L’appuntamento con il Professor Ivo Cambioli (nella foto) è per una normale mattina scolastica presso il plesso Anna Frank di Lugagnano. Arriviamo un attimo prima e questo ci permette di osservare per qualche istante la consueta quanto piacevolmente febbrile animazione che segna la vita della scuola, tra fiumi di ragazzi vocianti e professori che solcano i corridoi tra un’aula e l’altra.
“Buongiorno – ci stringe la mano scendendo dalle scale – venga venga che troviamo uno spazio tranquillo per fare due chiacchiere”. E qui inizia la chiacchierata con Ivo Cambioli, assolutamente un’istituzione a Lugagnano dove insegna dal novembre del 1981, che tentiamo oggi di raccontare anche sotto l’aspetto personale. Il sorriso aperto e accogliente è quello che generazioni di studenti hanno imparato a conoscere, dietro a cui si intuisce l’atteggiamento riflessivo con cui si approccia sempre ad ogni questione.
Partiamo dall’inizio? “Certo, se ritiene partiamo proprio dall’inizio. Sono nato a Verona nel 1951 ed ho quindi vissuto infanzia ed adolescenza nei difficili anni del secondo dopoguerra, caratterizzati da ristrettezze sul piano delle risorse materiali, ma anche dal boom economico che ha prodotto trasformazioni epocali nella società come nella vita di tutti i giorni. Scuole elementari a San Massimo, scuole medie alle Betteloni, ultimo anno della vecchia scuola media, quella con il latino per tutto il triennio. Visto che proprio con il latino me la cavavo abbastanza bene ho poi frequentato le scuole superiori al liceo classico Scipione Maffei. Negli anni 70 l’università a Padova, laurea in filosofia con l’obiettivo da sempre di diventare insegnante alle scuole medie, poi il servizio militare ed infine anni di precariato in varie scuole medie della provincia, prima come supplente a Colognola ai Colli e a Cavaion, poi come incaricato annuale, due anni a Vestenanova, 120 km al giorno, infine assegnazione provvisoria a Lugagnano”.
Lugagnano finalmente, da cui non si è più spostato. Chissà se allora avrebbe pensato di mettere qui le radici. “Vero. Ho cominciato ad insegnare qui nel novembre del 1981, quindi l’anno successivo all’inaugurazione dell’attuale edificio scolastico. Ricordo come fosse ieri i ragazzi che in quell’anno scolastico 1981-82 frequentavano le classi 1^E e 1^A: alcuni di essi sono poi diventati miei colleghi di lavoro, altri hanno ora i figli alla scuola media o alle superiori. Due anni più tardi, dopo i corsi abilitanti, sono riuscito finalmente ad entrare in ruolo. Per tredici anni, sempre a Lugagnano, ho fatto l’insegnante di sostegno, conseguendo anche la relativa abilitazione, quindi nel 1994 ho avuto la cattedra di lettere su tempo prolungato ed ho potuto così portare avanti alcuni progetti educativi che avevo in mente da tempo e che, interessando non solo la mia classe ma anche l’intero istituto, mi hanno permesso di conoscere e lavorare con moltissimi ragazzi e ragazze che in tutto questo tempo hanno frequentato le medie di Lugagnano”.
E possibile provare a raccontare cosa è stata la scuola di Lugagnano in questi anni? “Sarebbe troppo lungo ripercorrere, anche solo a grandi linee, tutte le esperienze vissute in questi trent’anni: ho lavorato con molti colleghi che oggi in gran parte sono in pensione, ho collaborato con molti presidi che si sono succeduti per un tempo più o meno lungo alla direzione dell’istituto, ho visto la scuola di Lugagnano trasformarsi da sezione staccata di Sona a istituto autonomo, dal 1986 al 1994, se ricordo bene, con l’intitolazione ad Anna Frank decisa dai genitori in occasione del sondaggio proposto dall’allora classe 3^E e dai colleghi Poli e Passante. Poi la scuola è tornata ad essere sezione staccata di Sona ed infine, dall’anno 2000, è diventata istituto comprensivo, recentemente anche ad indirizzo musicale. Ho visto soprattutto la scuola di Lugagnano – e qui allarga le braccia quasi a voler comprendere l’intero edificio – crescere sul piano delle proposte didattico-educative e dei servizi offerti ai ragazzi e alle famiglie. Tra le altre cose vorrei ricordare i laboratori di cucina e di scienze, voluti dal preside Ugo Mazzoli verso la fine degli anni 80, i laboratori di informatica, che sono sempre in continua trasformazione nel tentativo di adeguarsi alle innovazioni tecnologiche e gli innumerevoli progetti proposti ai ragazzi con il tempo prolungato per sviluppare le loro abilità o recuperare le eventuali carenze”.
Parliamo proprio di loro allora, come le sembra che siano cambiati in tutti questi anni i ragazzi di Lugagnano? Riesce a dividere gli anni di insegnamento in fasi differenti? “E’ difficile dire se i ragazzi in tutti questi anni sono cambiati – ci dice dopo un momento di riflessione -. Ad un’analisi superficiale sembrerebbe che i ragazzi di oggi facciano più fatica a concentrarsi nello studio con risultati forse inferiori rispetto a qualche anno fa. La causa potrebbe essere una diminuzione del tempo che essi hanno a disposizione per lo studio, dovuta alle molte attività extrascolastiche che vengono loro proposte. Potrebbe tuttavia incidere anche una diminuita considerazione verso la cultura in generale da parte di molti settori della società, come anche un’eccessiva esposizione ai messaggi dei media che crea nei ragazzi un atteggiamento di passività o di semplice fruizione dei contenuti proposti. Come dire, da una parte troppi stimoli, dall’altra maggiori difficoltà nel rielaborare le informazioni. In ultima analisi comunque, al di là delle differenze, i preadolescenti di oggi non sono poi molto diversi da quelli di 10 o 20 anni fa, i loro problemi di fondo sono sempre gli stessi: crescita più o meno tumultuosa nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza, interessi che si spostano dall’ambiente familiare al gruppo degli amici, progressiva conoscenza di sé e della realtà”.
E come si inserisce un insegnante in questa fase cruciale della vita dei propri allievi? “In questo periodo di grandi trasformazioni l’insegnante, a parer mio, deve aiutare i ragazzi non solo ad acquisire conoscenze ed abilità, che pure sono molto importanti ai fini del proseguimento degli studi, ma anche a maturare una personalità autonoma in grado di affrontare la complessa realtà odierna. In concreto per me insegnare significa mettersi in atteggiamento di ascolto rispetto al mondo dei ragazzi, offrendo loro la possibilità di dialogare tra coetanei, pur con la mediazione dell’insegnante. Sicuramente col passar del tempo aumentando il divario tra l’età dell’insegnante e quella degli alunni sembrerebbero aumentare anche le difficoltà di stabilire una comunicazione efficace con loro, ma in tutta sincerità, per quanto mi riguarda, ora che sono vicino alla pensione – prosegue Cambioli con un sorriso – non riesco ancora ad immaginare la mia vita senza la scuola, senza cioè questo lavoro che ho deciso di fare fin dall’ultimo anno di liceo. Anche in questo mi considero fortunato perché non tutti al giorno d’oggi hanno la possibilità di fare nella vita un lavoro che sia frutto di una scelta precisa e non di una situazione contingente”.
Una professione che diventa ben più di una semplice attività lavorativa. Proviamo allora a scendere nel concreto del suo ruolo: ad inizio di ogni anno quali sono gli obbiettivi che si pone? E riesce poi di solito a raggiungerli? “Facciamo un passo indietro prima – ci stoppa con un gesto della mano. – Quando si comincia a parlare di pensione, è quasi inevitabile fare un bilancio della propria vita lavorativa e a questo proposito non posso fare a meno di accennare alla situazione odierna della scuola italiana. Credo di poter dire che in oltre 30 anni di lavoro come insegnante, spesi quasi interamente nella scuola di Lugagnano, ho cercato di dare il mio contributo per una scuola pubblica che cercasse di venire incontro ai bisogni di tutti gli alunni, di quelli bravi come di quelli in difficoltà. Tutti gli anni tra gli obiettivi del mio lavoro mi ponevo quello di individualizzare l’insegnamento in modo che ogni alunno avesse la possibilità di dare il massimo in relazione alla sua situazione di partenza. In effetti con la struttura del tempo prolungato, utilizzando alcune compresenze, per anni è stato possibile lavorare per gruppi, diversificando le proposte educative ed organizzando, ad esempio, attività di recupero per gli alunni con carenze ed attività di sviluppo per gli alunni con buone abilità di base. E’ abbastanza triste constatare come in questi ultimi tempi siano state oggettivamente sottratte alla scuola molte risorse al punto da vanificare tanti passi avanti che erano stati fatti nel tempo, così che ora con la pesante riduzione del numero degli insegnanti la sola prospettiva che rimane è quella del lavoro frontale con l’intera classe per cui le differenze negli esiti scolastici degli alunni tendono a riproporsi di anno in anno. Certo qui il discorso sarebbe molto lungo, ma vorrei solo ricordare un’esperienza che per me è stata ed è ancora particolarmente significativa: quella del giornalino scolastico”.
Anticipa una nostra domanda, perché proprio di questa bellissima esperienza, conosciuta da tutta la comunità di Lugagnano, volevamo chiederle. “Questo progetto d’istituto, partito nell’anno scolastico 1995-96 e da allora riproposto ogni anno fino ad oggi con oltre 40 numeri usciti, si proponeva come obiettivo principale quello di sviluppare la comunicazione a tutti i livelli nella scuola, tra insegnanti, genitori e alunni di varie classi ed età, e di dare la possibilità ai ragazzi di far sentire la loro voce, da qui il nome del giornalino “La voce dei ragazzi”. Non voglio dilungarmi troppo sulle finalità; chi volesse prendere visione del progetto e leggere parte degli articoli pubblicati può visitare il sito web dell’istituto. Posso aggiungere una cosa?” Prego. “Ci terrei però sottolineare come questa esperienza che ha ottenuto importanti riconoscimenti anche a livello regionale, ricordo ad esempio il primo premio da noi ottenuto nel concorso per il miglior giornalino del Triveneto, con la scomparsa delle compresenze e l’insegnamento frontale che saranno purtroppo una realtà già dal prossimo anno scolastico, sarà probabilmente destinata a scomparire, come tante altre attività di tipo laboratoriale”.
Proviamo ora ad uscire dalla stretta materia scolastica per porci sul piano educativo più ampio: quali vede le maggiori difficoltà che oggi devono affrontare i nostri ragazzi? “Guardi, le confesso che come educatore vedo con una certa preoccupazione il futuro dei ragazzi di oggi: pur con risorse materiali maggiori rispetto al passato e nonostante tanti mezzi a disposizione anche tecnologicamente avanzati, mi sembra che essi abbiano di fronte una società difficile, caratterizzata dalla competitività e dall’individualismo, dalle dure leggi del mercato, dalle disuguaglianze sociali sia a livello locale che mondiale, una società quindi in cui appare problematico elaborare ideali basati sulla solidarietà in grado di dare un senso profondo alla propria vita. Per questi motivi credo che sia indispensabile garantire alla scuola il massimo delle risorse possibile in modo che i ragazzi possano vivere un’esperienza scolastica motivante che dia loro strumenti per analizzare la realtà e progettare il loro futuro. Se al contrario vengono sottratte risorse alla scuola, si aumenta il rischio che i ragazzi prendano strade sbagliate. Anche se certi fenomeni come le dipendenze ed il bullismo al momento mi sembra tocchino solo marginalmente la realtà giovanile di Lugagnano, credo che sia assolutamente necessario che le famiglie e la scuola siano particolarmente attente ai segnali che arrivano dal mondo dei ragazzi in modo da prevenire le situazioni di disagio” Le famiglie? “Si, è necessario che anche e soprattutto le famiglie tengano sempre ben alte le antenne”.
Per chiudere, le va di provare a tracciare qualche bilancio? Quali le più grandi soddisfazioni di tutti questi anni a Lugagnano? Ed esiste qualche rimpianto? “Tornando alla mia esperienza di insegnante, penso di poter dire che ho vissuto tutti questi anni in modo molto intenso, partecipando sempre attivamente a tutte le proposte educative della scuola. Alcune esperienze in particolare sono state per me motivo di grande soddisfazione: i viaggi di istruzione organizzati anche per più di un giorno, sia al tempo del sostegno che con le classi, la corrispondenza interscolastica e l’incontro con i corrispondenti, Barletta, Varese, Muggiò, Borgio Verezzi, il rafting sull’Adige ed i corsi di sci, gli spettacoli teatrali e musicali, il Consiglio Comunale dei Ragazzi, dal 1996 ad oggi, la realizzazione dei laboratori di informatica con tutti i PC collegati in rete locale e ad internet, la creazione con i ragazzi di vari ipertesti multimediali, la costruzione del sito web d’istituto, ovviamente il giornalino scolastico…, ma soprattutto il rapporto con i ragazzi che mi ha dato la possibilità di sviluppare di anno in anno rapporti umani sempre diversi e di rinnovare continuamente l’esperienza educativa. Quindi non ho rimpianti per il passato, solo qualche timore per il futuro, che la scuola abbia meno risorse per svolgere la sua insostituibile funzione educativa”.
Così, con queste parole, ci salutiamo, quasi frettolosamente – “scusi ma mi aspettano” – dopo una forte stretta di mano. E andandocene lo vediamo risalire velocemente quelle scale, da cui prima era sceso, per tornare alle sue classi e ai suoi ragazzi. E’ possibile che la passione, la passione vera, diventi lavoro e motivo di vita? Si, è possibile, e oggi ne abbiamo avuto un esempio, tra i migliori che ci è capitato di incontrare. Auguri professore, e sappia che sarà difficile che qualcuno dei suoi ragazzi – di oggi e di ieri – la dimentichi.