Anche quest’anno siamo arrivati al tormentone della pasquetta, festività d’inizio primavera che ricade all’interno del periodo che dà il via alla stagione degli esodi feriali di massa. Su questa giornata poggiano le speranze di una comunità intera che brama relax, divertimento e spensieratezza, componenti di cui soffriva l’astinenza dal lontano periodo natalizio.
Ndo nemo a pasqueta? Negli anni passati dopo tal domanda si era immediatamente sommersi di proposte che abbracciavano in toto la regola del più lontano vai, più ti divertirai! Ecco allora che le opzioni spaziavano in lungo ed in largo, in barba a periodi di vacche magre: Jesolo, Livigno, Molina, Brescello, Caorle, Redipuglia, Sabbionetta, Brentonico, giro delle caserme con attraversata di Val d’Aosta – Trentino – Veneto – Friuli Venezia Giulia, rafting in Val di Sole.
I più raffinati optavano per musei e città d’arte, gli esperti in meteorologia, presagendo acqua a sece roèrse inquanto se no pioe su l’olivela pioe sulla bràsadela, si difendevano dalle intemperie dando continuità all’abbuffata pasquale con prenotazioni in sperduti agriturismi sull’appennino tosco emiliano nei quali strafogarsi con menù a base di selvaggina irrorata di chianti classico, o con piatti di gnocco e tigelle, salumi locali e lambrusco frizzante.
Purtroppo tutto questo vagabondare per le strade d’Italia, mal si abbinava con la nostra richiesta di tranquillità. Il solo, e purtroppo inevitabile traguardo raggiunto, era quello di congestionare di traffico vie, autostrade e sentieri, in un tripudio di polveri sottili da far ricordare le dense nebbie autunnali. Come spesso accade quando sono clamorosamente disattese le nostre speranze, anche una pasquetta trascorsa in modo spiacevole e non sperato, magari in coda in autostrada, può avere ripercussioni devastanti al momento del ritorno alla vita quotidiana.
La prima a risentirne ovviamente è la salute: crisi isteriche, schizofrenia, aritmia cardiaca, depressione, bulimia ed anoressia, psoriasi si impossessano dei nostri corpi deboli e vulnerabili. I danni a livello famigliare non sono meno gravi: crisi di coppia, separazioni, divorzi, violenza sui minori, figli che disconoscono padri e madri, padri e madri che si contendono figli in tribunale. A livello politico è il momento propizio per crisi di governo, ribaltoni e rimpasti!
Da qualche anno a questa parte, però, lo sforamento clamoroso del PM10 dell’atmosfera ha mutato drasticamente le abitudini radicate della nostra società viaggiatrice. Non è per niente inusuale ora, che all’ennesima domanda “ndo nemo a pasqueta?” l’interlocutore risponda con delle agghiaccianti controdomande tipo: ma…. Gheto la machina a gas?…. e la marmita catalitica? Oppure… Quanti ponti tè restà sula patente? Ed ancora… Gheto la targa pari o dispari?
Stiamo infatti assistendo ad un ridimensionamento drastico dei lunedì dell’angelo in trasferta. E non è stato di certo un danno, anzi! Miracolosamente la gente ha riscoperto la bellezza delle campagne e delle fattorie rimaste sul nostro territorio, godendo di camminate salutari e rilassanti, accontentandosi di pietanze povere a base di ovi duri e spàrasi.
Accostandole ad un altro avvenimento recente, potremmo definire le ultime pasquette delle magnalonghe di primavera. E’ piacevole rivedere biciclettate di ragazzi sdraiati sui prati per un picnic, e giovani mamme che, sulle orme di madri e nonne, si dilettano nel raccogliere radecéle nei campi ancora parzialmente rasati dal rigido inverno. Da comprendere con un po’ di compassione quegli acerbi padri che, mentre osservano le prime pedate ad un pallone dei figlioletti, disquisiscono animatamente sul calcio e sulla gnocca.
Impagabile poi la tenerezza con cui i nostri vecchi, appena rientrati da messa prima, ansimanti ma fieri ed orgogliosi, partono alla guida di passeggini e carrozzine con a bordo nipoti e nipotine. E lì in quelle stradine sterrate, incrociando colleghi della terza età impegnati nell’identico e delicato ruolo, fermarsi ed intavolare lunghi discorsi sul tempo e sugli anni, su vegne che gà ancora da butàr e butei che no gà più oia de laoràr.
La ritrovata armonia della gente con il territorio contadino fa ben sperare anche se, dense nubi grigie incombono sul futuro agricolo del comprensorio comunale. Salvaguardare quel che di bello è ancora rimasto vuol dire rendere orgogliosa una popolazione del posto in cui vive, contrariamente, chi ha l’arduo compito di governare e decidere dovrà scontrarsi con un malcontento sempre più accentuato.
Buona primavera a tutti!