Il bello nutre l’anima, ma è la sua ricerca che ci porta ad aprirci al mondo

Qualche tempo fa il nostro direttore mi ha proposto di riflettere su un soggetto che trovo estremamente importante, direi essenziale nel momento storico in cui ci troviamo a vivere: “non è vuota retorica dire che, soprattutto oggi, è la ricerca del bello (in ogni sua forma) che può salvarci come esseri umani”.

Un tema piuttosto complesso e che andrebbe indagato in maniera molto più articolata di quanto si possa fare in questa sede. Tutto sommato è però il principio su cui fondo la mia vita, eccomi perciò a riflettere con voi con poche righe su un argomento che, dai greci a oggi, ha alimentato il pensiero filosofico di molti maestri.

Devo ammettere di sentirmi un po’ in imbarazzo nel farlo, perché non sono filosofa e il mio pensiero a riguardo è forse sin troppo semplice. Ma è un imbarazzo che posso superare se la mia riflessione potrà aiutare anche una sola persona a guardare alla sua realtà da una diversa e positiva prospettiva.

Nel mio lavoro sono costantemente in contatto con la prima cosa che viene in mente se si pensa al bello, ovvero l’arte. Studio il teatro e con esso la musica, le arti figurative, il cinema e la poesia. Ma posso dire che osservare un dipinto possa salvarci come esseri umani? No, non credo.

Può farlo l’assistere ad uno spettacolo? No.

A salvarci è invece la ricerca del bello e di tutte le sue forme. Non è solo ciò che scopriamo, ma l’azione che intraprendiamo per trovarlo.

Una ricerca che ci può salvare perché ci predispone ad un atteggiamento diverso nei confronti della vita, all’apertura mentale a cui portano l’osservazione e la curiosità. A quel senso di gratitudine che si prova quando quel bello lo si vede. Non uso a caso quest’espressione: nella maggior parte dei casi non troviamo il bello perché non lo sappiamo cogliere.

Viviamo in una società in perenne accelerazione e non siamo più abituati a fermarci ad osservare ciò che ci sta intorno. Lo facevamo da bambini, quando le nostre menti erano ancora libere e non condizionate dalla società e dalla cultura in cui vivevamo, e allora ogni tanto dovremmo fermarci e restare sospesi nella realtà, guardarci intorno, tendere le orecchie. Per renderci conto che c’è del bello in ogni cosa.

Il bello nutre l’anima, ma è la sua ricerca che ci porta ad aprirci verso il mondo. Per questo sono fermamente convinta che ci possa salvare. È la sua ricerca che ci rivela quanto sono preziose le piccole cose e inutili molte altre, più o meno materiali, alle quali la nostra società dà invece un valore.

Nei miei studi ho avuto la fortuna di incontrare il pensiero di un grande filosofo, a volte molto criticato per mancanza di conoscenza approfondita del suo pensiero. Per me è stato un maestro, perché mi ha insegnato a cercare il bello e a vederlo in ciò che mi sta intorno. Si tratta di Rudolf Steiner, il fondatore dell’Antroposofia, una filosofia che si fonda sulla ricerca della spiritualità dell’essere umano e della sua connessione con il mondo.

Provate allora a passeggiare, in un qualsiasi luogo, e ad aprirvi a ciò che vi accade attorno. Vedrete il sorriso della signora che intravede il volto del suo bambino all’uscita di una scuola, i gesti che accompagnano il dialogo di due passanti e che ne raccontano lo stato d’animo. Scorgerete il sole tra le foglie di un albero, l’armonia della disposizione dei petali di un fiore e la perfezione della bifora rinascimentale di un antico palazzo. Sentirete le note di un’opera musicale che si rincorrono fuori dalla finestra del vicino, l’abbaiare di un cane e molto altro.

Darete modo così ai sensi di connettersi con la vostra dimensione spirituale, che non è quella religiosa di credenti, ma quella di donne e uomini che vivono con il mondo e connessi ai suoi ritmi.

La ricerca del bello può salvarci come esseri umani perché ci riconduce alla nostra vera natura primigenia, candida come è quella di un bambino.

Veronese, residente a Lugagnano dal 1975 fino a qualche anno fa, sono dottore di ricerca in Studi Teatrali e Cinematografici, recentemente in trasferta a New York City come Marie Curie Fellow per un progetto europeo dedicato al teatro di ricerca americano. Mi ritengo un vero ‘topo da biblioteca’, ma amo anche viaggiare e conoscere la cultura dei luoghi che visito mescolandomi tra la gente. Le mie passioni? Tutte le arti, la cucina e (si può dire?) i gatti.