La torretta con scala a chiocciola di Villa Trevisani, da tutti denominata “guglia”, è il simbolo stesso del paese di Sona.
Nonostante ciò, è in condizioni pericolanti – e pertanto il salirvi è vietato al pubblico – da decenni, e finora nessuna delle Amministrazioni comunali che si sono succedute vi ha posto mano per restaurarla definitivamente.
Qualcuno si sarà chiesto quando fu eretta, e chi fu l’ideatore di una così singolare costruzione.

Non è un mistero, lo sappiamo grazie a una lapide che vi è posta a metà scala, che reca una scritta in latino che si traduce così: “Girolamo Meschini aggiunse all’amenità del luogo, che lo zio paterno Antonio aveva abitato, una colonna di nome Gabriella, in memoria della sua casa, nel 1834”.
Conosciamo, dunque, la data (1834) e il personaggio che la volle costruire, Girolamo Meschini. Un nome, questo, che oggi non ci dice nulla, ma a quel tempo apparteneva a una persona di cultura, molto nota nell’ambiente intellettuale veronese.
Era nato a Verona il 22 settembre 1783 da Giambattista e da Marianna Trevisani, ambedue ricchi possidenti. Del padre non abbiamo notizie, pare che sia morto presto.
Ingegno precoce, cominciò la scuola in casa, a quattro anni; a sette anni fu messo a studiare dai Padri Somaschi di San Zeno in Monte fino all’età di undici anni. Studiò filosofia privatamente fino a quindici anni, quindi proseguì studiando geometria, meccanica e fisica. Si applicò anche alla musica e alle lettere tanto da tradurre in italiano alcuni libri dell’Eneide di Virgilio. In seguito studiò teologia, materia della quale si interessò per molti anni.
Avendo una salute debole, non si sposò. Rimasto orfano del padre, curò personalmente l’amministrazione delle sostanze familiari, che dovevano essere molte: oltre a delle case a Verona (lui abitava nel quartiere di San Nicolò all’Arena), aveva proprietà situate in più località della provincia, anche a Sona.

Di animo buono e pio, aiutava la gente misera, con elemosine, alimenti, doti a ragazze indigenti che si sposavano, e altre elargizioni; era agevolato nell’esercizio della carità ai poveri dalla consapevolezza di essere ricco, figlio unico e scapolo. Divenne anche un esponente di spicco dell’Accademia di Agricoltura Commercio e Arti di Verona.
Il suo interesse per l’agronomia gli derivò da un prozio ancora più illustre di lui, Antonio Maria Meschini, che pubblicò studi sulla coltivazione del gelso, probabilmente è suo il nome citato nella lapide della guglia di Sona. Consigliere comunale a Verona, partecipò all’attività politica.
Un’altra sua grande passione fu l’astronomia. Un giorno si rivolse a un fabbro di Quaderni (frazione di Villafranca dove Meschini aveva dei possedimenti), un certo Giovanni Franchini, e gli commissionò la costruzione di un telescopio che fosse la copia di quello seicentesco ideato dall’astronomo scozzese James Gregory.
All’artigiano la realizzazione di quello strumento, sotto la guida di Meschini, riuscì così bene, che la suddetta Accademia lo insignì di una medaglia d’oro. I due collaboratori, uno la mente e l’altro il braccio, avrebbero voluto costruire un telescopio ancora più potente, ma la prematura e improvvisa morte di Meschini, avvenuta l’11 maggio 1836 a Quaderni, pose fine al progetto.
Il giorno prima aveva avvertito un dolore al petto, al quale non aveva dato importanza, anzi trascorse la notte a osservare al telescopio con gli amici la luna e Giove; la sera dell’undici si mise a letto più presto del solito e, colpito da attacco cardiaco (“apoplessia fulminante”, scrisse sul registro dei morti il parroco del paese), spirò fra le braccia della madre. Dopo il funerale a Quaderni, la salma fu traslata nel cimitero monumentale di Verona, nella tomba di famiglia.
Girolamo Meschini morì senza testamento e i suoi beni passarono alla madre Marianna Trevisani. Questa era nata il 25 luglio 1765 da Antonio e da Angela Gugerotti Fracastoro. Rimasta vedova in giovane età col solo figlio Girolamo, non si risposò. Marianna morì il 25 giugno 1838, i suoi beni andarono ai fratelli e a un nipote.
Dispose, fra l’altro, di lasciare alla parrocchia di Sona i frutti del podere di Lavagna nel Comune di Valeggio, e grazie ad essi la parrocchia di Sona doveva costituire una cappellania, il beneficiario della quale si impegnava a celebrare una messa al giorno a suffragio dell’anima della testatrice, di suo figlio Girolamo, e degli antenati Meschini.
Pietro Maggi, grande amico e compagno di studi di Meschini, era anch’egli un intellettuale di grande levatura, molto noto nel mondo della cultura veronese. Da Palazzolo, paese dove risiedeva, gli dedicò dopo la morte i versi di una poesia densa di commozione, che in parte riportiamo:
… Ah! teco un dì nel fortunato albergo
io sarò ancora, del primiero affetto
più stretto il nodo e fia più vivo il foco.
Ivi t’abbraccerò, né poi che il primo
bacio d’amor t’avrò stampato in viso,
morte o fortuna, avrà su noi ragione…
A noi piace immaginare Girolamo Meschini che saliva sulla guglia non solo di giorno per ammirare il paesaggio, ma anche nelle notti limpide per scrutare le stelle lontane, con occhio da intenditore.
Noi oggi non pretendiamo di salirvi di notte, ci basterebbe ammirarla di giorno negli orari consentiti, anche un po’ in lontananza, ma finalmente restaurata.