Lo scorso novembre un semplice furto di rame, che aveva rischiato di determinare una vera catastrofe ambientale a Lugagnano, aveva riporta all’attenzione generale il grave problema costituito dall’impianto Sun Oil dietro la Grande Mela.
Nella notte tra il 7 e l’8 novembre, infatti, dei ladri erano entrati dal cancello di via Molinara e avevano asportato circa venti quintali di rame facenti parte dei collegamenti elettrici dell’impianto. La vera paura era nata dalla constatazione del fatto che a causa di quel furto l’impianto, inattivo e in parte sotto sequestro dal 2006 per gestione non autorizzata di rifiuti, era rimasto senza energia elettrica. Questo significava che, se si fossero verificate delle perdite delle cisterne, non sarebbe stato possibile attivare il sistema di emergenza. In tal caso, come si diceva, si sarebbe rischiato il disastro ambientale, con rifiuti che sarebbero potuti penetrare nella falda acquifera che serve il nostro territorio e una fetta della zona a sud della provincia di Verona.
In quelle cisterne sono, infatti, presenti più di trentamila metri cubi di rifiuti, anche pericolosi, come oli esausti, acidi e policlorobifenili. Il custode giudiziario dell’impianto è il Sindaco di Sona Gianluigi Mazzi, come prima di lui erano stati i Sindaci Flavio Bonometti e Gualtiero Mazzi.
Nel 2015, a spese della proprietà (che dal 2014 è una società svizzera), lo Studio Consultech di Ferrara in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli ha effettuato una caratterizzazione dei rifiuti liquidi stoccati nelle cisterne, volta a comprendere la tipologia delle sostanze presenti. Il passo successivo sarebbe quello della bonifica, ma il Comune non può in nessuna maniera sostenere l’enorme costo di un intervento di questo tipo, che si aggira attorno ai dieci milioni di euro. Nel frattempo, dal 2007, il Comune di Sona spende per la manutenzione ordinaria dell’impianto circa 60 mila euro all’anno.
A far crescere la preoccupazione vi è il fatto che l’impianto è ormai datato, e che capita che le cisterne abbiano delle perdite. In questi casi, gli interventi di manutenzione consistono nell’abbassare il livello dei liquidi al di sotto dei punti di perdita, spostandoli in altre cisterne mediante delle pompe. Le stesse pompe sono quelle che si attivano quando l’acqua piovana entra nelle cisterne aperte e diventa obbligato un travaso di liquidi affinché i livelli restino in parziale sicurezza. Ma il furto del novembre scorsa aveva evidenziato il problema che questo sistema a pompe, che dovrebbe essere attivato in caso di emergenza, non funzionerebbe in caso di mancanza di elettricità.
Nel frattempo, era iniziato finalmente a muoversi qualcosa a livello di politica regionale e nazionale. Promesse di intervenire in aiuto del Comune di Sona erano arrivate, infatti, sia da Vania Valbusa, parlamentare leghista e componente della commissione ambiente della Camera dei deputati, che si era anche recata in visita al sito, sia da Orietta Salemi, Vicecapogruppo del Pd in Consiglio regionale, che si era detta pronta a coinvolgere il Consiglio regionale in questo problema.
La novità di questi giorni è che ora a prendere posizione sul tema è nuovamente la Prefettura di Verona.
Il Prefetto Mulas, che a breve lascerà la nostra città per il suo nuovo incarico di capo del dipartimento nazionale dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della Difesa civile, ha infatti preso carta e penna e ha scritto al Ministero dell’Ambiente, inviando la comunicazione per conoscenza anche al Ministero dell’Interno, alla Regione Veneto, alla Provincia di Verona, al Comune di Sona e alla sezione controlli dell’ARPAV.
Nella sua comunicazione il Prefetto di Verona invia gli articoli apparsi sulla stampa locale su quanto accaduto presso la Sun Oil, riepilogando la vicenda di quel sito.
“Questa prefettura – scrive Mulas al Ministero dell’Ambiente – alla luce delle problematicità rappresentate nei predetti articoli di stampa, considerati in astratto i pericoli derivanti da possibili cedimenti di qualche contenitore e della conseguente dispersione in ambiente di rilevanti quantità di sostanze inquinanti, con nota del 4/12/18 ha ritenuto di interpellare il locale Dipartimento Provinciale ARPAV al fine di valutare l’opportunità di esperire verifiche in loco e di ponderare l’effettiva entità dei rischi derivanti da questa situazione”.
Il Prefetto si concentra, quindi, sui riscontri ricevuti da ARPAV a seguito della sua richiesta. In quella relazione, scrive Mulas, ARPAV “ha evidenziato che tutte le strutture edili, le linee di adduzione e i relativi organi di intercettazione e tenuta, le strutture e le parti metalliche presenti nell’area mostrano un avanzato stato di decadimento; in taluni punti, sulle cisterne, sono visibili trafilamenti dei liquidi contenuti che si disperdono sia all’interno delle vasche di contenimento realizzate sia in aree limitrofe alle strutture”.
“Sempre secondo tale documento – prosegue il Prefetto di Verona riferendosi a quanto segnalato da ARPAV – in alcuni pozzetti di carico di serbatoi interrati sono visibili iridescenze, indicative della presenza di sostanze oleose al loro interno; detti pozzetti risultano essere in un precario stato di conservazione che non ne garantisce la tenuta delle infiltrazioni in caso di precipitazioni meteoriche”.
La lettera del Prefetto si conclude rimettendo “la questione alle valutazioni di codesto Ministero per le eventuali iniziative che riterrà di assumere in perito”.