Il “benaltrismo” e la spaccatura che attraversa la nostra società

Dall’osservatorio di questo piccolo periodico locale ci capita quotidianamente di monitorare uno strano fenomeno che interessa il nostro territorio, anche se il ragionamento potrebbe tranquillamente essere esteso a tutta la nostra bella Italia e forse ben oltre.

Da una parte diamo conto incessantemente delle mille e più di mille attività che vengono organizzate sul territorio, con associazioni o semplici gruppi di cittadini – spesso formati da poche persone – che letteralmente si rimboccano le maniche per dare vita ad occasioni di incontro, di volontariato, di divertimento, che sempre o quasi sempre hanno anche finalità sociali sia di solidarietà che di cura del territorio.

Vi è chi raccoglie fondi per persone che ne hanno bisogno, per progetti di assistenza o per finanziare iniziative importanti; vi è chi si riunisce per sistemare un parco pubblico o per pulire un’area del nostro territorio; vi è chi si occupa del tempo libero di giovani e meno giovani, per animare e rendere viva la comunità. Vi sono tanti che spendono tempo prezioso per gli altri. Ma questa è solo una faccia del fenomeno a cui accennavamo, quella bella.

L’altra faccia, che si sovrappone quasi perfettamente a questo fenomeno positivo di apertura ed impegno, ci mostra ogni giorno invece il gioco al massacro di tantissimi altri nostri concittadini. Che di tutto questo sforzo sociale evidentemente non sanno cosa farsene, se non poi utilizzarlo quando ne abbiano necessità e secondo i loro comodi. Ma che invece quello che sanno benissimo fare è demolire costantemente e pervicacemente tutto quello che accade attorno a loro.

E quindi appena si da notizia – per dire – che l’associazione A ha organizzato una serata per aiutare il gruppo B, ci sarà chi subito ci scrive che “però si poteva fare di meglio aiutando il gruppo C”.

Appena si scrive che il Comune ha messo in cantiere un’iniziativa per regolamentare la questione D, subito qualcuno alza la mano – preferibilmente con toni feroci – per dire che “altro che questione D, è la questione E quella veramente importante e chissà invece quali interessi ci sono in gioco”.

Nel momento in cui si da conto che la parrocchia F ha previsto un intervento per l’urgenza G, immediatamente in molti ci fanno sapere che “l’urgenza G è una scemenza e che invece fanno apposta a dimenticare l’urgenza H”. E via con questo atteggiamento sempre distruttivo e spesso pesantemente offensivo.

Una sorta di “benaltrismo” per il quale è sempre ben altro quello che si dovrebbe fare ed è sempre in ben altro modo che andrebbe fatto, e che inquina, soffoca e depotenzia tante iniziative e tanti slanci che sono invece realmente positivi e realmente tesi a migliorare la comunità in cui viviamo. Pur con tutti gli errori che inevitabilmente si compiono quando si opera in questi delicati settori.

Non si tratta, sia chiaro, della legittima critica, che è invece importante e serve a migliorare. Qui parliamo di secchiate di fango sempre pronte all’uso.

Si potrebbe liquidare il tutto dicendo che quasi sempre quelli che coltivano questo atteggiamento sono persone che poi alla comunità non danno un secondo del loro tempo, limitandosi a pontificare dal salotto di casa, magari tramite facebook. E che quindi il loro giudizio non conta.

Ma non è giusto fermarsi a questa constatazione. Perché questo atteggiamento velenoso contraddistingue veramente tanti, troppi, nostri concittadini. Che della nostra comunità sono comunque parte.

E’ necessario invece provare a capire come mai tanti di noi hanno semplicemente smesso di credere, per principio, alla buona fede e alle buone intenzioni di coloro che li circondano. E non tiriamo fuori la solita storia che siamo tutti arrabbiati per la crisi economica o perché i politici rubano. Qui il problema è radicato e riguarda, nel profondo, le persone ed i cittadini che siamo diventati.

Non esiste la ricetta semplice, il “vogliamoci bene” che risolve tutto. Ma riteniamo che sia tempo di cominciare a riflettere su questa spaccatura, all’apparenza insanabile, che attraversa, zigzagando, anche le nostre comunità.

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Nato nel 1969, risiede da sempre a Lugagnano. Sposato con Stefania, ha due figli. Molti gli anni di volontariato sul territorio e con AIBI. Nella primavera del 2000 è tra i fondatori del Baco, di cui è Direttore Responsabile. E' giornalista pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Veneto. Nel tempo libero suona (male) la batteria.