Il libro: “Cecità” di José Saramago. Un romanzo attualissimo sulla natura umana di fronte all’epidemia

La Recensione

La letteratura ha sempre avuto interesse per temi come la malattia e l’epidemia. Ne abbiamo testimonianze straordinarie con il Decameron di Boccaccio, a proposito della peste del Trecento a Firenze, e con I Promessi sposi di Manzoni, che narra quella del Seicento a Milano.

Più recentemente ne ha scritto il premio Nobel José Saramago, attraverso un romanzo moderno dal titolo Cecità, uscito nel 1995, che inizia con un uomo fermo al semaforo di una trafficata via cittadina, il quale scopre con orrore di non vedere nulla, all’improvviso e mentre si trova in mezzo alla strada, alla guida della sua auto. Il medico da cui si reca non si capacita, non trova spiegazione alla stranissima situazione del paziente e alla sera, appena torna a casa, si mette a consultare tutti i suoi tomi per trovare una spiegazione scientifica a quell’istantanea cecità. Non riesce a risolvere l’enigma perché di lì a poco diventa cieco, come pure tutti i suoi pazienti che aveva visitato in giornata.

La copertina del libro di Saramago.

La cecità comincia a dilagare, ad espandersi ovunque in città, così il governo decide di mettere i malati in quarantena, rinchiudendoli in un edificio fatiscente.

Da qui parte il romanzo di Saramago, che ci offre una spietata ma realistica analisi antropologica. A leggerlo ora, durante la pandemia da Coronavirus e il lockdown mondiale, si rimane scioccati perché sembra rivelare esattamente come siamo e come ci sentiamo, come reagiamo al disagio, al rischio del contagio, alle privazioni, al dolore.

Ci sono tutti i protagonisti dell’epidemia del 2020, pur essendo un romanzo uscito venticinque anni fa: il paziente zero, il medico che cerca la cura senza trovarla, il governo che impone la quarantena, il bisogno spasmodico di fare scorte di cibo,la rabbia e i nervi a fior di pelle, gli egoisti senza scrupoli che sfruttano la situazione per sopraffare gli altri, gli ignoranti che si fanno fregare senza rendersene conto, l’homo homini lupus. Ci siamo tutti dentro al romanzo cupo e crudo di Saramago.

E il lettore si rende conto che la cecità in realtà è una metafora della natura umana, che si lascia andare alla bestialità quando l’irrazionalità prende il sopravvento sulla razionalità. Secondo Saramago è dentro l’uomo l’istinto alla violenza e alla sopraffazione e, anche se cerca di reprimerle, in determinate circostanze possono emergere ed imporsi. La peste bubbonica, la Spagnola, il Coronavirus forse non ci hanno cambiato o resi peggiori, semplicemente hanno palesato quello che siamo nel profondo.

L’unica possibilità è che la pandemia possa aprirci gli occhi, fare in modo che, una volta passato il pericolo e superata la paura, riusciamo ad imparare la lezione e “vedere” davvero.

Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono.

La scheda

“Cecità” di José Saramago, Feltrinelli, 2013, pp. 288.

Nata a Verona nel 1977, si è diplomata al liceo classico e ha conseguito la laurea in Lettere presso l'Università di Verona. Sposata, con due figli, insegna Lettere presso il Liceo Medi di Villafranca. Lettrice appassionata, coordina il Gruppo Lettura della Biblioteca di Sona.