La Recensione
Violette Toussaint è la protagonista di un romanzo francese che ha vinto il Prix Maison de la Presse 2018. La trama ruota attorno alla vita della una giovane guardiana di un cimitero di un paesino della Borgogna, dove vive in una casetta da cui passano ogni giorno, per bere un caffè al volo o per scambiare due chiacchiere, tutti quelli che abitualmente si recano in visita ai loro cari defunti.

Violette arriva da lontano ed appare a tutti una donna dolce ma molto riservata, che ha l’aria di averne passate davvero tante. La sua infanzia di orfana è stata tremenda e, come se non bastasse, una volta divenuta adulta le cose non sono filate lisce, anzi.
Il suo cuore è stato più volte spezzato e forse proprio per questo molte persone passano da lei per avere conforto, per sentirsi meno sole, per ricevere una carezza da chi ha vissuto momenti difficili e quindi può ascoltarle senza giudicarle.
Violette si prende cura delle tombe e vive sola, dopo che suo marito Philippe se ne è andato, senza dare spiegazioni e non lasciando tracce, da un giorno all’altro. Pian piano ha smesso di sperare nel ritorno di quell’uomo che le ha preferito mille altre donne, infilandosi nel loro letto senza alcun rimorso. Non ne ha bisogno, ce la può fare senza di lui, basta chiudere per bene gli armadi dei ricordi.
Era sola in fondo anche quando lui c’era, quando avevano un altro lavoro che prevedeva di azionare ogni giorno un passaggio a livello, di cui si occupava solo lei, come solo lei cresceva la loro unica figlia, Léonine.
E così Violette si alza ogni giorno e vive attraverso le storie delle persone che vengono al cimitero a trovare i loro cari, immaginando la vita dei defunti dietro alle fotografie delle lapidi e trattandole con delicatezza e rispetto, conservando le loro storie, sebbene nessuno si sia preso davvero cura di lei e l’abbia protetta, amata, ascoltata.
Attraverso numerosi flashback scopriamo pian piano il passato terribile della protagonista, che riesce a curare tutti meno che se stessa, finché non capisce che forse l’unico modo è smettere di guardarsi indietro e vivere il presente, con semplicità, un passo dopo l’altro, lavando via le ferite attraverso gesti semplici come si cambia l’acqua ai fiori. In questo modo prova a rifiorire, a rinascere a nuova vita anche dopo mille cadute, errori, sensi di colpa, delusioni profonde, misteri agghiaccianti che solo il finale svela al lettore.
Un libro triste ma anche dolce e lieve, che pur parlando di morte riesce a far sorridere e riscoprire il valore di ogni singola vita.
Il libro della vita è il libro supremo che non possiamo chiudere e riaprire a piacimento, vorremmo tornare alla pagina in cui si ama, ma abbiamo già sotto le dita la pagina in cui si muore.
La scheda
“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Pérrin, Edizioni E/O, 2019, pp.476.