in comune la residenza ma non si conoscono tra loro, se non di vista.
Tutti abitano all’interno di un palazzo di quattro piani, che improvvisamente a tarda sera prende fuoco. I vissuti di Alice, Bastien, Polina, Hulya rimandano però ad un tema comune: il legame complesso ma indissolubile tra madri e figli. Il primo nome che pronunciamo e l’ultimo nel quale la maggior parte di noi si rifugia un attimo prima di lasciare questo mondo è quello di nostra madre, il che sottolinea la potenza del legame che ognuno di noi ha con chi ci ha dato la vita.

Nel libro si raccontano rapporti familiari molto diversi, calati in una società multiculturale ma ancora piena di pregiudizi, in cui è difficile ottenere uno scambio autentico, anche con chi dovrebbe conoscerci meglio di chiunque altro, dove le stanze che chiamiamo casa a volte diventano gabbie e nascondigli.
Negli appartamenti di un anonimo palazzo nel centro di Berlino le fiamme avvolgono le vite di persone molto diverse tra loro ma accumunate dai muri di solitudine che i non detti hanno creato attorno a loro e che hanno dato luogo ad incomprensioni profonde con gli affetti più cari.
Quelle parole taciute vengono liberate improvvisamente, in tutta la loro urgenza, quando l’incendio divampa e la possibilità di morire diventa concreta, quando diventa spasmodico il bisogno di riannodare i fili di legami che si erano interrotti, fatti di amore che si era perso per strada ma che non era mai finito perché indissolubile come quello che lega un genitore al proprio figlio, anche quando non si è in grado di comprendersi.
Mi piacerebbe che anche tu fossi in grado di guardare ai vuoti della vita come a noi ha insegnato la zia Amira. Non solo come a qualcosa che manca. Cerca piuttosto in quei vuoti la tua opportunità di esistere ancora, e in maniera diversa.
La Scheda.
Simona Sparaco, “Nel silenzio delle nostre parole”, DeA, 2019, pp. 284.