Nasce nel 1972 il Gruppo del Malato di Lugagnano, associazione volontaria di spirito caritatevole che da 50 anni aiuta i malati e le loro famiglie. E’ la realtà di assistenza sociale più longeva del territorio e ha avuto origine dall’iniziativa di alcune donne che, al rientro da un pellegrinaggio a Lourdes, hanno sentito il bisogno di adoperarsi per aiutare i malati che abitavano nel loro stesso paese.
Da allora il gruppo si è ampliato, conta circa 30 volontari, e incessantemente si adopera per dare sostegno a più di 80 malati residenti a Lugagnano. Lo scorso maggio la comunità si è unita in una messa solenne per festeggiare questo importante anniversario, alla presenza di alcuni dei parroci che nel tempo hanno accompagnato e sostenuto il gruppo, in particolare don Antonio Sona, parroco a Lugagnano dal 2007 al 2019. In quell’occasione anche il presidente di U.N.I.T.A.L.S.I. Verona ha speso parole di ringraziamento e orgoglio per lo splendido lavoro svolto in tutti questi anni.
Abbiamo voluto incontrare Mario Nichele, presidente del Gruppo del Malato dal 2022, per farci raccontare qualcosa in più della loro attività.
In una precedente intervista, nel dicembre 2020, ha salutato i nostri lettori con l’augurio che il Gruppo arrivasse ai 50 anni. In quel momento, in piena pandemia, era il suo obiettivo e il traguardo sembrava lontano e irraggiungibile. Se lo ricorda?
Certo che sì. Invece ci siamo arrivati ed è stata una festa bellissima, per noi volontari, per i malati, per le loro famiglie e per tutta la comunità. Non sono molti i gruppi parrocchiali come il nostro, anzi siamo invidiati dalle altre comunità e capita che ci sia chiesto aiuto anche al di fuori di Lugagnano. Non siamo però strutturati per affrontare un tale impegno e poi preferiamo mantenere lo spirito della missione iniziale del gruppo, ovvero aiutare chi è nella situazione di dover affrontare lunghi percorsi di malattia e che abita qui. E’ una missione dedicata alla nostra comunità, anche perché entrare nelle famiglie, in un momento così delicato come la malattia e la sofferenza, non è facile. Il legame di essere dello stesso posto, di avere conoscenze in comune, di vivere accanto è molto importante e ci agevola anche nei rapporti.
Ci vuole spiegare meglio qual è la vostra attività?
Ci tengo a precisare subito che noi non siamo né operatori sanitari né infermieri, quindi non offriamo supporto medico. Noi siamo amici del malato, ci adoperiamo per dargli sostegno con visite periodiche di compagnia e, se necessario, somministrazione dei pasti, sostegno anche notturno in caso di ricoveri ospedalieri, sostegno economico dove richiesto. Abbiamo inoltre a disposizione un importante numero di presidi medici come sedie a rotelle, deambulatori, stampelle, pannoloni, comode da offrire a chi ne ha bisogno. Lavoriamo ovviamente in sinergia con i medici del territorio, i servizi sociali e la parrocchia. Nasciamo in ambiente cattolico ma il nostro sostegno è per tutti, indipendentemente dalla fede professata.

Fino a poco tempo fa eravate bloccati dalle norme restrittive di contenimento Covid, oggi avete ripreso le vostre attività?
Finalmente sì. E’ stato un periodo lungo e difficile. Non poter entrare in contatto fisicamente con i nostri malati era una limitazione pesante alla nostra attività ma non abbiamo mai smesso di essere di aiuto e di far sentire la nostra presenza. Attualmente possiamo far visita ai malati nelle loro case ma abbiamo ancora parecchie limitazioni per gli ospedali e per la casa di riposo. Speriamo di trovare un accordo a breve per poter riprendere i nostri incontri anche lì e ci stiamo già adoperando per poter riprogrammare i pellegrinaggi.
Nella precedente intervista ci ha raccontato del senso di paura e di solitudine che angosciava i malati, sentimenti amplificati dalla pandemia. Oggi li percepisce ancora così?
La paura e la solitudine sono sentimenti costanti in chi è in una condizione di sofferenza, soprattutto se immobilizzato o comunque impossibilitato ad uscire. Seguire il percorso di malattia non è facile neppure per le famiglie. Il Covid è stato avvilente per loro. Abbracci, conforto, carezze, tutti quei piccoli momenti di affetto che sono venuti a mancare hanno reso la loro sofferenza ancora più pesante e la paura è rimasta tutt’ora.
La vostra missione è per l’appunto delicata e sicuramente non facile. Non è per tutti rapportarsi con la malattia. Voi volontari non rischiate di assorbire il loro dolore?
Sicuramente dare assistenza ai malati è una situazione complessa e delicata ma è un arricchimento ineguagliabile per se stessi. Chiacchierare con un anziano, fare una partita a carte, accompagnarlo a fare una passeggiata, leggere loro un giornale, pregare insieme, essere spalla di conforto per loro e per chi li assiste quotidianamente sono azioni di per sé semplici ma per loro sono importantissime. Avere senza chiedere. A loro questo serve e la gratitudine che leggiamo nei loro occhi, le risate che facciamo insieme, il rapporto di amicizia che si crea ci riempie il cuore di gioia.
Come vi sostenete?
Lo spirito è assolutamente di volontariato. Ai malati e alle loro famiglie non si chiede niente anche se tra loro c’è sempre qualcuno che ha voluto aiutarci con un contributo. Il nostro vero sostentamento è dato dalle offerte della comunità e dalla collaborazione con altri solidi gruppi del territorio, in particolare Il Dono che ogni anno ci concede un contributo significativo per poter proseguire la nostra opera con l’acquisto di nuovi ausili medici.
Trenta volontari per più di ottanta malati sono sufficienti?
I volontari non sono mai abbastanza. Ci piacerebbe tanto crescere ancora e soprattutto avere un ricambio generazionale. Ci piacerebbe avere nuovi volontari più giovani di quelli attuali. Cinquantenni o sessantenni che siano poi disponibili e preparati a portare avanti il gruppo. Le nostre porte sono aperte a chiunque voglia aiutarci. I malati a Lugagnano sono molti più di ottanta, non li conosciamo tutti e non tutti sanno di noi. Mi piacerebbe che questa intervista fosse un canale di visibilità così da poter arrivare anche ai bisognosi che non sanno della nostra esistenza. Vorrei che anche i medici del territorio facessero presente ai loro pazienti che noi esistiamo e che siamo a disposizione per la consegna degli ausili medici oltre che una spalla di conforto.
Qual è l’impegno richiesto ai volontari?
Oltre a quanto ho già raccontato, serve solo buon cuore. I volontari mettono a disposizione il loro tempo libero per gli altri quindi ognuno mette quello che può secondo la sua indole e le sue possibilità. Nelle visite ai malati i volontari sono sempre in coppia, e ai nuovi arrivati viene fatto, ovviamente, un percorso di inserimento. Il parroco di Lugagnano don Giovanni ci ha permesso di riprendere i nostri incontri mensili in parrocchia, che sono anche momenti di formazione e programmazione dei nostri impegni. Invito chi solo pensa di poter essere d’aiuto a mettersi in contatto con noi e venire a vedere cosa facciamo. Il volontario, questo in generale, deve sempre avere presente che quando si aiuta il prossimo c’è un comportamento di riservatezza da mantenere e c’è la possibilità di non essere ringraziati, ma il vero volontario non aiuta per avere ringraziamenti o tornaconti. Si mette a disposizione della comunità per puro spirito di amore. Certo può capitare di provare e non sentirsi adatti al compito ma se non ci si mette in gioco non si può scoprire le proprie attitudini. Io e mia moglie Angelina siamo volontari da più di trent’anni, all’inizio avevamo meno tempo da dedicare al gruppo perché avevamo la nostra attività ma con il tempo siamo riusciti a partecipare sempre più attivamente e oggi non potremmo fare a meno di adoperarci per questo servizio. Sono profondamente legato al Gruppo del Malato e dei vari compiti che assolvo in parrocchia questo è quello che non lascerei mai.
Questa volta come vuole chiudere il nostro incontro? Quali obiettivi vuole perseguire e quale augurio vuole fare al Gruppo del Malato?
Come ho già detto, vorrei arrivare a più bisognosi possibile e avere nuove leve da inserire tra i volontari. Mi piacerebbe creare un direttivo, una sorta di comitato di controllo, che possa guidare meglio tutte le attività e la gestione dei beni. Servirebbe una maggiore organizzazione distribuita, io da solo inizio a fare fatica a seguire tutto. E poi, ovviamente, voglio vedere la festa per i 55 anni di attività. Il mio desiderio più grande è che questo servizio, che ci invidiano molte altre parrocchie e che altre non sono riuscite a mantenere nel tempo, resti una realtà costante per Lugagnano.