Con i Gatti, si dice, solo un proverbio è vero:
Meglio non essere i primi a parlare.
Ma io ritengo, per essere sincero,
che un Gatto lo si debba interpellare.
Sempre tenendo a mente che diffida
di un’eccessiva familiarità.
Perciò mi inchino, mi tolgo il cappello,
e mi rivolgo a lui dicendo GATTO!
(T. S. Eliot, Il libro dei gatti tuttofare)
Il mio compagno dice che se nel corso di una cena si presenta un gatto, la conversazione cambia rotta perché ogni attenzione sarà rivolta a lui. È vero. Anche chi non ama particolarmente questi animali ne rimane rapito. L’eleganza silenziosa del discreto intruso cattura lo sguardo di tutti i commensali, proprio come avviene d’inverno, davanti al fuoco acceso in un camino.
Sono esseri misteriosi, che non si svelano mai fino in fondo, anche quando ci stanno accanto da anni. Animali nobili, altezzosi e un po’ diffidenti, affascinano l’essere umano sin dall’antichità, tanto da essere eletti a divinità dalle civiltà del passato.
Originari del deserto, non vivono in branco come invece fanno altri felini, amano la solitudine e la tranquillità, nella quale instaurano una serie di abitudini comportamentali, brevi ritualità che scandiscono le loro giornate, e la notte. Perché sono animali crepuscolari, piccoli predatori dalle movenze felpate, attenti a lasciare il loro odore per delimitare il proprio regno e a nasconderlo invece laddove la loro presenza vada celata.
Ho sempre trovato affascinante osservare questi animali, cercare di comprenderne gli atteggiamenti, il modo di interagire tra loro e con gli uomini. Sono esseri estremamente intuitivi che hanno saputo adattarsi alla convivenza e alla vita nei nostri appartamenti, ma senza mai abbandonare del tutto la loro natura e scegliendo quali compromessi accettare. Già, perché ogni gatto ha imparato a comunicare con noi, a comprendere i nostri messaggi, ma non sempre acconsente a far ciò che gli si chiede. E quando lo fa, credetemi, è per farci un favore, non certo per obbedire a un ordine!
Sono esseri estremamente liberi e personalmente credo che tali debbano restare. Amo condividere con loro i miei spazi, averli intorno. Sanno essere molto presenti nei momenti difficili, come gli altri animali colgono il nostro umore e reagiscono agli stati d’animo, ma lo fanno principalmente per ristabilire la pace che tanto amano. Infatti, se un gatto fa le fusa, non è sempre per piacere ma può essere per tranquillizzarci e al contempo calmare se stesso, tant’è che emettono quel suono confortante anche quando sono ammalati. C’è una sorta di equilibrio, tra energie positive e negative, che amano e che cercano di ristabilire ogni volta che viene alterato.
Nel rapporto che instaurano con noi ci trattano da pari, per questo spesso non obbediscono. Assecondano chi tra noi è ‘dominante’, ruolo che si stabilisce naturalmente nel corso dei primi incontri, o impongono le loro regole se ritengono di essere i padroni di casa.
Da molti anni condivido la mia vita con questi meravigliosi esseri e non finisco mai di stupirmi davanti alle loro reazioni, tuttavia una cosa mi è chiara: non si ha un gatto ma si sta con un gatto.
Nel tempo ho imparato ad assecondare i loro riti, prendermi lo spazio per condividere quei brevi momenti della giornata che possono sembrare insignificanti ai nostri occhi, ma che sono in realtà molto importanti per loro. Dallo spazzolarli la mattina al giocare dopo cena, o nel dedicare qualche minuto alle carezze, sulla scrivania, mentre lavoro. Piccole cose, in fondo, che danno serenità a loro come a me, perché mi obbligano ad essere consapevole del tempo, a prendermi una pausa e ad apprezzare l’intimità del rapporto che negli anni abbiamo saputo costruire.
È così bella, la libera complicità data dalla comprensione reciproca, instaurata con un compagno di vita che ti fa sentire speciale ogni volta che sceglie di dedicarti la sua attenzione e stare in tua compagnia. Perciò mi inchino, mi tolgo il cappello, e mi rivolgo a lui dicendo GATTO!