Nel sesto libro dell’Iliade è presente un passo struggente. Ettore, il più forte dei Troiani, è pronto a combattere contro l’eroe dell’esercito acheo, Achille, sapendo che da questo duello dipendono le sorti della guerra.
Prima di farlo, decide di incontrare la moglie Andromaca, ma a casa non la trova. Saputo che i Troiani sono in difficoltà, lei è infatti salita col figlio Astianatte sulla torre presso le Porte Scee per seguire dall’alto, in ansia, quanto succede sul campo di battaglia. Ettore la trova qui e tra i due coniugi prende avvio un colloquio commovente, durante il quale Andromaca, profondamente angosciata, chiede ad Ettore di restare con lei, di non lasciarla sola, di pensare ai suoi doveri di marito e di padre.
Lo supplica di non scontrarsi con Achille, ma nel profondo del cuore sa che il marito non si lascerà convincere perché non può pensare solo a se stesso e a quel che il suo cuore vorrebbe, ma è suo dovere combattere in difesa della sua patria e della sua gente, anche se probabilmente morirà per mano del figlio di Peleo.
La scena più emozionante del drammatico incontro non è tuttavia quella tra marito e moglie, ma quella tra padre e figlio. Ettore, presa la sua irrevocabile decisione, col cuore pesante ma gonfio d’amore, cerca di prelevare dalle braccia di Andromaca Astianatte, ma il piccolo si spaventa perché non riconosce subito il padre, che indossa l’armatura e l’elmo.
Ai due genitori sfugge un breve sorriso, quindi l’eroe troiano si sfila l’elmo e riesce a dare un ultimo saluto al figlioletto, pregando per lui e augurandosi che un giorno divenga forte e coraggioso più del padre. Ettore, come tutti i bravi padri, non vuole che il figlio sia semplicemente come lui, ma si augura che possa addirittura essere migliore e avere una vita felice, dove non ci sia guerra per i Troiani, ma pace e prosperità.
Inevitabile fare un parallelismo, oggi, con i tanti padri che combattono in Ucraina, dove il conflitto ha separato famiglie, distrutto affetti e speranze. Tante donne e bambini si sono messi in marcia per lasciare il Paese, mentre i mariti sono rimasti al fronte a combattere una guerra assurda, difendendo le proprie case e le proprie città. Altri si sono nascosti dove hanno potuto o hanno perso la vita tra spari ed esplosioni.
E altre guerre allontanano i figli dai propri padri e dalle proprie madri, non solo in Europa ma anche dove i riflettori non si accendono mai, sebbene le ostilità siano aperte da tempo. Chi soffre in Ucraina non è diverso da chi sbarca a Lampedusa dopo esser partito dalla Libia o si accalca nei campi profughi siriani per sfuggire a fame, siccità, violenze e ingiustizie di ogni tipo. Anche lì tanti padri combattono e affrontano viaggi estenuanti con i proprio bambini terrorizzati, alla ricerca di un luogo dove farli sentire al sicuro.
Nella giornata in cui si festeggiano tutti i papà, il pensiero non può che andare a loro, ai padri e ai figli che sono divisi dalla guerra, che soffrono sotto le bombe o camminano verso il confine con le loro poche cose in una borsa, sperando di trovare un luogo sicuro, dove riunire la famiglia e ricostruire la pace, sacrificandosi per permettere ai propri bambini un futuro migliore del proprio.
Esattamente come fa Ettore quando abbraccia Astianatte presso le Porte Scee e guarda Andromaca, sicuro che l’amore che li lega andrà oltre la paura e continuerà a vivere nel figlio a cui hanno dato la vita.