Ad accoglierci è don Bruno, che ci invita ad accomodarci in una delle stanze della bella canonica di Sona dove troviamo ad attenderci i suoi quattro confratelli. I cinque Parroci del Comune di Sona, per indicazione pastorale del Vescovo di Verona Monsignor Zenti, si trovano mensilmente per un incontro dedicato ad affrontare in maniera condivisa situazioni, problemi, realtà e progetti che riguardano le nostre parrocchie e le nostre comunità. Un sistema intelligente ed efficace per mettere in comune idee e strategie e per confrontarsi su problematiche che spesso risultano essere analoghe.
Ad uno di questi incontri tenutosi lo scorso marzo abbiamo chiesto, e gentilmente ottenuto, di essere presenti anche noi del Baco. Per mettere sul tavolo il fondamentale tema della famiglia e della società che le fa da scenario, da leggere in un’ottica assolutamente locale: quale la situazione che stiamo vivendo a Lugagnano, Palazzolo, San Giorgio e Sona?
A fare gli onori di casa è appunto il Parroco di Sona don Bruno Zuccari, classe 1949, nel capoluogo dal 2008 e con una precedente esperienza come Curato a Lugagnano. Sono poi presenti i due Parroci di Lugagnano, don Antonio Sona, classe 1964, a Lugagnano dal 2007 e don Roberto Tortella, classe 1969, nativo di Lugagnano e nella frazione come Parroco dal 2008. Presenti pure il Parroco di Palazzolo, don Angelo Bellesini, classe 1948 e a Palazzolo dal 2006 e don Giuseppe Marconi, Parroco di San Giorgio, classe 1939, pure lui con un trascorso a Lugagnano e a San Giorgio dal 1996.
L’occasione quindi è assolutamente preziosa, la possibilità di parlare con chi regge le sorti spirituali e, in parte rilevante, anche sociali del nostro territorio ci permette di affrontare il tema da un’angolazione del tutto privilegiata ed autorevole. Iniziamo un giro di riscontri chiedendo ai sacerdoti di darci un quadro generale, per quanto assolutamente sintetico, della situazione sociale nelle frazioni di loro competenza, con appunto un occhio di riguardo alle famiglie. Comincia l’analisi don Giuseppe Marconi. “A San Giorgio il tessuto sociale è ancora relativamente sano. Siamo una realtà tradizionale, con famiglie che di fatto si conoscono quasi tutte e che in gran parte partecipano alla vita comunitaria. Certo, teniamo comunque le antenne ben alte per il primo manifestarsi di realtà di nuovi nuclei familiari meno integrati, ad esempio le nuove famiglie di cittadini cinesi”.
E a Palazzolo?, chiediamo a don Angelo Bellesini. “Se parliamo di famiglie straniere, molto presenti a Palazzolo, soprattutto rumeni ed albanesi, va detto che esiste una difficoltà oggettiva nell’integrarli nelle attività della parrocchia dovuta alla differente religione. Sono soprattutto famiglie di cristiani ortodossi o mussulmani. Vivono poco la parrocchia se non per eventi occasionali come quando vengono concesse le sale per, ad esempio, i compleanni. Questo però sicuramente non pregiudica un nostro sforzo continuo di trovare punti di contatto, soprattutto nelle attività per i bambini. Se parliamo invece di famiglie in senso generale – prosegue don Angelo – non posso non registrare un aumento preoccupante di situazioni di forte disagio, che spesso purtroppo portano alla rottura dell’unità famigliare. E tra le conseguenze immediate ci accorgiamo del crescere di una richiesta di attività che permettano di tenere impegnati in maniera qualificata i bambini nel tempo libero. Comunque grande è lo sforzo dei gruppi parrocchiali, come il NOI e il Gruppo Genitori, nel dare vita ad iniziative inclusive”.
“Se ci spostiamo a Sona – si inserisce don Bruno Zuccari – posso fortunatamente dire, al termine di un percorso che mi ha portato a visitare quasi tutte le case del capoluogo, di non aver trovato situazioni di gravissimo disagio economico. Esistono sì casi preoccupanti ed esistono difficoltà, ma complessivamente mi sembra che il quadro non sia del tutto allarmante. Quello che invece devo segnalare è di aver trovato un paio di situazioni che ricordano dei ghetti, con alcune famiglie straniere che vivono in situazioni abitative ed igieniche non accettabili. Se poi ci spostiamo sul tema della partecipazione alle iniziative che mettiamo in campo, purtroppo il riscontro non è sempre ottimo e soprattutto il rischio è quello di riuscire a coinvolgere sempre solo le stesse persone. Uno sicuramente dei motivi che impediscono a Sona capoluogo una partecipazione maggiore è la quasi totale assenza di strutture parrocchiali idonee ad accogliere attività e iniziative. In più la Parrocchia a Sona non entra in alcuna maniera nelle scuole, di nessun ordine e grado, come previsto dalla legge, e questo rende ancora più difficile il contatto con le famiglie. Per tamponare queste situazioni – aggiunge don Bruno – stiamo costruendo un piccolo impianto aggregativo dietro la canonica, con sale e spazi pur limitati per lo sport. Chissà che non diventino occasione per una maggiore partecipazione. Per quel che riguarda poi il nostro ruolo come sacerdoti va detto che da tempo ormai veniamo avvertiti sempre meno come aiuto spirituale. Troppo spesso al prete ci si limita a chiedere un aiuto materiale, se non quasi da terapeuta, ma la dimensione spirituale rischia di passare sempre più in secondo piano”.
“Parto proprio da questo punto per affrontare la situazione di Lugagnano – ci dice don Antonio Sona -. E’ vero che la gente spesso ci interpella per avere aiuti concreti, materiali, che nel limite delle nostre disponibilità e possibilità certo non rifiutiamo. Ma lavoriamo per poi dare una lettura spirituale delle difficoltà che la persona o la famiglia vive, in maniera che il nostro aiuto diventi realmente incisivo. Quello che però dobbiamo affrontare è il rischio di un relativismo morale per il quale ciascuno tende a disegnarsi attorno una dimensione valoriale che potrei definire ‘fai da te’, costruita su misura. E’ un grosso errore che impedisce di affrontare i grandi temi della vita con la necessaria consapevolezza”.
“Lugagnano – aggiunge don Roberto Tortella – è all’evidenza una comunità complessa e socialmente molto stratificata. Esiste un forte e corposo nucleo storico ma per moltissimi Lugagnano è semplicemente un dormitorio, non il centro delle relazioni sociali. Per avvicinare queste famiglie puntiamo molto su tre aspetti: la catechesi, le visite familiari e le celebrazioni eucaristiche. Nell’incontro con le famiglie avvertiamo molte difficoltà, su differenti fronti: c’è forte il desiderio di dare un senso alla vita, propria e della propria famiglia, ma poi il rischio è di farsi troppo prendere dai problemi quotidiani, dalle ansie di ogni giorno, e di perdere di vista i grandi obiettivi che invece sono da perseguire. Per noi un fondamentale punto di aggregazione è poi il Grest estivo, che veramente permette di coinvolgere un numero enorme di famiglie”.
“Importante è anche la sagra paesana – interviene don Antonio – che pur nella semplicità di essere soprattutto un momento conviviale favorisce un vero incontro sociale anche con persone e famiglie meno inserite”. Un ritorno della realtà che vivono le vostre comunità religiose dovreste averlo anche dalla partecipazione alle messe, chiediamo. “La messa è una grande occasione per mettere assieme famiglie vecchie e nuove – attacca don Bruno Zuccari – e la partecipazione è direi discreta”. “A Lugagnano – aggiunge don Roberto – siamo attorno ad una partecipazione del 35 % dei residenti. Comunque buona se si pensa che la media della nostra diocesi è del 20 %, che a Verona centro siamo attorno al 6 % e che nelle parrocchie del lago si parla del 12 %”.
“Confermo questo dato parzialmente positivo anche per Palazzolo – si inserisce don Angelo Bellesini – ma vanno comunque sempre considerate le dimensioni del fenomeno, chi viene in Chiesa rimane una forte minoranza rispetto alla comunità che vive sul territorio. Il nostro compito è quello di saper andare oltre la messa, per incontrare i nostri parrocchiani dove vivono e lavorano”.
Quali secondo voi gli ingredienti che favoriscono la crescita di una comunità coesa? “A Lugagnano – interviene don Roberto – la parrocchia rimane il centro della comunità. Abbiamo una tradizione di costanza nella partecipazione attiva dovuta probabilmente anche ad una stabilità nelle figure che hanno guidato la comunità stessa. Basti dire che dal 1942 al 2007 Lugagnano ha avuto due soli parroci, Don Enrico Brunelli e don Mario Castagna. Questo è un elemento che non va sottovalutato”.
“Concordo su questo punto – aggiunge don Giuseppe Marconi -, anche San Giorgio ha vissuto l’esperienza di sacerdoti che hanno ricoperto l’incarico per molti anni, e questo ha assicurato una linearità nella conduzione della parrocchia e quindi probabilmente una maggiore coesione”.
“Se parliamo dei fattori che favoriscono la socialità, e non parlo solo di quella che si vive nella parrocchia, – interviene don Bruno – ritengo che imprescindibile sia l’analisi del fattore urbanistico e logistico. Sona da questo punto di vista è un paese ‘complesso’. L’essere posizionata su un colle con i servizi non accentrati rende difficile l’incontrarsi, soprattutto per bambini ed anziani. Se ci si sposta è quasi obbligatorio utilizzare l’automobile, e a quel punto quando si è in macchina andare in centro a Sona oppure da un’altra parte risulta indifferente”.
“Verissimo. La stessa situazione la registro a Palazzolo – aggiunge don Angelo – la chiesa è letteralmente fuori dal mondo. In una bellissima posizione ma fuori dal mondo. Non può sicuramente essere un centro fisico di aggregazione. Anche a Palazzolo si fatica ad incontrarsi per strada, ad andare in bici, a frequentare a piedi luoghi comuni. E questo impedisce tanta della buona socialità che aiuta il cementarsi di una comunità”. “Diversa sicuramente in questo ambito la situazione a Lugagnano – intervengono don Roberto e don Antonio – dove invece il centro paese assume veramente tutte le caratteristiche anche del centro sociale e di incontro. Per bambini, adulti e anche per gli anziani. A Lugagnano c’è ancora la possibilità di fare comunità in maniera anche fisica, di incontro tra le persone”. “Lo stesso vale per San Giorgio – chiude don Giuseppe – dove forse proprio per le dimensioni contenute della frazione l’aspetto della socializzazione diciamo ‘di strada’ ha ancora un impatto assai rilevante nelle dinamiche della comunità”.
Torniamo al tema delle famiglie, questa volta vista nell’ottica dei genitori. Qui la discussione si fa veramente intensa, perché molteplici sono le sfaccettature di una realtà mai semplice da definire per categorie ampie. Quello che però tutti i cinque sacerdoti registrano è “una certa fragilità affettiva di tanti genitori. A volte si avverte un vero e proprio panico nell’educare i figli, forse dovuto ad una carenza o poca convinzione personale nei valori che dovrebbero poi essere trasmessi. Talvolta si nota una scarsa maturità umana di fondo, che porta ad un mordi e fuggi senza fondamenta anche nelle grandi scelte della vita. Tutto rischia di essere autoreferenziale, tutto incentrato sulla soddisfazione immediata di esigenze spesso futili, senza che questo porti ad una vera progettualità d’ampio respiro. Ci confrontiamo con tante famiglie veramente fragili. Anche i problemi economici, che pure in questa congiuntura economica sono sicuramente preoccupanti, per tante famiglie si incancreniscono per la sola difficoltà di una pianificazione delle spese seria e non basata sul rincorrere un’esteriorità priva di valori. Al contempo – ci tengono a sottolineare però i cinque parroci – esistono tantissimi e luminosi esempi di famiglie che invece risultano ricchissime sia nei rapporti interpersonali sia nell’impegno comunitario. Famiglie sulle quali è veramente possibile pensare di costruire il futuro delle nostre comunità”.
Per chiudere possiamo provare ad introdurre il tema del vostro rapporto con una realtà che anche a Sona ormai ha assunto dimensioni più che rilevanti, toccando percentuali molto alte, quella dei separati e dei divorziati?
“L’atteggiamento di fondo che ci guida è l’estrema attenzione e tanto rispetto, per loro e per i loro figli – concordano don Bruno, don Antonio, don Roberto, don Angelo e don Giuseppe – . Vanno poi separate le realtà. Diversa la situazione dei separati e dei divorziati, non risposati, che possono accostarsi ai sacramenti, cosa che invece non è possibile per coloro che convivono, per coloro che non sono sposati in chiesa e per i divorziati risposati. Al di là di questo spingiamo molto, quando ne avvertiamo la disponibilità e senza forzare le dinamiche personali di ognuno, per tentare di creare una vicinanza ed un rapporto. Anche perché poi i casi umani sono molto differenziati tra di loro, e si incontrano delle situazioni di vera sofferenza e di vera difficoltà a vivere questa realtà, che magari si è solo subita. Questo atteggiamento doverosamente dialogante non ci deve mai impedire però – aggiungono i sacerdoti – di evidenziare con chiarezza e forza quella che è la proposta di vita coniugale della Chiesa, che non può essere in alcun caso svilita. Riteniamo che solo con una proposta forte, sempre rispettosa dell’individualità di ciascuno, possiamo trasmettere il senso dei grandi valori che ineriscono il sacramento del matrimonio. Non possiamo al contempo negare le difficoltà che come sacerdoti incontriamo, pur avendo ben chiaro il messaggio del Vangelo: ci sono casi veramente difficili, che richiedono da parte nostra e da parte della comunità grande rispetto e apertura pur magari nella non condivisione delle scelte. Mentre, e pure questo va segnalato, a fronte di persone che vivono grandi tribolazioni personali e morali riscontriamo in tanti una sconcertante superficialità morale nell’affrontare queste situazioni. Che ha ricadute terribili su loro stessi e purtroppo soprattutto sui figli. Troppe volte non si accetta di mettersi in discussione, quasi che l’irresponsabilità morale non sia altro che una delle tante opzioni che la vita ci pone di fronte”.
E con queste parole, sofferte per come sono state pronunciate, chiudiamo l’incontro con i nostri cinque Parroci. Un caffè, una stretta di mano e l’appuntamento ora è a settembre per un nuovo momento di confronto, sempre incentrato sulla vita delle nostre comunità.