Una tradizione, o un evento fisso, è ciò che nelle nostre vite determina un punto di riferimento che talvolta diamo per scontato. Quando questo viene a mancare, tuttavia, è impossibile non notare la differenza.
Fino alla scorsa estate era scontato infatti che ad un certo punto della stagione in paese sarebbero arrivate le giostre, i gonfiabili, sarebbero stati allestiti tavoli e stand. Quest’anno, nel nostro Comune, tutto ciò non è successo. Che cosa è significato dunque vivere un’estate senza sagre di paese?
Era appena rientrato il lock-down e la bella stagione era alle porte, quando si è iniziato a chiedersi come gestire le feste patronali dopo la pandemia. Non era una sorpresa il fatto che si trattasse di eventi a forte rischio di assembramenti e che quindi l’organizzazione secondo le rigide regole di socialità fosse pressoché impossibile.
Ecco quindi che tale valutazione ha portato ad un’unica conclusione: nell’estate 2020, quella della pandemia di Covid-19, le sagre di paese non ci sarebbero state. Decisione presa con una punta di amarezza e malinconia; sentimenti che, ora che questa stagione va a concludersi, comprendiamo a pieno. Ciò succede a Sona, come anche nel resto d’Italia, togliendo agli autoctoni e, perché no, anche ai visitatori, un punto fermo dell’estate, un evento tradizionale che non solo porta la possibilità di far conoscere il territorio e la sua gente, ma soprattutto porta momenti di svago e serenità.
Qual è dunque la differenza che si percepisce? Basta pensare a quanti momenti di convivialità e comunità questa pandemia ci ha tolto. Momenti in cui i volontari vedono i frutti delle ore spese per organizzare gli eventi, per arruolare persone in cucina, ai tavoli e agli stand. Momenti in cui si riincontrano compaesani (e non) che non si vedevano da molto tempo, o con cui di solito si scambia un semplice saluto sul pianerottolo del condominio, o in pasticceria mentre si beve frettolosamente il caffè.
Momenti in cui i volontari dell’ambulanza e della protezione civile vegliano, ma al contempo palpano il senso di socialità che solo questi eventi possono enfatizzare.
In questi mesi non si sono visti i tavoli e le panche in legno, gli autoscontri, la pesca di beneficenza, gli stand dei dolci, le coppie che ballano il liscio, ma soprattutto gli spettacoli pirotecnici.
Per la prima volta nel nostro Comune, la fine della stagione estiva non verrà decretata dai fuochi d’artificio dietro il campanile della piazza di Sona.
Come tutto ciò che è avvenuto negli ultimi sei mesi, l’assenza delle sagre rimarrà un ricordo forte per la comunità. Si aggiungerà alla lunga lista delle cose che di cui siamo stati privati in questo periodo, rendendo l’estate forse meno intensa degli altri anni, ma comunque degna di memoria.
E quando torneremo a festeggiare i Santi Patroni e a rivivere questi momenti, sarà inevitabile chiedersi come è stato possibile vivere senza tutto ciò che certe tradizioni significano. E torneremo dunque a sederci su panche e tavoli in legno, torneremo a guardare le coppie che ballano il liscio (o a ballarlo noi stessi), torneremo a cercare i posti migliori per guardare i fuochi d’artificio e a vivere un’estate più ricca di socialità, recuperando quella socialità che in questi mesi ci è stata tolta.