Ok, lo abbiamo scritto tante volte: i meccanismi della musica stanno cambiando, e radicalmente. Tratti salienti: fino a una decina di anni fa, grazie anche al proliferare delle emittenti radiofoniche private, le canzoni venivano lanciate dai disc-jockey e, quando i loro interpreti arrivavano ai primi posti in classifica, venivano invitati ad andare in televisione quale evidente dimostrazione di raggiunta popolarità.
Oggi la situazione è completamente ribaltata. Soprattutto grazie all’effetto talent show: l’artista sconosciuto tenta di farsi conoscere partendo dalla televisione e solo dopo, in caso di riscontro, lancia un singolo, suonato dalle radio, e pianifica un tour.
Conseguenza del web e della musica liquida: i dischi non li compra quasi più nessuno, ci sono più modi (leciti o meno) di avere la musica sul proprio device.
Pertanto l’acquisto dei brani avviene on line, mondo al quale i “gggiovanni” sono avvezzi, mentre dagli anta in su è tornata la passione del vinile, e dei meccanici giradischi che negli ultimi anni sono tornati ad essere prodotti dopo una totale scomparsa dal mercato.
La principale differenza culturale dai ragazzi degli anni 60/70/80 rispetto a quelli di oggi consiste nel fatto che noi, quelli dai capelli grigi, facevamo del collezionismo un credo inossidabile: i nostri dischi riempivano gli scaffali, le loro copertine, esterne ed interne, venivano squarciate dalla nostra continua consultazione.
I giovani di oggi, quelli della generazione Z, hanno una cultura consumistica, di soddisfacimento dei bisogni, prevalentemente rivolta al breve termine. Di conseguenza le classifiche delle esigue vendite cambiano continuamente, le persone comprano online un primo singolo di successo, ma non faranno la stessa cosa all’uscita del secondo.
Racconto di un episodio accaduto, riportato da Tiziano Ferro. L’artista di Latina incontra Jovanotti in occasione dell’incisione di un duetto. Chiacchierano a lungo nelle serate post sala d’incisione e Tiziano confessa a Lorenzo la sua paura di non piacere più al pubblico per i risultati di vendita inferiori alle aspettative dell’ultimo album “Il Mestiere della vita”.
Jovanotti, noto per essere personaggio dotato di grande lucidità e capacità di analisi, gli dice: “Amico mio, non rattristarti. Non è come credi. Sei semplicemente diventato un cantante di repertorio!”. Ed è un’osservazione assolutamente centrata. Perché il cantante “da repertorio” riempie stadi e palasport, teatro e grandi spazi. Fa i soldi senza vendere. Ormai diversi artisti hanno già dichiarato che lanceranno canzoni senza più pubblicare dischi. E’ triste, ma reale. Non ne vale la pena.
Da qualche settimana Nek e Francesco Renga hanno pubblicato un singolo inedito insieme. Un duetto straordinario, due voci splendide. Ma il pezzo sta passando piuttosto inosservato. Eppure stanno organizzando un tour, che sarà senz’altro di successo. Perché sarà il loro repertorio ad attirare il pubblico, soprattutto nei confronti di un Nek diventato anche conduttore televisivo.
Il vero interrogativo inquietante è: ma tra dieci anni, gli artisti di repertorio ci saranno ancora? Difficilissimo riuscire a dare una risposta a questo interrogativo. Abbiamo bisogno di più canzoni nuove scritte per esigenze compositiva e non solo svilente compendio di una più ampia cornice mediatica di un personaggio.
La tradizione della musica italiana merita davvero qualcosa di più.