Nella votazione del 16 maggio 1992 ad Arnaldo Forlani – scomparso lo scorso 6 luglio – mancarono 29 voti per essere eletto Presidente della Repubblica. Era risaputo da tutti che i franchi tiratori in servizio permanente ed effettivo erano gli andreottiani.
Pier Ferdinando Casini nelle sue memorie ricorda che assistette allo spoglio delle schede insieme a Giuliano Amato ed Antonio Gava. I voti non erano sufficienti e a un certo punto, nell’imbarazzo generale, qualcuno si alzò dicendo: “Arnaldo, ti rivoteremo domani e ce la farai!”. E lui con l’accento marchigiano rispose: “Domani? Ma domani è un altro giorno. Io ho già dato!”.
A quel punto – racconta sempre Casini – “si rivolse a me chiedendomi di accompagnarlo a casa: Abitava all’Eur e, durante il tragitto in auto, cominciò a divagare sull’Inter di cui era accanito tifoso. Arrivammo nel suo giardino e timidamente domandai: ‘Presidente, allora domani ritentiamo?’. E lui: ‘Pier Ferdinando, ricordati: nella vita c’è un inizio e una fine. E stavolta è finita. Stai tranquillo, nella vita si vince e si perde, è la regola del gioco. Solo con gli anni capirai che il potere e un’illusione ottica!’. Mi salutò sorridendo mentre giocava col suo cane lupo. Per lui andava bene così”.
Una lezione semplice ma fondamentale su quanto sia effimero ciò che viene considerato potere, su come serva equilibrio in ogni cosa e su come rendersi conto di essere tutti, in qualsiasi ruolo o circostanza pubblica, comunque di servizio e di passaggio costituisca sempre un salutare bagno di concretezza ed umiltà.
Una lezione di cui dovrebbe far tesoro anche la nostra politica locale, che ancora fatica a ritrovare, sia dai banchi della maggioranza che da quelli della minoranza, la consapevolezza di ciò che veramente conta per Sona, fuggendo il necessario dialogo e confronto e perdendosi, invece, in schermaglie e polemiche sterili.
Evidentemente la pessima prova fornita nel corso delle elezioni amministrative dello scorso maggio non è stata scuola sufficiente.