Il Cholera, malattia della quale sono state rilevate notizie storiche già a partire dal V secolo a.C., si presentò in Europa anche nel 1800 quando, fra il 1849 ed il 1854, gli studi di un medico inglese portarono a significativi progressi nel campo dell’epidemiologia e nel 1854 un medico italiano identificò il batterio responsabile della malattia.
All’interno delle ricerche storiche che stiamo facendo nell’archivio comunale di Sona del periodo Regno Lombardo Veneto, abbiamo trovato un documento molto interessante, pubblicato a Venezia il 3 maggio 1851 dal titolo “Succinta e Motivata Esposizione del Procedimento osservato dal Governo dal Austriaco relativamente alle Istituzioni Contumaciali contro il Cholera morbus” che certifica la preoccupazione della sanità europea di fronte ad una ripresentazione della grave epidemia.
Il documento indica che i casi sviluppatosi nel 1850 in Croazia avevano indotto “i Magistrati di Sanità delle Città marittime a misure contumaciali che troncavano perfino le comunicazioni le più necessarie alla Monarchia” (leggi Asburgo Lorena).
Allora come ora, la scelta fra “salute pubblica” ed “economia” pare fece molto discutere e l’Autorità ritenne di dover esplicitare il proprio punto di vista sull’argomento schierandosi a favore della seconda, trovando motivazione che oggi ci paiono assai deboli.
Il documento rese noto che il Ministero del Commercio “non ha mancato, nell’interesse dello Stato, di rimettere le comunicazioni stesse nel pristino stato”.
Affermando poi che, nel caso si ripresentasse la malattia, la situazione di conflitto fra “sanità” ed “economia” potrebbe riproporsi “credesi opportuno di far conoscere al pubblico, che allorquando nel 1847 la malattia comparve in vari dipartimenti in Russia e minacciò di invadere gli Stati Austriaci venne istituita dalla cessata Cancelleria Aulica una commissione di medici tanto sulle misure profilattiche da adottarsi contro l’irruzione del morbo, quanto ai provvedimenti da attivarsi nel caso che l’epidemia si inoltrasse negli Stati Austriaci”.
Come si ricava dal documento trovato negli archivi del Comune di Sona, in quel caso la Commissione dichiarò che, visto che la diffusione del morbo dipende da “fenomeni tellurici e siderei tuttora ignoti” si poteva evitare quello che oggi indichiamo come distanziamento sociale in quanto “i cordoni e gli isolamenti non servono ad impedire il progresso del morbo ed invece e sono opportune ad incutere il timore e lo scoraggiamento, che avvilisce gli animi e rende gl’individui incapaci di prestarsi i necessari mutui soccorso”.
E prosegue segnalando che “in quella vece furono riconosciuti di gran lunga più commendevoli i mezzi di preservazione che tendono a rendere tranquilla la popolazione, e quelli che diminuiscono indirettamente la disposizione fisica individuale al morbo, come sono tutte le misure destinate ad assicurare un vitto sano ed abbondante, e una dimora il più possibilmente salubre”.
Venne citata anche la Facoltà medica di Vienna che pare concordasse sull’inutilità delle quarantene e degli istituti contumaciali marittimi.
Il documento prosegue indicando che, viste le premesse, le scelte del Governo che tolse i vincoli contumaciali nei porti fra il 1849 ed il 1850 non furono scelte commerciali, ma dovute a concordi e motivate dichiarazioni di molti funzionari sanitari che meritavano fiducia.
La nota afferma che anche rilevazioni recenti rilevano che la malattia “si sviluppa contemporaneamente sui punti più distanti senza che sia possibile di comprovare la comunicazione di miasma contagioso ed inoltre che si diffonde ed aumenta di intensità dove c’è convivenza di molta gente in spazi angusti, dal corrompimento dell’aria, dall’immondezza delle abitazioni, da commozioni d’animo deprimenti e specialmente dal timore e dall’apprensione”.
Quell’interessante documento chiude affermando che il Ministero degli Interni (del Regno Lombardo Veneto), condividendo le osservazioni e le esperienze sopra descritte, preso atto di quanto il Governo Austriaco ha deciso in materia di contumacia contro il colera, non poteva che “pienamente approvare le determinazioni portate dall’Aulico Decreto 13 dicembre 1847, dovendosi ancora pronunziare contro qualunque misura restrittiva riguardo il Cholera”.
Un testo storico che in maniera incredibile fa rivivere molte delle contraddizioni dei nostri giorni sulla gestione del Codiv-19. Tra chi spinge per l’isolamento sanitario completo e chi punta sul primato dell’economia.
Dopo tanti anni, e il gigantesco progresso delle conoscenze mediche, dovremmo oggi forse essere in grado di affrontare il problema in modo più razionale.