Non basta il caldo torrido di questi giorni a rendere rovente il clima politico che separa la cittadinanza veronese dal ballottaggio di domenica prossima 26 agosto: la rottura (o l’assenza) di un centrodestra compatto e le divisive (e scontate) parole del vescovo Giuseppe Zenti sull’ideologia gender a ridosso del voto stanno scaldando gli animi di politici e politicanti.
E se a ciò aggiungiamo da una parte la paura (effettiva) di non riuscire a confermare per il secondo mandato il sindaco Federico Sboarina di Fratelli d’Italia, e dall’altra la speranza (realistica) di vedere Damiano Tommasi come sindaco del centrosinistra, il cocktail (bollente) è servito.
Senza scendere nell’intricato dettaglio numerico del consenso registrato dai partiti, i risultati del primo turno delle amministrative scaligere hanno anche tracciato i primi confini della mappa in cui si giocherà il risiko politico delle elezioni comunali a Sona nel 2023.
Il primo dato fondamentale da tenere in considerazione è come le persone (e non i simboli) abbiano caratterizzato i risultati delle elezioni comunali veronesi.
Nella coalizione del centrosinistra di Tommasi il peso delle liste civiche (in particolare la lista “Damiano Tommasi Sindaco” e “Traguardi”) ha ridimensionato lo spazio del PD, che è stato, sì, il partito più votato con il 13,09% di preferenze, ma anche vittima di una cannibalizzazione interna.
All’interno della coalizione del centrodestra, invece, è in gran spolvero il partito di Giorgia Meloni: il passaggio di Sboarina dalla civica Battiti (con cui si era candidato nel 2017) a Fratelli d’Italia ha senz’altro raccolto i voti dell’elettorato che voleva (ri)confermare il partito del sindaco uscente, ma ha anche aiutato a racimolare qualche voto d’opinione, in grado, comunque, di influenzare i risultati delle elezioni amministrative.
Il secondo elemento da tenere sotto osservazione è l’astensionismo. All’interno dell’area del centrodestra (più in termini ideologici piuttosto che fattuali) c’è il caso di Flavio Tosi, rimasto fuori dal ballottaggio insieme al blocco di Forza Italia: vuoi per aver fatto poca presa sull’elettorato vuoi per cinque anni di assenza dai banchi del potere da parte di Tosi, la coalizione tosiana ha sofferto maggiormente dell’astensionismo alle urne (a Verona l’affluenza definitiva è stata pari al 55,08%), ritrovandosi, a conti fatti, circa un terzo di voti in meno rispetto al 2017.
Saltato l’apparentamento con Fratelli d’Italia, con fatica i voti racimolati dalla coalizione tosiana confluiranno verso l’altro candidato sindaco di centrodestra, Sboarina, perdendo la possibilità di poter rappresentare l’ago della bilancia decisivo in vista del ballottaggio di domenica 26 giugno. E il possibile (probabile) astensionismo al ballottaggio giocherà sicuramente a favore di Damiano Tommasi, che avrà qualche chanches in più per creare una discontinuità con decenni di legislature di centrodestra.
Alla luce dell’attuale scenario, caliamoci nel perimetro della mappa politica sonese.
Come confermato alle scorse elezioni regionali, la crescita robusta dei consensi verso il partito di Giorgia Meloni nel nostro territorio è un dato ineludibile, che, tuttavia, a Sona rischia di essere depotenziato al massimo: a quasi un anno dalla sua nascita il circolo sonese di Fratelli d’Italia non ha ancora fatto la sua apparizione in pubblico, non si è minimamente affacciato su temi o problemi del territorio. Forse per FdI di Sona l’unico sbocco per uscire dallo stato del sonnambulismo in cui è immerso, è costituirsi come lista di supporto a un candidato sindaco di centrodestra o (in extremis) tentare di replicare il caso di Verona a Sona (da leggere l’ultima intervista al Vicesindaco Dalla Valentina sul numero 113 del Baco).
Stessa sorte per il Partito Democratico: il centrosinistra nel territorio veronese sta godendo di un momento di freschezza e rinnovamento grazie anche al contributo di Tommasi alle ultime amministrative, ma, come abbiamo già scritto nella rubrica Volpi e Leoni, il PD di Sona si è ritirato in un taciturno letargo, rimanendo vigile solo a quei temi di carattere nazionale (come le mascherine raffiguranti il Duce o le vicende politiche intorno al ddl Zan) per cui è scontato (e facilissimo) esprimere un’opinione conforme all’ideologia del partito. Le lancette scorrono, uscire dal letargo in primavera per tornare su temi strettamente legati al territorio e prendere posizioni politiche sarà tardi.
Il caso della Lega è il più emblematico: il partito di Matteo Salvini sta patendo un calo generico dei consensi, dalle comunali a Verona è uscito con le ossa rotte (nonostante il moderato calo del 7% rispetto alle elezioni precedenti, il peso all’interno della coalizione è appena il 20%). E a Sona manca una leadership in grado di tenere unito il partito: in consiglio comunale il contributo del consigliere Vanna Ghini e del trio leghista Di Stefano, Pesce e Tortella scorre su binari diversi (e talvolta divergenti); il lavoro del deputato Vito Comencini in qualità di commissario della Lega di Sona non sembra aver ancora portato frutti sul territorio; secondo alcune voci di corridoio, infine, potranno esserci cambiamenti organizzativi all’interno del gruppo (con qualche nome in gran spolvero).
Una strada, dunque, indubbiamente in salita per la Lega di Sona, la cui credibilità e vicinanza agli elettori non starà solo nel proporre contenuti più civici piuttosto che politici, ma anche nel mantenere la linea di opposizione all’attuale maggioranza del sindaco Mazzi: un’eventuale alleanza alle elezioni del 2023 con un candidato proveniente dall’attuale maggioranza metterebbe in discussione la sua credibilità, dopo ben dieci anni di opposizione.
L’ultimo tassello all’interno della mappa del Risiko è Verona Domani, che a Sona continua a mantenersi in una posizione ibrida: in Consiglio comunale Mattia Leoni siede fra i banchi della maggioranza, Nicolò Ferrari, invece, fra quelli della minoranza, causando qualche fastidio all’(ormai ex) alleato, la Lega. Il gruppo Verona Domani, compresi Ferrari e Leoni, ha puntato all in sulla rielezione di Federico Sboarina a Verona, connotandosi in un’area politica di centrodestra e assumendo un ruolo di lista civica di supporto (dato che non ha raccolto più del 5,2% dei consensi). Uno spazio tra FdI e Lega che anche a Sona potrà essere facilmente riempito (specifichiamo: con trasparenza e coerenza).
Dunque anche a Sona saranno determinanti nel 2023 la figura dei candidati e la loro capacità di scoraggiare l’astensionismo, invitando la cittadinanza a esprimersi e a esercitare lo strumento civico più prezioso, il voto. Come nel Risiko, non vincerà chi prevarrà sugli altri né chi si muoverà con la tattica del divide et impera, ma chi adotterà la strategia migliore di lungo termine, aggregando alleati intorno a progetti e obiettivi comuni.